Goran Ivanisevic: “Il tennis attuale non ha nulla a che fare con il tennis della mia era”

L'ex tennista croato Goran Ivanisevic, ora nello staff di Marian Vajda come allenatore di Novak Djokovic, ripercorre il suo passato, dei momenti più belli della sua carriera da tennista, ricordando anche le sconfitte più amare.

Goran Ivanisevic ha parlato al canale sportivo balcanico “Sport Klub” descrivendo le emozioni provate durante e dopo i tanti tornei conquistati e dopo alcuni importanti incontri persi che hanno segnato la vita dell’ex tennista croato, come la finale di Wimbledon del 1992 contro André Agassi e le semifinale degli US Open contro Pete Sampras del 1996.

Il croato rievoca con orgoglio le vittorie più significative della sua carriera da tennista: “Wimbledon 2001 è il più importante di tutti, ma mi sono tolto tante altre soddisfazioni. La mia prima vittoria nella finale del ‘Mercedes Cup’ di Stoccarda del 22 luglio 1990 contro l’argentino Guillermo Pérez Roldan in quattro set fu per me davvero speciale e rimarrà sempre nel mio cuore. Nello stesso anno sono arrivato in semifinale a Wimbledon e, avendo una buona attitudine all’erba, sentivo di aver la possibilità prima o poi di vincere questo torneo. Non dimenticherò nemmeno la vittoria contro Boris Becker al primo turno del Roland Garros o la vittoria della Coppa del Mondo a squadre a Dusseldorf con la maglia della ‘Jugoslavia’. Ricorderò sempre quei momenti con grande affetto“.

Prima del trionfo a Wimbledon nel 2001, Ivanisevic ricorda le tre finali perse, una con Agassi e due contro Sampras: “In questo periodo di quarantena ho rivisto alcune partite del passato. Nel 1992 partivo coi favori del pronostico, ma Agassi giocò un tennis eccezionale sbagliando poco o niente nei punti più importanti decisivi, mi mise in estrema difficoltà e finii per perdere. Due anni dopo contro Sampras non c’è stata molta storia, lui ha servito molto bene nei due tie-break e ha tenuto la concentrazione per tutta la partita. Nel 1998 ho giocato un’ottima finale contro Pete, ma sono arrivato un po’ scarico al quinto set, dominato da Sampras. I rimpianti più forti riguardano la finale di Wimbledon 1992 e la semifinale degli US Open 1996, in entrambe le occasioni mi sentivo molto bene fisicamente e mentalmente, pronto per vincere, ma trovai Agassi e Sampras nelle loro giornate migliori“.

Sampras in particolare è sempre stato l’avversario più difficile da incontrare per me su ogni superficie. Era un periodo di grandi campioni come Boris Becker, André Agassi, Pete Sampras,Stefan Edberg, ecc. La qualità espressa sul campo era di qualità molto elevata. Il tennis di allora inoltre era organizzato in modo molto diverso da adesso. Prima, solo Becker ad esempio viaggiava per il mondo con l’intero staff tecnico. Agassi ed Edberg erano due bravissimi ragazzi educati, professionali, esempi di comportamento per tutti i giovani. C’era molto rispetto negli spogliatoi e tra di noi atleti tutti avevamo un ottimo rapporto, qualcosa di completamente diverso da adesso dove i giocatori pensano molto alle proprie cose senza curare molto le relazioni con gli altri colleghi del circuito. C’erano anche personaggi più originali e folli di adesso complici i vari social network che hanno cambiato il carattere, la personalità di moltissime persone. Non so cosa sarebbe successo ai miei tempi se avessimo usato i canali informatici online attuali“.

Ivanisevic commenta la situazione odierna relativa allo stop forzato del tennis giocato: “Abbiamo ripreso gli allenamenti dopo due mesi fermi. Non abbiamo però ricevuto informazioni precise sulle date ufficiali di rientro sui campi, quanto tempo durerà ancora l’emergenza sanitaria, quali tornei si potranno disputare e se i tour maschili e femminili si possano unificare. Personalmente non avrei mai pensato che il mondo si potesse fermare a causa della diffusione di un virus. Siamo tutti molto curiosi di vedere come il tennis riprenderà la normalità quotidiana con le opportune modifiche legate alle procedure standard previste dai protocolli federali in merito al SARS CoV-2” conclude Ivanisevic.

Nicola Devoto

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