La sfida di Tsitsipas

Fra i giovani che tramano una rivoluzione contro l’egemonia dei tre tenori, il greco è uno dei più attrezzati. Difendere la semifinale non lo spaventa, anzi il ricordo dello scorso anno è ancora fonte di energia

“Battere Roger mi ha cambiato la vita. Mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta per competere con i migliori e per vincere un giorno uno Slam. Quel risultato mi ha dato l’impulso per fare una grande stagione, e concludere con la vittoria delle finals di Londra è stato incredibile. Ho lavorato duro per arrivarci con la fiducia necessaria, per trasformarmi nel simbolo dei giovani che sfidano il potere costituito. Mi dicevo che noi siamo forti e pieni di energia, mi ripetevo che non dovevo temere nessuno, questa è stata la chiave per vincere.”

Dopo un 2019 impegnativo, Stefanos ha trovato nei viaggi (Oman, Islanda e Cipro le mete visitate) il modo migliore per ricaricare le batterie.

“Amo il tennis sopra ogni cosa, però a volte è necessario staccare e scoprire cose nuove, credo che sia il modo migliore per poi ricominciare con rinnovato entusiasmo.”

Adesso Stefanos si sente grande e, come traspare dalle sue dichiarazioni, considera il risultato dello scorso anno un punto di partenza, un trampolino verso il futuro. Di certo non è stato un successo estemporaneo ma inserito in un percorso di crescita solido e coerente, che ha conosciuto momenti belli e sani schiaffoni – per esempio le due eliminazioni al primo turno a Wimbledon e Us Open – di quelli che ti bruciano la pelle e ti rendono più forte. Insieme a Medevdev, con cui è già nata una ruvida rivalità, il greco è uno dei più attesi e sarà importante il suo modo di gestire la pressione.

Tabellone alla mano, non sarà un percorso facile. Dopo il primo turno con l’azzurro Caruso – mai incontrato -, dovrebbe essere la volta del veterano Kohlschreiber, battuto due volte nel 2018, mentre al terzo turno è previsto Raonic – o un’eventuale sorpresa. Dagli ottavi si fa sul serio con Bautista Agut, giocatore insidioso e spesso sottovalutato, già affrontato un anno fa in un inedito quarto di finale. Scavalcati questi ostacoli, la teoria propone i tre esami che tutti sognano di superare ma nessuno vuole affrontare: Djokovic, Federer e Nadal, uno dietro l’altro, assetati di sangue. Decisamente una prova di maturità che assomiglia tanto a una laurea, a un dottorato, se non alla vetta di un ottomila da raggiungere in maglietta e a piedi nudi. Se vogliamo parlare seriamente, possiamo dire che batterli tutti e tre al meglio dei cinque set è impossibile, ma uno scenario più realistico per sollevare il trofeo prevede l’impresa inevitabile con Nole, una semifinale con un outsider giustiziere di Federer (Shapovalov? Berrettini?) e la finale con il gran nemico Medvedev.

Tsitsipas fa bene a crederci, dopotutto nella stagione passata ha sconfitto i tre mostri, ha battuto persino Nadal sulla terra rossa; il vero gradino insormontabile è il formato Slam, non tanto per le due settimane di torneo (dettaglio comunque da non escludere fra i surplus gestionali dell’esperienza), quanto ovviamente per le sfide al meglio dei cinque set, quasi un altro sport in cui (contro la logica apparente) il gap tra i giovani a i vecchi volponi diventa una voragine a favore degli anziani. Proprio per questo, tornando al punto iniziale, la consapevolezza di aver battuto Roger qui, si trasformerà in un potente alleato, un pensiero positivo a cui aggrapparsi nei momenti difficili. Per tutto il resto ci sarà il tennis di Stefanos, un tennis vario e creativo che con il tempo ha acquistato solidità da fondo e al servizio, insomma un campionario molto completo per la sua età, che gli permetterà di togliersi tante – altre – soddisfazioni.

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