MASTERS STORY – Il tempo di John McEnroe

Quarto capitolo della storia delle ATP Finals. La doppietta di SuperMac e il ritorno di Lendl.

Quella che segue è la quarta parte del nostro lungo viaggio nella storia del Masters maschile, attualmente chiamato ATP Finals (a cui da quest’anno va aggiunto il nome dello sponsor, Nitto). Per farlo ci siamo documentati scorrendo le pagine del libro di Remo Borgatti “Il Masters – Storia del più atipico dei tornei” edito da Effepilibri, che ci ha gentilmente concesso di riportarne alcuni passaggi, che metteremo in grassetto e in corsivo. Per gli amanti di numeri e statistiche, a supporto e completamento del libro, l’autore tiene un blog all’indirizzo https://mastersatp.wordpress.com/ in cui potrete trovare tutto ciò che manca, per motivi di spazio, nel libro.

Nella prima parte abbiamo passato in rassegna gli anni dal 1970 al 1974, nella seconda siamo arrivati fino al 1978 mentre nella terza abbiamo considerato il quadriennio 1979-82. Di seguito altri tre anni, quelli che porteranno al ritorno del round-robin.

1983 – Come già successo nell’edizione precedente, il torneo dei maestri ha (temporaneamente) abbandonato la formula del round-robin per affidarsi alla più tradizionale eliminazione diretta. Sono di nuovo dodici i protagonisti, con i primi quattro che accedono direttamente ai quarti. Il grande sconfitto dell’anno prima, John McEnroe, l’aveva detto: “Rassegnarmi? Ci mancherebbe! Ho appena ventitré anni e se non credo di poter giocare meglio di così e battere Lendl, posso anche ritirarmi.”

Detto, fatto. Negli ottavi del Masters lo spagnolo Josè Higueras riesce finalmente a vincere un match nel torneo dopo quattro sconfitte e batte l’argentino Clerc. Gli altri qualificati sono Andres Gomez, Johan Kriek e Tomas Smid. Tutti però pagano dazio al cospetto dei migliori quattro e lo stesso Higueras deve arrendersi a Mats Wilander che “nel 1983 ha incamerato nove titoli tra cui riveste particolare importanza quello sul cemento di Cincinnati ma il protrarsi della trasferta australiana (dopo gli Open, la finale della Coppa Davis giocata e persa dalla Svezia al Kooyong contro i padroni di casa nell’ultimo week-end di dicembre) non lo ha certamente aiutato nella preparazione di questo Masters.”

Negli altri tre quarti di finale, solo Connors perde un set (con Smid) mentre McEnroe e Lendl hanno vita facile con Kriek e Gomez. Il mancino di Wiesbaden ribalta la tendenza negativa in stagione e si impone finalmente a Wilander in semifinale. “La volee incrociata di dritto con cui McEnroe chiude la contesa è l’emblema dell’atteggiamento aggressivo contro il quale l’abbozzo di contraerea dello svedese può poco o nulla.”

L’altra semifinale è sempre nelle mani di Ivan Lendl e così, dodici mesi dopo, si rinnova il duello tra l’ex cecoslovacco e l’americano. “Non ho nulla da recriminare, lui ha giocato a un livello impossibile, forse il più alto in assoluto” sostiene Lendl. Ma il suo grande rivale non vuole dargliela vinta nemmeno nel post-partita e lo correggerà sostenendo di aver fatto ancora meglio a Dallas nel 1979. In ogni caso John chiude la finale con un 6-3, 6-4, 6-4 meno perentorio di quanto non suggerisca lo score: tre palle-break a testa e opposte percentuali di realizzazione decretano l’inizio di quello che diventerà il famoso 1984 di SuperMac.

1984 – Con un terzo di svedesi al via, l’ultimo Masters della Volvo come main-sponsor del Grand Prix corona la stagione mirabolante di John McEnroe. “Il campione in carica arriva al Madison Square Garden con un bilancio stagionale di assoluta eccellenza: 80 vittorie e 3 sconfitte, due delle quali sulla terra rossa.”

Gli ottavi premiano Kriek, Jarryd, Nystrom e Teltscher e due di loro sfiorano addirittura il colpaccio nei quarti. Mats Wilander infatti è costretto a salvare ben tre match-points a Kriek mentre Jarryd si trova a condurre 6-2, 3-0 e palla per il 4-0 nientemeno che contro McEnroe. Lo scandinavo si incarta nel momento in cui dovrebbe volare e permette allo statunitense di recuperare e vincere al terzo set.

Tutto molto più semplice invece per Lendl, che non cede mai la battuta a Nystrom, e Connors, alla tredicesima vittoria su altrettanti incontri con Teltscher. In semifinale, McEnroe torna intoccabile e Wilander rimedia un netto 6-1, 6-1 mentre Connors sfiora l’impresa con Lendl. “Ivan fa suo uno spigoloso primo set e, dopo aver recuperato un break di svantaggio, arriva a giocarsi il match-point sul 5-4 e 30-40 ma il suo lob non è definitivo e lo smash di Connors lo costringe all’errore sul passante successivo. La resurrezione di Jimbo si concretizza nel tie-break (7-5) e sullo slancio Connors si porta 3-0 e 5-2, ipotecando la finale.” Ma a quel punto l’americano si spegne e Ivan infila cinque giochi consecutivi, come cinque sono pure le finali consecutive raggiunte nel torneo dei maestri.

La finale ha due volti distinti: il primo, equilibrato, in cui Lendl non sfrutta due palle-break e cede 7-5 il set iniziale; il secondo, tutto in discesa per McEnroe, che invece fa registrare otto giochi consecutivi incamerati dal mancino di New York. Lo score finale è 7-5, 6-0, 6-4 e John ha una sua idea sull’argomento GOAT. “La gente dice che sono il migliore di sempre? Fa piacere sentirlo ma il nostro sport è così cambiato che non credo sia possibile fare paragoni tra epoche diverse.” Chiaro?

1985 – Il Grand Prix cambia sponsor (Nabisco al posto di Volvo) e il Masters allarga il numero dei partecipanti a 16, con ottavi per tutti. Sono due i vincitori contro pronostico: Johan Kriek e Brad Gilbert. L’ex-sudafricano “approfitta dell’inevitabile caldo di forma dello svedese Stefan Edberg, reduce da un mese di dicembre ricco di soddisfazioni (titolo agli Australian Open sull’erba di Melbourne e successo in Coppa Davis nella finale di Monaco contro la Germania) e lo batte in tre partite.” Gilbert invece si impone al campione uscente McEnroe che, deluso dal suo brutto momento, decide di prendersi una pausa di riflessione.

Nei quarti, il ripescato Andres Gomez (l’ecuadoriano è qui in seguito al forfait dell’ultimo minuto di Connors e all’indisponibilità di chi lo precedeva in graduatoria) batte Kriek e dedica la vittoria a Lucy Hopman, rimasta vedova di recente del marito Harry, che tanto ha contribuito alla carriera sportiva di Gomez. Gli altri semifinalisti sono il giovane Becker (che elimina Wilander), il granitico Ivan Lendl e l’ottimo Jarryd. Lendl e Becker controllano le semifinali e si danno appuntamento per l’atto conclusivo, il quarto tra loro (3-0 Lendl i precedenti).

“La sfida diventa tale solo dal secondo set (6-2 il primo, dominato da Lendl) e Becker ha l’opportunità di pareggiare quando serve nel nono game ma sul 30-30 commette un errore evitabile e presta il fianco al recupero di Ivan, costretto però a salvare un set-point sul 5-6/30-40. L’ace del cecoslovacco prelude al tie-break, poi dominato da Lendl che si spinge fino al 3-0 nel terzo. Becker non ci sta e risale 3-3, ma è l’ultimo sussulto di una storia che ha il finale già scritto.”

Si chiude con il terzo titolo di Ivan Lendl (in sei finali) il triennio preso in esame oggi. Giovedì prossimo (26/10)  uscirà il quinto capitolo, quello che rivisiterà gli anni conclusivi al Madison Square Garden.

Questi i capitoli precedenti:

http://www.tenniscircus.com/circuito-atp/masters-story-gli-anni-di-nastase/

http://www.tenniscircus.com/circuito-atp/masters-story-connors-inaugura-lera-del-madison/

http://www.tenniscircus.com/circuito-atp/masters-story-le-doppiette-di-borg-e-lendl/

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