US Open: lo Slam “camaleonte”

Si sa, il camaleonte è colui che sa adeguarsi ai tempi che cambiano, alle mode del momento. Insomma, uno che si mimetizza nella maggioranza.
Definire camaleonte uno slam in effetti è un poco ardito, lo sappiamo, ma i nostri tre lettori sanno che ogni tanto ci piace lavorare con le iperboli.
Accade che 40 anni or sono, precisamente il 27 agosto 1975, l’US Open cambia pelle, o meglio, superficie. All’epoca le prove del Grande Slam erano legate alla “madre erba”, superficie che ha consacrato la nascita e la storia del nostro sport, con il solo Roland Garros che offriva un’alternativa, con la sua terra rossa.

Gli organizzatori dello slam americano, dopo 50 anni dal traferimento del torneo nella cornice di Forest Hills, pensarono essenzialmente per ragioni economiche, dati gli alti costi di mantenimento dei numerosi campi, di chiudere la stagione su erba, optando per la cosidetta “terra americana”, un impasto misto di colore verde, piuttosto lenta ma non come la terra europea o sud-americana, già in uso nella costa est degli USA e in tornei come Houston.


La scelta destò ovviamente polemiche, qualche contrarietà, alcune approvazioni dai giocatori che avevano scarsa familiarità con l’erba, veloce ed insidiosa.
Per la cronaca quella edizione fu vinta da uno spagnolo (ma tu guarda!), il buon Manuel Orantes, che recuperò miracolosamente contro il re della terra battuta, Guillermo Vilas e sconfisse poi piuttosto agevolmente Jimbo Connors, il quale si sarebbe ripreso la rivincita nel 1976 battendo in finale Bjorne Borg nella prima delle quattro sfortunate finali raggiunte dall’orso svedese. Nel 1977, ultimo anno di utilizzo di questa superficie, altra rivincita, questa volta da parte di Vilas, che sconfisse Connors.

Così già nel 1978 si optò per i campi “duri”, comunemente chiamati in cemento, in realtà un composto di asfalto, cemento e pittura acrilica. Non cambiò però il leit-motiv nell’albo d’oro: secondo successo di Connors in finale su Borg. Lo slam a stelle e strisce va quindi ricordato non solo per i numerosi cambi di sede (ben 3) ma anche per le altrettante superficie usate: erba, terra verde, duro.

Alberto Maiale

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