Angelique Kerber 2.0, il ritorno

L'ex numero 1 del mondo chiude imbattuta in singolare la Hopman Cup e potrebbe dire la sua a Melbourne.

Dopo un anno sabbatico, trascorso quasi interamente all’inferno, forse Angelique Kerber è tornata tra i vivi (e vegeti). Certo, non è e non può essere una manifestazione para-amichevole come la Hopman Cup a dare l’esatta consistenza della condizione di una giocatrice; tuttavia, aver conquistato la finale vincendo sei incontri su sei e trascinando la Germania al successo in ben due occasioni (Belgio e Australia) dopo che Alexander Zverev aveva perso il singolare d’apertura, rappresenta decisamente un segnale confortante.

Un anno fa, Angie era n°1 del ranking WTA. Proveniva da un 2016 di grandissimo spessore, in cui si era aggiudicata la doppietta slam sul duro (Australian Open-Us Open) e aveva perso, da favorita, sia la finale olimpica di Rio de Janeiro con la portoricana Monica Puig che quella del Masters di Singapore con la slovacca Dominika Cibulkova.

La leadership mondiale della tedesca aveva fatto storcere il naso a più di un appassionato, frutto secondo molti della progressiva perdita di personaggi carismatici all’interno del circuito WTA. In più, il tennis monocorde della tedesca (peraltro omologato a quello della maggioranza delle sue colleghe) espresso con uno stile non sempre elegantissimo – ma le gambe, straordinarie, e il carattere sopperiscono a questa carenza di eleganza – hanno inevitabilmente alimentato le perplessità attorno alla Kerber.

Puntuale, nel 2017, la crisi. E che crisi! Fin dagli Australian Open, in cui difendeva il titolo, si era capito che per Angie non sarebbe stata una stagione facile. Reduce dalle eliminazioni premature di Brisbane e Sydney, la Kerber era uscita negli ottavi per mano di Coco Vandeweghe. Lì per lì Angelique non ne aveva fatto un dramma ma il resto del cammino sul duro inverno-primaverile tra Asia (Doha e Dubai) e America (Indian Wells, Miami e Monterrey) era stato a dir poco claudicante, con la sola finale messicana persa contro Anastasia Pavlyuchenkova.

Anche se era facile intuire come la tedesca non fosse più quella tenace, quasi irriducibile dell’anno prima, era quasi impossibile pensare che, dopo l’Abierto Mexicano, Angie non si sarebbe più spinta così avanti in un torneo e avrebbe altresì messo in archivio il resto del 2017 con un bilancio negativo di 13 vittorie e ben 16 sconfitte, alcune delle quali particolarmente rovinose. Ad un certo punto sembrava che i quattro giochi conquistati in un incontro fossero diventati la regola: doppio 2-6 al Roland Garros con la Makarova e a Toronto con Sloane Stephens, disastroso 3-6, 1-6 al primo turno degli US Open con Naomi Osaka.

Dopo New York, la discesa verso i più profondi gironi infernali sembrava essersi arrestata a Tokyo dove finalmente la Kerber era tornata a battere una top-ten (Karolina Pliskova, nei quarti) ma ben presto il campo ha smorzato gli entusiasmi e negli ultimi quattro tornei Angie ha raccolto una sola vittoria (vendicandosi della Osaka) a fronte di ben cinque sconfitte, le ultime delle quali al “masterino” di Zhuhai contro Pavlyuchenkova e Barty.

Purtroppo, pur terminando questa sua prima apparizione alla Hopman Cup di Perth imbattuta in singolare dopo essersi imposta agevolmente anche alla svizzera Belinda Bencic (6-4, 6-1 lo score), all’ultima sfida della finale Angelique ha dovuto fare i conti con lo stato a tratti confusionale del suo giovane partner Alexander Zverev e, soprattutto, con il solito straripante Federer che, insieme alla Bencic, hanno conquistato il doppio e quindi il trofeo. Ma questa Kerber, di nuovo carica e determinata, potrebbe essere una valida alternativa per i prossimi Australian Open.

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