UNA FINALE DA RECORD – Credo che il 14 luglio 2019 entrerà di diritto negli annali del tennis come il giorno in cui si è giocata una delle partite più memorabili nella storia di questo sport. Sotto il profilo dei contenuti, del livello di gioco espresso nonché dei colpi di scena. Da una parte l’attuale numero uno del mondo, campione di regolarità, Novak Djokovic, dall’altra, la leggenda vivente del tennis, il venti volte campione slam, Roger Federer. In palio: i “Championship 2019″ oltre che ovviamente la Gloria!Il risultato? Si è assistito alla più lunga finale di singolare maschile della storia di Wimbledon.
PASSAGGIO DI CONSEGNE – Quasi cinque ore di match, che hanno riportato alla memoria partite epiche come quella tra Borg e McEnroe del 1980 o il Fedal del 2008 o anche Sampras-Federer, la partita che segnò il passaggio di consegna tra l’americano e lo svizzero. Oggi non è avvenuto un vero e proprio passaggio di consegne, anche perché il vincitore ha la tenera età di trentadue anni e di edizioni dei Championship con quella di oggi ne può vantare ben cinque ma, sicuramente Nole ha messo comunque un tassello pesante nella corsa a tre (Nole, Roger e Rafa) verso il record di prove del grande slam vinte in carriera. Classifica speciale che vede ora Roger a quota venti, Rafa quota 18, Nole quota 16.
GESTA EROICHE – Lo svizzero, contrariamente a chi lo dava per finito già dopo il primo tie-break, ha invece disputato una partita eroica. Una delle più belle della sua carriera per perseveranza, caparbietà e tenacia. L’otto volte vincitore di Wimbledon ha lottato fino all’ultimo punto senza darsi mai per vinto. Come quando 2-4, sotto di un break al quinto set, è riuscito a recuperare lo svantaggio e a ribaltare la situazione. Dopo “l’annus horribilis” passato nel 2016, Roger, al suo rientro ci ha regalato performance strepitose ed incredibilmente ricche di soddisfazioni e successi. La sua incredibile forza di volontà, la sua grinta e la sua determinazione saranno un esempio per la nuova generazione di tennisti.
CURA LJUBO – Quello di oggi sembra un giocatore rinnovato. La cura Ljubicic lo ha reso più attento, difensivo, tattico e paziente. Quasi un attaccante da fondo più che un giocatore completo a tutto campo con il pallino del serve&volley. Roger gioca o almeno prova a giocare dentro il campo ma, sono finiti i tempi della SABR di edberghiana memoria. Dimenticatevi le repentine discese a rete nel tentativo di accorciare gli scambi. Roger sta a fondo, attende l’errore dell’avversario, scambia, non si tira indietro anche dopo venti colpi. Eppure sono convinto che un pizzico di aggressività in più avrebbe potuto aiutarlo a portare a casa il nono Wimbledon. Lo abbiamo visto indietreggiare, invece che andare avanti, quasi titubante a rete, salvo poi regalarci incredibili stop volley. Ostinarsi a sbracciare quando invece con il rovescio in back giocato sul rovescio bimane di Nole faceva rispondere il serbo praticamente con le ginocchia per terra costringendolo ad accorciare il gioco aprendo così il campo allo svizzero.
ROGER SENZA FEDERER – Credo che a Roger sia mancato se stesso. Allo svizzero è mancato il “suo” gioco. Se scambiare da fondo lo ha aiutato a rimanere in partita, qualche discesa a rete in più lo avrebbe probabilmente aiutato a chiuderla. Vero è che il campo a detta di tutti è molto lento ma si sarebbe potuto osare di più. Si contano sulla punte delle dita le discese a rete. Non pervenuti i serve&volley, a parte un paio a fine quinto set. Il Nole di oggi non è sembrato infallibile. Roger ha chiuso con una “stecca” una partita che tutti avremmo definito “peRFetta” se solo avesse finalizzato uno dei due match point avuti sul suo servizio. Sarebbe bastato un serve&volley dei suoi o una buona prima. E, invece, li ha giocati male, fino a venire brekkato. Così come non ha saputo gestire il vantaggio di due punti nel tie-break del primo set, quando in vantaggio 5-3 si è praticamente consegnato a Nole.
INFINITA ISPIRAZIONE – Nella prima finale giocata con introduzione del tie-break sul 12 pari al quinto set (al fine di evitare partite come quella tra Mahut ed Isner, iniziata il 22 giugno 2010 e vinta dall’americano, 70-68, dopo undici ore e cinque minuti effettivi di gioco intervallato da interruzioni per oscurità, due giorni dopo, nel pomeriggio del 24 giugno) Roger ha avuto più di un occasione per cercare di ridurre il gap nei testa a testa con il serbo che qui all’All England Croquet and Lawn Tennis Club lo aveva già sconfitto in finale nel 2014 e nel 2015. Ci ha illuso, per più di un momento, dandoci la quasi certezza di potercela fare ma, sappiamo tutti come è andata. Come sottolineato dall’intensità del fragore degli applausi del pubblico del Centre Court, che accompagnava educatamente ogni punto dell’elvetico. Djoko, nonostante i suoi innumerevoli successi sportivi non riesce a scalzare Roger (così come Rafa) dalla vetta dei favoriti del pubblico. La classe del basilese, il suo portamento, il suo tocco di palla, la sua condotta in campo sono un unicum che vale, ormai, più di ogni vittoria. Non abbiamo potuto alzare al cielo la coppa ma ci siamo dovuti accontentare del “piatto”, al di la del risultato, tuttavia, rimane l’infinita ispirazione, positività, forza, passione e volontà che un ragazzino di trentasette anni ha saputo regalarci mettendosi in gioco, nuovamente, superando i limiti suoi e dello sport, ancora una volta, regalandoci gioia e fiducia. GRAZIE ROGER!