Le magnifiche otto: Petra Kvitova

Per Petra Kvitova il 2014 è stato l'anno della rinascita post-2011, dopo un lungo periodo di alti e bassi. Con la conquista del secondo Wimbledon, New Haven e Wuhan, la ceca è riuscita a ritrovare il suo tennis migliore ed è pronta a tentare il successo nei Wta Championships di Singapore. Ripercorriamo la sua stagione, tra splendide vittorie e qualche amarezza.

2011. Era una tiepida e calda giornata di inizio luglio. A poche decine di metri dalla verdeggiante Church Road, mentre il sole filtrava con i suoi raggi tra le foglie e sull’asfalto londinese, un fragoroso boato accompagnava il sorgere di una nuova stella luminosa. Petra Kvitova, allora n. 8 del mondo, aveva appena vinto Wimbledon, battendo con un secco 6-3 6-4 la siberiana Maria Sharapova, tredici anni dopo il successo della connazionale Jana Novotna. Sotto lo sguardo di Martina Navratilova, il sorriso emozionato ma composto di questa ragazzona potente lasciava presagire un lungo futuro nell’Olimpo del tennis. Un presentimento confermato dalla vittoria delle Wta Finals di fine anno, dove ha sconfitto tutte fino alla finale, dove ha sbriciolato alla distanza Victoria Azarenka.
Qualcosa, poi, nella carriera di Petra Kvitova era andato storto. Dopo la sconfitta agli Australian Open 2012, dove si era giocata la chance di salire alla prima posizione mondiale, proprio a favore della bielorussa, per la giovane ceca era iniziato un periodo di crisi che si è protratto per circa due anni, se si escludono alcune settimane ruggenti e buoni risultati. Pur rimanendo quasi sempre in top-ten, era diventata discontinua, lenta negli spostamenti e pure un po’ sovrappeso, danneggiata anche i problemi d’asma che contribuivano a farle scivolare alla distanza match già vinti.
Da campionessa indiscussa, alcuni iniziarono a considerarla addirittura una “meteora” di talento, destinata a navigare nel tetro limbo delle grandi incompiute. Non si contano le occasioni mancate; l’apice della delusione era giunto a Wimbledon 2013, dove la ceca aveva perso ai quarti contro la belga Kristen Flipkens, dopo essersi aggiudicata il primo set ed essere stata avanti nel secondo, per lasciare via libera a Marion Bartoli, che aveva vinto il suo unico Slam senza dover affrontare nessuna top-10.

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2014. Petra Kvitova, ritornata in finale a Wimbledon, impiega appena 55 minuti e lascia solo 3 game per avere la meglio sulla giovane Eugénie Bouchard, la campioncina canadese forgiata dal fuoco dell’officina di Nick Bollettieri, per molti erede di Maria Sharapova. Bella, americana e solare, era la candidata perfetta per ripetere l’exploit che dieci anni prima aveva messo a segno la siberiana. Ma, come accade in certi film yankee per adolescenti, nel palcoscenico del ballo di fine anno la ragazza più popolare della scuola finisce per essere messa in ombra da quella ragazzona un po’ timida e goffa che se ne stava in disparte, e che rivela, tutto ad un tratto, la sua sfolgorante bellezza inondata dalla luce dei riflettori.
La ceca travolge Bouchard con i tre fondamentali, e per di più si muove finalmente benissimo, riuscendo a compiere due recuperi in dritto incrociato che appartengono di diritto nella lista dei colpi più belli dell’anno. L’esito finale è una vera mattanza, e mentre Génie tenta di raccogliere i suoi resti sull’erba del Centrale, Kvitova si getta a terra colma di gioia, liberandosi come di un fardello troppo pesante da sopportare ancora.
E proprio a partire da Londra, dove era iniziata la sua scalata verso l’Olimpo, finalmente sembra essersi chiuso il periodo nero in cui rischiava di rimanere catturata per non si sa quanto tempo ancora.

Petra non solo è stata capace di tornare al successo sui verdi prati dell’All England Club, facendo strage di tutte le malcapitate avversarie – a parte Venus Williams, con la quale ha disputato forse il match più emozionante della stagione – ma pare aver ritrovato quella continuità perduta, con la vittoria di altri due importanti tornei, New Haven e Wuhan, e la finale raggiunta a Pechino.
La ceca è ritornata n. 3 del mondo ed è per alcuni la prima candidata per il titolo del Masters di Singapore – considerate l’attuale scarsa forma di Serena Williams e l’incostanza di Maria Sharapova, sue dirette rivali. Il torneo, inoltre, si gioca sulla superficie di gioco da lei preferita, il cemento indoor, dove ha raccolto 3 dei suoi 14 titoli (11 totali su cemento) e dove era stata capace di rimanere imbattuta per oltre due anni e 25 partite di fila. Ma ripercorriamo con ordine quest’ottima annata.

TENNIS-GBR-WIMBLEDON

La stagione inizia, a dir la verità, nel peggiore dei modi, nella terra dei canguri. La ceca esordisce nel torneo-esibizione a squadre Hopman Cup, dove vince in singolare ma viene sconfitta prematuramente in doppio misto contro il connazionale Radek Stepanek. Dopo una sconfitta in due set contro la bulgara Tsvetana Pironkova nella semifinale di Sydney, la prima tremenda delusione arriva al primo turno degli Australian Open.
L’avversaria si chiama Luksika Kumkhum, thailandese di ventun’anni e n. 88 del mondo, nulla di speciale. E’ evidente la giornata ‘no’ della ceca, che resasi conto della scarsa forma cerca di chiudere subito i punti con improbabili vincenti che si trasformano in un cumulo impressionante di errori non forzati. L’asiatica gioca al contrario una partita molto solida e, da brava formichina, rintuzza l’avanzata della n. 6 del ranking con colpi lenti ma precisi e angolati, attendendo pazientemente l’autodistruzione della ceca, che infine arriva. La sua sconfitta, per 6-2 1-6 6-4, è l’uscita di scena più clamorosa della giornata. “Credo che il mio errore sia stato quello di volere vincere troppo, e così tutto è crollato“, ha dichiarato a fine match.

Le cose migliorano di poco sul cemento: prima si ritira da Parigi indoor, a causa dei soliti problemi respiratori. Ritorna quindi a Doha, in Qatar, dove la ceca esce al terzo turno, raccogliendo appena 4 game contro Jelena Jankovic; a Dubai altra sconfitta all’esordio, questa volta contro Carla Suarez Navarro. In America raggiunge gli ottavi a Indian Wells, sconfitta dalla nana-killer slovacca Dominika Cibulkova; a Miami raggiunge per la prima volta i quarti di finale del 2014, dove viene sconfitta per 7-5 6-1 da Maria Sharapova.

Nella pausa settimanale di Fed Cup, la Repubblica Ceca si ritrova davanti l’Italia, nell’arena casalinga di Ostrava, alla ricerca della vendetta dopo la sconfitta del 2013 a Palermo. La Kvitova fa il suo dovere battendo in due set Camila Giorgi e Roberta Vinci, guidando la sua nazione verso un pesantissimo 4 a 0 e  un’ennesima finale, in programma contro la Germania i primi di novembre.

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Il primo ottimo risultato arriva sulla terra, dove però colleziona nuove amare delusioni: le sorprendenti sconfitte a Stoccarda (battuta in due set al primo turno dalla russa Alysa Kleybanova,tornata al grande successo dopo aver battuto il linfoma di Hodgkin) e agli Internazionali d’Italia (battuta all’esordio da Zhang Shuai in tre set dopo un bye al primo turno), sono in parte alleviate dalla conquista della seconda semifinale della stagione a Madrid. Sfruttando la superficie veloce e le condizioni climatiche della capitale spagnola, ritrova parte della forma antica che le aveva permesso di aggiudicarsi il torneo nel 2011: viene sconfitta in tre soltanto da Simona Halep, all’epoca quasi ingiocabile.

Si aprono le porte dell’Open di Francia, ma l’aria di Slam non risveglia la ceca, che a Parigi aveva come miglior risultato una semi raggiunta nel 2012; dopo aver battuto Zarina Diyas e Marina Erakovic, viene fermata al terzo turno contro la russa Svetlana Kuznetsova, vincitrice nel 2009, al termine di una partita splendida ed equilibratissima. ‘Sveta’ aveva ritrovato il suo tennis migliore sulla terra francese, vincendo per 9-7 al terzo dopo 3 ore e un quarto: due giorni dopo avrebbe sconfitto anche la connazionale Lucie Safarova, per poi venire sbriciolata ai quarti da una super Simona Halep.
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La stagione sull’erba inizia dunque senza grandi aspettative per la tennista di Bilovec. La settimana prima dello Slam, nel torneo di Eastbourne, si ritira poco prima di scendere in campo nel match di quarti di finale contro Heather Watson a causa di un forte dolore alla coscia destra, destando molte perplessità sul suo stato di forma ai nastri di partenza all’All England Club.

La 128ª edizione del torneo di Wimbledon parte in modo molto agevole per la ceca: al primo turno lascia appena 3 game alla connazionale Andrea Hlavackova, uno in meno alla tedesca Mona Barthel. La musica cambia al terzo round, quando al di là del campo arriva la veterana Venus Williams, per 5 volte dell’ambito piatto argentato e in uno dei suoi momenti migliori nel 2014. La partita è un’autentica battaglia senza esclusione di colpi, scagliati con incredibile violenza in una serie scambi da circoletto rosso. Un match che rievoca altri tempi, le vecchie epiche lotte tra vere campionesse nell’ultimo periodo d’oro del tennis femminile, a metà anni 2000.
Dopo aver perso il primo set per 7 a 5, Petra esce vincitrice nel secondo per 7-6(2). L’equilibrio non sembra rompersi nemmeno nel terzo. Sul 4 pari la ceca riesce a portare al servizio un game delicatissimo, dove era sotto 0-30, uscendone alla grande dimostrando un indomito coraggio e riportando la pressione sulla 34enne statunitense. Venere si salva nel decimo gioco, ma cede il servizio successivo a 15, piegata ormai dalla fatica, permettendo alla più giovane collega di chiudere per 7-5.
L’epilogo è incorniciato da una bellissima stretta di mano e i sorrisi profondi e sinceri di due campionesse di generazioni diverse, entrambe consapevoli di aver dato tutto e fatto scintille nella verde e composta arena del Centrale. A confermare la qualità della partita sono le statistiche: entrambe chiudono con un bilancio positivo tra vincenti ed errori non forzati, 48-34 per la Kvitova, 25-19 per Venus. Col senno di poi, questo incontro sarebbe stato considerata la vera finale o, quantomeno, il momento della svolta, a partire dal quale la ceca ha iniziato a credere davvero nelle sue possibilità verso il suo secondo trofeo londinese.
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A fine torneo la ceca ha ammesso che, dopo il successo contro l’americana, aveva vissuto con molta tensione i giorni seguenti, faticando spesso a riuscire ad addormentarsi la notte. Le speranze per un nuovo grande risultato erano in contrasto con la paura di non potercela fare e di gettare sul più bello un’ennesima occasione d’oro contro un’avversaria alla sua portata, un po’ come era successo l’anno precedente, e in tante, troppe altre circostanze. Forse proprio questi dubbi cresciuti nella mente della Kvitova sono serviti ad avvertirla a non rilassarsi e a rimanere concentrata fino al match-point decisivo.

Petra sembra seguire questa direttiva, battendo in serie Shuai Peng e le connazionali Barbora Zahlavova Strycova e Lucie Safarova, senza perdere un set. Il 5 luglio mette in scena una prestazione impeccabile contro Eugénie Bouchard, giocando a tutta spinta, senza che il suo braccio non tremi un secondo. Il risultato finale, lo ricordiamo, è un perentorio 6-3 6-0 in soli 55 minuti, una delle finali più veloci della storia dei Championships. Come Marion Bartoli un anno prima, Petra Kvitova è riuscita ad aggiudicarsi Wimbledon senza incontrare nessuna top-ten, anche se è chiaro agli occhi di tutti che l’epilogo di questo torneo è stato tutto fuorché casuale o immeritato. Con la conquista del suo secondo Slam in carriera, la ceca ritorna in top-5, assestandosi alla quarta posizione.

Tre settimane dopo il successo londinese, Petra delude nei due Premier 5 americani pre-Us Open. A Montréal viene sconfitta agli ottavi per mano della russa Ekaterina Makarova, mentre a Cincinnati esce addirittura all’esordio contro una sorprendente Elina Svitolina. La ceca si riprende alla grande nel Premier di New Haven, dove aveva già trionfato nel 2012: qui sconfigge in serie Makarova (vendicandosi della sconfitta subita tre settimane prima), Zahlavova Strycova, Sam Stosur e in finale la slovacca Magdalena Rybarikova. La ceca alza così il suo secondo trofeo stagionale senza perdere un set in tutto il torneo.

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La partecipazione a Flushing Meadows arriva con i migliori auspici. I pronostici la danno una delle favorite e molti sono convinti che la ceca ha finalmente la possibilità di fare bottino agli Us Open, un torneo dove non era mai andata oltre gli ottavi di finale, raggiunti nel 2009 e nel 2012. La realtà spegne velocemente qualsiasi aspettativa: dopo i successi contro Mladenovic e Cetkovska, la ceca esce al terzo turno, battuta con un doppio 6-4 per mano della qualificata serba Aleksandra Krunic. Una batosta morale che però non sembra allarmare la Kvitova: “non la reputo una sconfitta così grave, dico davvero”, ha dichiarato in conferenza stampa. “Succede, è il tennis. Ora voglio tornare a casa, riposarmi e prepararmi bene per i prossimi tornei”.

La sua serenità paga circa un mese dopo, nel Premier 5 cinese di Wuhan, alla sua prima edizione. Il torneo era stato creato di fatto in onore di Na Li, sua cittadina più illustre attesa per l’inizio dei giochi, che però aveva annunciato il suo ritiro dal tennis appena una settimana prima. La ceca, notoriamente grande amica della cinese, ha disputato un torneo impeccabile, quasi volendole rendere omaggio ed essere l’erede di un emozionante passaggio di consegne tra due campionesse. Dopo aver battuto Knapp, Pliskova, Garcia e Svitolina, in finale Petra trova, di nuovo, Eugénie Bouchard. 6-3 6-4 il risultato finale, un po’ meno severo rispetto al precedente londinese, che serve a ribadire la sua superiorità fisica e tattica rispetto alla giovane canadese.

KVITOVA

Petra continua la serie positiva di vittorie nel successivo Premier Mandatory di Pechino, dove sconfigge Shuai Peng e Roberta Vinci e approfitta del ritiro di Venus Williams. La ceca non ha vita facile contro l’australiana Samantha Stosur, particolarmente ispirata al servizio e brillante a fondocampo, dove per ampi tratti della partita ha tempestato l’avversaria di vincenti. Nel terzo set la maggior fiducia della Kvitova ha la meglio sull’inguaribile timore di vincere della campionessa agli Us Open 2011. Petra conquista così la seconda finale consecutiva, mostrando una straordinaria, quanto insolita, continuità a ottimi livelli. La stanchezza però si fa sentire: ad approfittarne è Maria Sharapova, che la sconfigge nel turno conclusivo in tre set grazie a una prestazione quasi perfetta.

Al di là dei meri risultati, il momento da ricordare dell’evento cinese è probabilmente un altro: la cerimonia in onore di Na Li, che proprio nella capitale cinese ha deciso di dare il saluto finale ai tifosi e al campo da tennis, che ha percorso con religioso silenzio ricordando i successi, le amarezze e i piccoli riti di una carriera che ufficialmente finiva quel giorno. Particolarmente commovente, il discorso di Petra Kvitova, che con queste parole ha omaggiato l’amica e collega: “La cosa più importante che voglio dirti oggi è grazie per essere stata una nostra avversaria, per essere stata una nostra fonte di ispirazione e una nostra amica. Ci mancherai tanto, campionessa“. Per ascoltarle si guardi questo video (al minuto 11:28 inizia a parlare).


Petra Kvitova ora è pronta per il suo ultimo torneo dell’anno, le Wta Finals con sede a Singapore. La ceca è nel Gruppo Bianco nel Round Robin, insieme a Maria Sharapova, Caroline Wozniacki e Agnieszka Radwanska. Attuale n. 3 del mondo, una sua vittoria incornicerebbe un anno già fantastico e l’avvicinerebbe tantissimo a quella tanto bramata prima posizione mondiale, che anche a cavallo tra il 2011 e il 2012 era stata così vicina. Aspettando di vederla all’opera, non possiamo che augurarle buona fortuna. O meglio: pojd!

 

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