“Che diavolo stai facendo?”: quando McEnroe salvò i trofei di Borg dall’asta

Nel 2006 Björn Borg decise di mettere all’asta i suoi trofei di Wimbledon, ma l'intervento accorato di John McEnroe lo convinse a ricomprarli. Ecco la storia dietro una scelta controversa.
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Un gesto clamoroso che scosse il mondo del tennis

Nel 2006, la leggenda del tennis Björn Borg sorprese il mondo annunciando la messa all’asta dei suoi cinque trofei di Wimbledon, conquistati consecutivamente tra il 1976 e il 1980, insieme a due delle sue storiche racchette in legno. Una scelta che lasciò perplessi tifosi e colleghi, alimentando polemiche e reazioni accese. Dietro quella decisione, l’ex numero uno del mondo spiegò di aver bisogno di garantire una maggiore sicurezza finanziaria per la sua famiglia, in un periodo in cui i suoi investimenti post-carriera si erano rivelati fallimentari.

“Non è facile separarsi dai trofei”, dichiarò allora il campione svedese. “Ma ho bisogno di una certa sicurezza finanziaria a lungo termine per le persone a me care. Ora credo che sia giunto il momento di passare i trofei e le racchette a un collezionista o a un’istituzione adeguata”. Le stime di vendita, affidate alla casa d’aste Bonhams, indicavano un valore compreso tra le 200.000 e le 300.000 sterline.

L’intervento di McEnroe: “Mi ha svegliato”

Ma la svolta arrivò da un’altra icona del tennis mondiale: John McEnroe. Il fuoriclasse americano, eterno rivale e amico di Borg, non rimase in silenzio di fronte a quella decisione. Lo chiamò più volte, preoccupato e contrariato. Lo stesso Borg, a distanza di quasi vent’anni, ha raccontato: “McEnroe fu il primo a chiamarmi. Mi ha chiesto se fossi impazzito. Mi ha svegliato. Mi disse: ‘Che diavolo stai facendo?’”

McEnroe, toccato nel profondo dall’idea che quei trofei – simbolo delle loro leggendarie battaglie – potessero finire in mani estranee, agì con fermezza. Secondo quanto riportato anche nell’autobiografia di Sue Barker, McEnroe “era visibilmente irritato” dalla notizia e tentò in tutti i modi di far cambiare idea al collega svedese. Il suo appello non rimase inascoltato.

Il dietrofront e il ritorno dei trofei a casa

Poco dopo l’annuncio dell’asta, Borg fece marcia indietro. Riuscì a ricomprare i trofei, anche se – come ammesso da lui stesso – “mi è costato di più ricomprarli”. Una lezione importante, maturata con il tempo: “È stata una decisione stupida da parte mia. Anche i trofei sono importanti, ma non quanto i ricordi di ciò che hai passato nella vita. Tutto è nella mia testa e nel mio cuore”.

Oggi quei trofei non solo rappresentano un’epoca gloriosa del tennis, ma sono anche simbolo di amicizia e rispetto tra due grandi rivali. McEnroe, con una semplice telefonata, contribuì a preservare un pezzo di storia dello sport.

Una storia di rivalità, memoria e riconciliazione

La vicenda di Borg e dei suoi trofei non è soltanto un episodio di sport e collezionismo, ma una storia umana di fragilità, memoria e riconciliazione. In un’epoca in cui i successi sportivi sono spesso vissuti come trofei da esporre o capitalizzare, Borg ha riscoperto il valore emotivo e simbolico dei suoi riconoscimenti. E lo ha fatto anche grazie all’intervento deciso, ma affettuoso, di chi in campo lo ha combattuto con ferocia e fuori lo ha sostenuto con sincerità.

“I trofei sono al sicuro”, ha concluso Borg. E con essi, anche un pezzo della sua leggenda.

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