[tps_title]Le (quattro) mani sul trofeo[/tps_title]
Sono quelle della francese Marion Bartoli, che già ci aveva provato senza fortuna sei anni prima in quella che era stata la prima finale nella storia del singolare femminile senza teste di serie “nobili”. Nel 2007 infatti, Venus Williams era n°23 e la francese n°18 e ciò in virtù dell’introduzione (dal 2001) del seeding. Sei anni più tardi (2013) la transalpina si trovò nuovamente di fronte la n°23 e, forse anche per via del suo strano modo di interpretare il tennis, ancora una volta i favori del pronostico erano per la sua avversaria. Soprattutto perché Sabine Lisicki aveva eliminato negli ottavi la detentrice del trofeo (Serena Williams) ed era sopravvissuta in semifinale alla maratona contro la polacca Radwanska, battuta 9-7 al terzo. Dal canto suo, Marion aveva trovato la strada in discesa grazie all’eliminazione precoce della Sharapova (battuta dalla Larcher de Brito) e due avversarie non impossibili negli ultimi turni (Stephens e Flipkens). Tuttavia, l’emozione giocò un brutto scherzo alla Lisicki che disputò una finale in totale apnea ed ebbe una sola chance di invertirne la rotta quando, sotto 6-1, 5-1 e dopo aver pianto in campo dopo l’ennesimo errore, annullò tre match-point e si portò sul 4-5; ma lì la Bartoli conservò la giusta freddezza e chiuse a zero il game alla battuta che incoronò la quadrumane regina dei Championships.
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