Coppa Davis 1980: quando è lo sport a uscirne sconfitto

di Andrea Cherchi

Questa finale di Coppa Davis vedrà l’assenza della Repubblica Ceca dopo il doppio successo del 2012 e del 2013. Quando ancora si chiamava Cecoslovacchia (ed era unita, appunto, alla Slovacchia), quel team era spesso competitivo e, dopo la finale persa a Stoccolma nel 1975 con la Svezia di Bjorn Borg, mise in bacheca già una volta l’ambita insalatiera d’argento. Era il 1980 e si giocava l’ultima edizione divisa in tabelloni “zonali” che poi andavano a confluire verso altre “interzone”, che conducevano, per concludere, direttamente alle semifinali e alla finale. Dall’anno dopo, anche in seguito a quanto accaduto in quella finale, si passò invece all’attuale formula a eliminazione diretta, con tabelloni “zonali” limitati alle sole serie inferiori. “Quella del 1980 è stata l’ultima edizione organizzata in tabelloni zonali”.

Quell’anno la Cecoslovacchia, che schierava il ventenne Ivan Lendl, Tomas Smid, Pavel Slozil e, come riserva di lusso, il vecchio leone Jan Kodes, inizia sconfiggendo facilmente la Francia a Praga (5-0), per poi liquidare nella finale della zona B, con altrettanta facilità, la modesta Romania, priva di Ilie Nastase, a Bucarest.

Le altre 3 finali di zona vedono: la storica e meravigliosa vittoria del fortissimo team argentino formato da Guillermo Vilas e Josè Luis Clerc che, nel catino di Buenos Aires, mette ko i campioni uscenti, gli U.S.A. di John McEnroe, Brian Gottfried e Peter Fleming, dando una straordinaria prova di forza.

A Brisbane l’Australia di John Alexander e Phil Dent ha la meglio, con non pochi problemi, sull’insidiosa Nuova Zelanda, guidata dal futuro finalista di Wimbledon Chris Lewis e da Russell Simpson, due signori che due anni dopo faranno piangere l’Italia a Cervia.

E arriviamo infine all’Italia: dopo una comoda vittoria casalinga con l’allora modesta Svizzera, la finale di zona si doveva giocare al Foro Italico contro la Svezia che, nel primo turno con la Germania Ovest, aveva schierato il n°1 del mondo Bjorn Borg. Ma Sua Maestà l’Orso ci fa un regalo, rinunciando alla sfida romana e permettendoci, pur con qualche problema, di avere le meglio sui suoi non trascendentali compagni (Kjell Johansson e Stefan Simonsson che, peraltro, batté Adriano Panatta).

A questo punto ci si allinea alle semifinali ed è qua che si compie il capolavoro della Cecoslovacchia: contro l’Argentina a Buenos Aires (stessa sede nella quale i sudamericani, come ricordato, avevano superato i campioni carica degli U.S.A. di John McEnroe) Lendl e compagni sembrano chiusi nel pronostico e per i sudamericani sembra la volta buona per conquistare finalmente l’agognata e irraggiungibile insalatiera.

Ma in questo match scoppiano apertamente le polemiche fra i due campionissimi argentini, Guillermo Vilas e Josè Luis Clerc, e il giovane Ivan Lendl, autore di un’eccellente stagione che l’ha portato sino al sesto posto mondiale, fa il fenomeno, sconfiggendo Vilas, trascinando Smid al successo in doppio contro i “nemici” Vilas-Clerc e quindi chiudendo i giochi contro Clerc nella giornata finale.

L’Italia dal canto suo ospita in una sfida ormai classica l’Australia, questa volta in casa, nella fortezza del Foro Italico: se Adriano Panatta non aveva brillato a luglio con la Svezia si presenta invece in condizioni di forma smaglianti e capace di dare spettacolo, come solo lui sa fare. Prima supera Paul McNamee, quindi vince con paolo Bertolucci un difficile ma bellissimo doppio con i fortissimi McNamara e McNamee, campioni di Wimbledon, quindi chiude i giochi disputando un match sontuoso con Peter McNamara. “L’Italia giocava la sua quarta finale in cinque anni”. 

Nell’atto finale quindi la squadra italiana, alla quarta finale in 5 anni, deve affrontare in trasferta la Cecoslovacchia: l’Italia, lo ricordiamo, ha avuto la sfortuna di disputare le sue prime sei finali di Davis tutte in trasferta e solo nel 1998 ha potuto giocarsela in casa (ma la sfortuna non ci ha abbandonato neppure in quell’occasione…).

Il match di Praga, giocato sul veloce, è ricordato soprattutto per i clamorosi furti arbitrali subiti dal nostro team, abilmente orchestrati dall’ineffabile giudice di sedia locale (e infatti dall’anno seguente si optò sempre per un giudice di sedia “neutrale”) Antonin Bubenik, un ingegnere informatico, diventato il triste simbolo di quella finale.

In un susseguirsi di errori, interruzioni (molti ricorderanno alcuni nostri tifosi “sequestrati” dalla polizia locale, un nostro connazionale fermato e malmenato, l’intervento dell’allora presidente FIT, Paolo Galgani, che fece interrompere il gioco sino alla liberazione dell’ostaggio), polemiche, Smid rimontò due set ad Adriano Panatta, Lendl sconfisse abbastanza facilmente Barazzutti, dopo aver ceduto il primo set.  “Una finale che verrà ricordata come la sagra del furto”. 

Nel doppio la “sagra del furto” proseguì in maniera, se possibile, ancora più vergognosa e Panatta-Bertolucci furono sconfitti in cinque combattuti set dal trio Lendl-Smid-Bubenik. La Cecoslovacchia vinse: forse l’avrebbe fatto anche senza quegli aiuti, ma lo sport in quei giorni uscì duramente sconfitto.

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