Jelena Dokic: il dolore oltre la violenza, il difficile addio al padre Damir

Jelena Dokic annuncia la morte del padre Damir, artefice di anni di abusi. Un addio difficile che riapre ferite profonde e mostra la forza di una donna che ha trovato il coraggio di raccontare la sua verità.
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Un addio carico di contrasti

La morte di Damir Dokic, padre dell’ex tennista Jelena Dokic, riaccende i riflettori su una delle storie più dolorose e complesse del mondo dello sport. Jelena, ex numero 4 del mondo e semifinalista a Wimbledon, ha annunciato la scomparsa del padre con un post sui social, lasciando trasparire emozioni forti e contrastanti. “Il rapporto con mio padre è stato difficile e doloroso. Nonostante non ne abbiamo avuto uno per dieci anni, non è mai facile perdere un genitore, anche uno da cui ci si è allontanati”, ha scritto.

Un messaggio che racchiude la profondità di un vissuto segnato da anni di abusi fisici e psicologici, da cui la tennista australiana ha faticosamente provato a liberarsi per tutta la vita.

Un’infanzia rubata

Nata in Croazia nel 1983, Jelena inizia a giocare a tennis all’età di sei anni sotto la guida inflessibile del padre, che vede nello sport una via d’uscita dalla povertà. La famiglia Dokic si trasferisce in Australia nei primi anni ’90, dopo essere fuggita dalla guerra nei Balcani. Fin dall’inizio, Damir controlla ogni aspetto della carriera della figlia, imponendole rigide regole, fino a vietarle persino di sorridere in campo.

Nel tempo, i maltrattamenti si intensificano. Jelena racconta nel suo libro Unbreakable come il padre, soprattutto dopo aver iniziato a bere, sia diventato ancora più violento: “Ogni mattina mi svegliavo e pensavo: come faccio a essere sicura che non mi faccia del male anche oggi?”.

Uno degli episodi più scioccanti da lei denunciati è un pestaggio così brutale da farle perdere conoscenza. “Non c’era un centimetro della mia pelle che non fosse coperto di lividi”, ha confessato in una delle sue testimonianze.

L’exploit a Wimbledon e l’ombra nell’ombra

Nonostante le violenze subite, la carriera sportiva di Jelena raggiunge l’apice molto presto. A 16 anni, nel 1999, compie l’impresa di battere Martina Hingis, allora numero uno del mondo, al primo turno di Wimbledon. Una vittoria storica, che però lascia un retrogusto amaro. “Ho visto papà in mezzo al pubblico… era l’unico a non applaudire”, ricorderà più tardi.

Mentre Jelena brillava sui campi, Damir Dokic diventava una figura ingombrante e controversa nel circuito tennistico. Protagonista di continue esplosioni d’ira, viene bandito dalla WTA, distrugge il telefono di un giornalista a Wimbledon e finisce persino in carcere nel 2009 dopo aver minacciato di far esplodere l’ambasciata australiana a Belgrado.

La scelta di rompere il silenzio

Dopo il ritiro dal tennis nel 2014, Jelena ha trovato il coraggio di raccontare tutto. Nei suoi scritti e nelle interviste, ha denunciato apertamente gli abusi del padre, dando voce a un dolore taciuto per troppo tempo. Nel 2022 ha anche confessato di aver pensato al suicidio: “Non dimenticherò mai quel giorno. Niente aveva senso, solo lacrime, tristezza, depressione, ansia e dolore”.

Nonostante tutto, il lutto ha riportato a galla un’emozione inevitabile. Jelena ha parlato di “sentimenti conflittuali” e di un “dolore complicato” che accompagna la perdita di un genitore, anche se segnato da anni di separazione e rancore.

Un’eredità difficile da dimenticare

Damir Dokic è morto il 16 maggio 2025, a 66 anni. La sua scomparsa segna la fine di un capitolo doloroso della vita della figlia, ma non cancella le ferite. Jelena oggi è un esempio di resilienza, una voce che ha saputo trasformare il trauma in testimonianza pubblica. “Se ha letto il mio libro? Non credo ne sarebbe contento. Ma alla fine, sono io quella che dovrebbe essere ascoltata”, ha affermato con forza.

La sua storia non è solo un racconto di sport e successo, ma un simbolo potente di sopravvivenza e denuncia, di chi, anche dopo anni di sofferenza, trova la forza per dire la verità e andare avanti.

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