Il tennis: un affare di famiglia (3°parte) – Figli di papà

In quest'ultima parte de "Il tennis: un affare di famiglia", vogliamo ricordare alcuni tennisti che hanno tentato, con maggiore o minore fortuna, di seguire le orme paterne o materne.

di Andrea Cherchi

In quest’ultima parte vogliamo ricordare alcuni tennisti che hanno tentato, con maggiore o minore fortuna, di seguire le orme paterne o materne. In attesa di verificare la “stoffa tennistica” dei figli nati dal mix esplosivo fra due fenomeni come Steffi Graf e Andre Agassi, rivolgiamo il nostro sguardo ancora una volta al passato.

Abbiamo già menzionato Helena Sukova, e il fratello Cyril Suk, figli di Vera Puzejova, finalista di Wimbledon 1962 e approfittiamo per ricordare come anche la madre di Ivan Lendl, Olga Lendlova, fu una tennista considerata n.2 del suo Paese e così anche il padre Jiri (arrivato ad essere n.15 cecoslovacco).

Partiamo dall’India per menzionare l’ottimo Ramesh Krishnan, giocatore brillante e piacevolissimo, attivo negli anni ’80, vincitore di otto titoli ATP (tra cui Tokyo, Stoccarda e Hong Kong) e per lungo periodo stabilmente fra i primi 30 giocatori del ranking: suo padre Ramanathan fu considerato uno dei primi dieci giocatori del mondo fra il 1959 e il 1962 (all’epoca non esistevano ancora le classifiche ufficiali) e raggiunse 3 volte la semifinale a Wimbledon.

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Da questo punto di vista gli esempi forse più significativi giungono entrambi dall’Australia: Sandon Stolle, giocatore di estrazione universitaria americana era un onesto singolarista (comunque top 50, con una sola finale persa a Nottingham) ed un ottimo doppista, arrivato al secondo posto mondiale e con all’attivo un successo agli Us Open del 1998 (in coppia col già citato ceco Cyril Suk), oltre ad altri 22 titoli, tra cui anche Indian Wells e Miami. Il padre Fred, ottimo commentatore televisivo e giornalista, è un’autentica leggenda del nostro sport: tre volte consecutive sfortunato finalista a Wimbledon (1963,1964,1965), ha un saldo di sei finali Slam perse e di due successi (Roland Garros 1965 e Us Open 1966). In doppio il grande Fred, tra l’altro anche ottimo Davisman, mise invece a segno 10 titoli, vincendo almeno una volta tutte le prove dello Slam.

Chi è un po’ meno giovane ricorderà certamente alcune epiche sfide che la squadra azzurra di Davis, formata da Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli, sostenne negli anni ’70 contro l’Australia: il tabellone diviso per zone ci proponeva spesso degli incontri decisivi con i Canguri. Ci fu anche una finale, quella del 1977, giocata e persa, sul filo di lana, sull’erba di Sidney. Insieme all’ottimo John Alexander, a John Newcombe ed a Tony Roche, quella squadra proponeva sempre Phil Dent (1950), in quelle occasioni nel ruolo di doppista accanto proprio al suo grande amico Alexander. Dent fu un buonissimo giocatore, capace di arrivare in finale agli Australian Open del 1974 (sconfitto da Connors) ed in semifinale al Roland Garros del 1977 (sconfitto da Brian Gottfried): per lui tre titoli Atp in singolare (due a Sidney ed uno a Brisbane) e 25 in doppio (fra cui gli Australian Open del 1975 e d altre 5 finali Slam, tutte con John Alexander). Raggiunse come best ranking il 17° posto e fu capace in carriera di battere tanti numeri uno: da John Newcombe ad Ilie Nastase, da Rod Laver a John McEnroe ed anche Bjorn Borg, da lui sconfitto al 3° turno proprio degli Australian Open del 1974, in occasione dell’unica partecipazione dell’Orso svedese a quel torneo.

Dal matrimonio fra Phil Dent e la bella tennista americana Betty Ann Grubb Stuart (vincitrice di 5 titoli, n°25 del mondo e finalista in doppio agli US Open del ’77 in coppia con Reneè Richards, primo, e a quanto ci risulta unico, tennista transessuale della storia) nacque Taylor (1981) che assunse la cittadinanza americana e, dopo una buona attività a livello giovanile ed universitario, entrò nel circuito professionistico. Dotato di un gioco potente e di un fisico fragile, Taylor (recentemente ritiratosi) ha avuto una discreta carriera costellata da un numero infinito di infortuni, tanto, ad un certo punto, da rimanere fermo per oltre un anno e mezzo. Ha nel suo palmares quattro titoli Atp (Newport nel 2002, Mosca, Memphis e Bangkok nel 2003,) ed un best ranking di n°21. Col suo gioco ha spesso messo in difficoltà, specie su erba e cemento, i migliori giocatori e vanta vittorie su Hewitt (all’apice), Berdych, Safin e sull’allora n.1 del mondo Ferrero.

Anche il padre di uno dei talenti del tennis attuale era, più o meno, un tennista professionista: parliamo di Oleksandr Dolgopolov Sr. (1964), padre dell’omonimo talento ucraino Oleksandr jr. (1988). Essere un professionista nell’URSS, sino alla caduta della “cortina di ferro”, era però qualcosa di molto complicato e tutto sommato privo di significato, visto che i giocatori erano costantemente limitati nei propri spostamenti: non abbiamo quindi modo di sapere quale fosse la reale caratura di questo giocatore, non avendo potuto di fatto confrontarsi con nessuno (come accadde, in minor misura, a tanti altri tennisti, anche di talento, oppressi e limitati dal regime politico: pensiamo ad Olga Morozova, finalista a Parigi e Wimbledon, ad Alex Metreveli, che pure andò in finale a Wimbledon, a Vadim Borisov e soprattutto alla telentuosissima Natasha Chmyreva).

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Lo svedese Leif Johansson (1952), onesto singolarista (vicino ai top 50) e giocatore di Davis nel 1974 a fianco di un giovanissimo Bjorn Borg (sconfitti dall’Italia a Bastad), è il padre di Joachim, giocatore dal servizio fulminante, che qualche anno fa arrivò al nono posto mondiale (2005), centrando tre titoli Atp e raggiungendo la semifinale agli Us Open del 2004, sconfitto da Hewitt (dopo aver battuto il n°2 del mondo Roddick). Purtroppo una serie infinita di infortuni, soprattutto alla spalla, ne hanno condizionato l’attività, al punto di essere costretto al ritiro: recentemente, a soli 29 anni, ha deciso di giocare saltuariamente qualche torneo minore e di accettare qualche sporadica convocazione in Coppa Davis. L’irlandese Sean Sorensen (1955) ebbe una carriera modesta, arrivando intorno al n°200 mondiale e conquistando qualche risultato solo nel circuito challenger. Giocò per la sua nazione in Coppa Davis e qualcuno ricorderà la sfida contro l’Italia del 1983, quando batté Claudio Panatta e perse poi da Corrado Barazzutti. Il figlio Louk (1985), residente in Germania e dotato di un discreto talento, è stato spesso frenato da parecchi infortuni che ne hanno notevolmente condizionato l’attività, che si è limitata ai circuiti minori e alla Bundesliga tedesca (equivalente della nostra serie A).

Più che altro a titolo di curiosità, ricordiamo che, come qualcuno avrà notato, il Principato di Monaco partecipa alla Coppa Davis con una propria squadra: negli anni ’70 questo debole team poteva “contare” su due giocatori davvero modesti, di fatto due insegnanti di tennis della Costa Azzurra, che regolarmente prendevano della batoste colossali. I due giocatori in questione erano Luis Borfiga e Bernard Balleret (1954). Quest’ultimo che in carriera a malapena si avvicinò al n°300 mondiale ebbe un figlio, Benjamin (1983), a sua volta Davisman, che tuttora frequenta con modesti risultati i tornei challenger e futures (best ranking attorno al n°200). Una volta, beneficiato di una un wild-card al torneo casalingo di Montecarlo, si prese anche la soddisfazione di superare un turno, battendo l’ex-n°4 del mondo, lo svedese Jonas Bjorkman.

Dei cileni Fillol sarebbe stato forse più opportuno parlare nella categoria “famiglie”: Jaime Sr. (1946), avversario dell’Italia nella storica finale di Davis del 1976 a Santiago, è stato un ottimo giocatore, capace di arrivare al 14mo posto mondiale e di vincere 7 titoli in singolare (tra cui Dayton, Dusseldorf e Tanglewood) e 15 in doppio (anche due finali Slam perse al Roland Garros ’72 e agli Us Open ’74, sempre in coppia col connazionale Patricio Cornejo); vanta inoltre vittorie su Nastase, Vilas, Ashe e Smith. Uomo molto stimato e intelligente, fu per breve periodo presidente dell’ATP. Il fratello minore Alvaro (1952) arrivò alle soglie dei Top 100 in singolare, ma fu un buonissimo doppista, mettendo nel carniere 5 titoli. Infine Jaime Jr. (1976), figlio di Jaime Sr., ha avuto una carriera incolore, limitandosi a qualche fugace e sfortunata apparizione in singolare e a qualche onesto risultato in doppio, specialità nella quali si avvicinò, qualche anno fa, al 150° posto mondiale.

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Adriano Panatta, nella sua carriera, è stato capace di battere tutti i più grandi ma anche di perdere da giocatori assolutamente mediocri. Non appartiene però all’ultima categoria una delle sue occasionali “bestie nere”: un baffuto giocatore inglese che, pur essendo meno forte, riusciva spesso a batterlo…stiamo parlando dell’inglese Christopher “Buster” Mottram (1955). Vincitore in carriera di 2 soli titoli in singolare (Johannesbourg ’75 e Palma di Maiorca ’76) e 5 in doppio, Mottram fu senza dubbio un buon giocatore, che contribuì da protagonista al ritorno della Gran Bretagna in una finale di Coppa Davis (1978, sconfitta contro gli U.S.A. di John McEnroe e Brian Gotffried); fu inoltre capace nella sua carriera di sconfiggere, tra gli altri, anche gente come Borg, Vilas, Kodes e Gene Mayer e di raggiungere il 15esimo posto nel ranking ATP. Lasciò l’attività ancora relativamente giovane per dedicarsi, senza troppo successo, alla politica, aderendo al BNP, un movimento inglese di estrema destra. Ci interessa evidenziare, per restare in tema, che suo padre Tony (1920), a quanto ci risulta tuttora in vita, fu un discreto giocatore “amateur” nel corso degli anni ’40 e ’50, membro del team britannico di Coppa Davis e vincitore di almeno tre titoli “certificati” (Irish Championships 1947, Belgrado 1953 e British Hard Championships 1954).

Ricordiamo ancora Christophe Roger-Vasselin: giocatore francese del 1957 ebbe una carriera piuttosto modesta (due sole finali perse e qualche challenger in bacheca, più due titoli in doppio), illuminata però dalla semifinale del Roland Garros del 1983, dove batté H.Gunthardt. Luna e soprattutto Jimmy Connors, prima di essere travolto dal futuro vincitore Yannick Noah, e conquistò per breve periodo un posto fra i top 30. Il figlio Edouard (1983) è tuttora un pro, attivo prevalentemente nel circuito professionistico e, dopo alcuni anni di anonimato, si è attestato su buoni livelli del ranking ATP, vincendo qualche challneger ed ottenendo buoni risultati sul circuito maggiore. Infine, anche il figlio di Miloslav “Gattone” Mecir, meraviglioso ed originale campione degli anni ’80 (n°4 del mondo, due finali Slam in Australia ed a NY, 11 successi ATP e l’oro olimpico di Seul 1988) , chiamato fantasiosamente Miloslav jr. sta provando, con discreto successo, a farsi strada nella giungla dei challenger.

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