Un silenzio carico di significato
Dopo la dolorosa sconfitta nella finale del Roland Garros contro Carlos Alcaraz, Jannik Sinner ha vissuto uno dei momenti più intensi della sua carriera. Una partita epica, con tre match point sfiorati e un sogno svanito sulla terra rossa di Parigi. Ma a raccontare cosa è accaduto dopo il match è stato il suo allenatore Darren Cahill, ospite del podcast “Served with Andy Roddick”, dove ha condiviso dettagli toccanti su quel pomeriggio e su cosa significhi, davvero, allenare un campione come Sinner.
A dire il vero abbiamo parlato pochissimo, dopo che ci era andato così vicino, ha rivelato Cahill, descrivendo un clima di silenzio carico di empatia e rispetto. È rimasto in spogliatoio per 15-20 minuti buoni. Ognuno del team si è avvicinato e gli ha dato un abbraccio. Gli abbiamo detto che eravamo davvero orgogliosi di lui e del suo impegno.
La lezione della sconfitta
L’impatto emotivo della sconfitta è stato profondo. Quella stessa sera, qualche ora più tardi, non se ne era ancora fatto una ragione. E non se ne farà mai davvero una ragione. Credo che una partita così ti rimanga dentro per sempre, ha ammesso Cahill, sottolineando come anche i momenti più amari possano diventare motore di crescita.
Ma ciò che distingue Sinner, secondo il coach australiano, è la sua capacità di mettere tutto in prospettiva. Nonostante la delusione, ha mantenuto una visione lucida: Ci sono cose molto più importanti che accadono rispetto a vincere o perdere una partita di tennis. Vai là fuori, divertiti il più possibile e speriamo che la prossima volta potremo ribaltare la situazione.
Carattere, etica e visione
Cahill non ha mancato di elogiare le qualità umane e professionali di Sinner, elementi che secondo lui fanno la differenza tra un buon tennista e un vero campione. È giovane, ma ha una grande consapevolezza di sé. Ha un’etica del lavoro straordinaria, resilienza, uno scopo ben definito. Ama il tennis, pensa di giocare fino ai 37–38 anni, ha detto, confermando anche la visione a lungo termine dell’altoatesino sul proprio percorso sportivo.
L’allenatore ha voluto anche raccontare cosa ha significato per lui quella partita, vista non solo con l’occhio del tecnico, ma con quello di un uomo vicino al proprio atleta: Eravamo dannatamente orgogliosi di lui, a prescindere dal fatto che avesse vinto o perso quella partita. Quando mandi un giocatore in campo, l’unica cosa che chiedi è che dia tutto. E lui ci ha dato molto di più.
Un rispetto che cresce
Tra le frasi più forti e sentite di Cahill, spicca quella che meglio riassume l’impatto che quella finale ha avuto non solo su Sinner, ma anche su chi lo segue da vicino: Che ci crediate o no, ora che guardo Jannik dopo quella partita nella finale del Roland Garros nutro ancora più rispetto per lui di quanto ne avessi prima, ed è difficile dirlo perché lo conosco molto bene.
Cahill ha anche affrontato il tema del proprio futuro, dopo che lo stesso Sinner aveva rivelato l’intenzione del coach di ritirarsi a fine stagione: La notizia non doveva uscire così presto, ma non c’è nessun problema. Mi sto divertendo a lavorare con lui e non si può mai sapere cosa succederà. L’anno è lungo.
Nuovi orizzonti
Nonostante il colpo duro, Sinner è già ripartito. Il suo nuovo capitolo comincia sull’erba, con i tornei di Halle e Wimbledon nel mirino. Forte di un team compatto, di una consapevolezza rara per la sua età e di una visione chiara del futuro. La sconfitta di Parigi brucia, sì. Ma sarà anche la fiamma che alimenterà la sua prossima vittoria.