Eugenie Bouchard, epopea di una selfie-made woman

In occasione del suo 23eismo compleanno, proviamo ad addentrarci nell'ingarbugliata giovinezza di Eugenie Bouchard. Una vita, quella della starlette canadese, caraterizzata da autolesionismo, autogol, autoscatti ed autoreggenti.

Tra la fine degli anni 90 e l’inizio degli anni 2000, il mondo della musica fu funestato dall’esordio discografico di una starnazzante adolescente statunitense, divenuta in breve tempo icona per schiere di brufolosi complessati,grazie alla combinazione tra melodie dozzinali e video soft porno: tale prodigio rispondeva al nome di Britney Spears. Dopo un primo album dalle vendite iperboliche, però, la buona stella della Spears si è rapidamente offuscata, rivelandone in breve tempo tutta l’inconsistenza artistica. A distanza di una decade dall’ascesa della sciagurata Britney, un’altra nordamericana si è guadagnata prepotentemente la ribalta planetaria, non più nel dorato mondo pentagrammato, bensì nell’altrettanto fastoso panorama tennistico: il suo nome è Eugenie Bouchard. Così come la Spears, anche Genie ha condensato tutte le maggiori gratificazioni nell’arco di un fuggevole segmento temporale, prima di incagliarsi ad oltranza in una spirale psico-tennistico-mondana.

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L’anno di grazia della canadese è stato senza dubbio il 2014, quando la biondina di Montreal bruciò tutte le tappe possibili. Ad appena 20 anni, Genie raggiunse le semifinali all’Australian Open ed al Roland Garros, polposo antipasto che precedette il capolavoro della carriera, rappresentato dalla finale ottenuta ai Championships. La nordamericana, nell’arco di uno striminzito semestre, si congedò dalle paludose retrovie del ranking WTA, fino a raggiungere la quinta posizione in classifica. Toccato l’apice, però, Bouchard si lasciò impadronire da pulsioni megalomani, rivelatesi poi puramente suicide. La canadese congedò frettolosamente Nick Saviano, suo storico allenatore e mentore, reputandolo non più all’altezza della sua nuova dimensione tennistica.

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Nel breve volgere di pochi mesi Bouchard entrò in una fase di bulimia manageriale, cambiando coach con parossistica compulsività: da Diego Ayala a Sam Sumyk, fino alla riesumazione di Jimmy Connors. Una deriva zampariniana che ha contribuito alla progressiva involuzione di Genie. La latitanza tennistica della canadese, guarda caso, ha coinciso sinistramente con la sua onnipresenza in ogni tipo di evento che non avesse a che fare col tennis: party esclusivi, anteprime cinematografiche, sfilate di moda, inaugurazioni di piadinerie, ogni occasione era propizia per prolungare l’assenteismo dal mondo della racchetta. Ora gli inconsolabili orfani delle gesta tennistiche della canadese devono accontentarsi delle raffiche di selfie che Genie zampilla quotidianamente, nei quali appare sempre più a proprio agio nel ruolo di prezzemolina internautica. In occasione del suo compleanno non possiamo che augurarle le migliori fortune, qualunque professione decida di intraprendere. Tanti auguri Genie (e cento di questi selfie).

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