Caroline: ringrazia Camila. Se non l’hai già fatto.

No, non siete ubriachi. Giorgi ha contribuito all'ascesa di Wozniacki, attuale numero due del ranking. Come? Battendola (e con ieri sono tre).

Una volta sì, può essere un caso. Due no, ma per i detrattori potrebbe comunque rientrare nella sfera della buona sorte. Ma tre nemmeno per idea. Se un match finisce con lo stesso risultato per tre volte su sei allora la fortuna non c’entra nulla.

Dante Alighieri costruì l’edificio poetico della Divina Commedia, l’opera letteraria più importante di sempre, sul numero tre e i suoi multipli: scrisse tre cantiche, ciascuna composta di trentatré canti, i cui versi sono raggruppati in terzine. Tre fiere incontrò nell’infernale selva oscura, e tre donne vennero in soccorso al fiorentino nel Paradiso. Potrei continuare questa digressione sul numero tre quasi all’infinito, passando dai pitagorici fino ai cinesi ed approdando ipoteticamente al Cristianesimo, ma non è il caso di dilungarmi oltre.

Se non lo avete già capito, sto scrivendo tutto ciò perchè Camila Giorgi ieri mattina ha battuto Caroline Wozniacki per la terza volta in carriera. La danese per Camila non è un’avversaria qualsiasi: le due si sfidarono per la prima volta sull’Arthur Ashe di Flushing Meadows nel 2013, quando una Giorgi ventunenne batte colei che aveva già in sé il seme, instillato nell’anima razionale, che l’avrebbe fatta diventare una tra le più forti tenniste del mondo. Poi la maceratese vinse ancora l’anno dopo a New Haven, sempre sul cemento, lasciando sei game alla ragazza che pareva uscita da una favola di Andersen. E ancora ieri, quattro anni dopo, Caroline ha perso in tre set contro una delle avversarie che più ha inciso nella storia della sua carriera. E da questo tre, Camila può iniziare a costruire, come fece seicento anni or sono l’Alighieri nato e vissuto nella stessa città che ha adottato, oggi, anche la Giorgi. È una vittoria più importante delle altre non solo perchè è la prima contro una tennista stanziata ai primi due posti della classifica Wta, quanto piuttosto perché la sua avversaria, scrivevo sopra, nella sua carriera ha fatto di tutto perchè non perdesse più da Camila e da giocatrici come lei. Quando Wozniacki nel 2013 perse per la prima volta contro l’italiana, si prodigò per modificare il suo gioco: assunse tale Marta Domachowska come sparring partner, giocatrice più famosa per la sua presenza sulle riviste di gossip che per le sue doti tennistiche, anche se come highest ranking può vantare di un numero 37 che non è niente male.

domachowska

Il motivo per cui la bella polacca fu invitata ad entrare nel clan della danese, però, era un altro: Domachowska era una che giocava piatto e che tirava forte, anzi, fortissimo. Per usare un termine molto in voga in quest’ultimo periodo per motivi che se non sapete è meglio non li sappiate, tirava dall’altra parte le classiche “catenate”. Che, voglio dire, a volte non entravano, ma quando entravano erano pressoché imprendibili. E allora Caroline prese con sé Marta per evitare di perdere ancora contro le ragazze dotate dello stesso stile di gioco di Giorgi, perchè si era resa conto che pur essendo una giocatrice capace di difendere, aveva difficoltà nel rispondere alle palline di Keys, Garcia e di tutte coloro che giocavano (e giocano) quel tennis d’attacco totale. È servito.

Giorgi e Wozniacki si rispettano e stimano perchè sanno che per vincere quando sono una contro l’altra devono giocare contro un gioco che esalta il proprio, vicendevolmente. Il risultato è che i loro match siano sempre stati dei crocevia per la carriera di entrambe: dei test, delle verifiche da cui costruire o disfare, da cui ripartire o da cui imparare. Delle prove utili a fare uno switch mentale mai scontato in uno sport come l’amato nostro. Non è un caso (neanche questo)  che Camila, dopo aver perso contro Caroline ai quarti di finale di Eastbourne, sia arrivata ai quarti a Wimbledon (stessa superficie) due settimane dopo. E non venite a dirmi che in due settimane sia migliorata sull’erba o che sia solo perchè si è adattata alla superficie. Non ci crederei.

Poi si può parlare del fatto che Giorgi non sia più così radicata sul “fare il suo gioco”(nonostante lei continui ad affermarlo quasi in loop nelle interviste)  ma che si adatti a quello dell’avversaria, ma questa è un’altra storia di cui non serve scrivere ora. Dalla terza vittoria di ieri, l’azzurra può e deve continuare a costruire l’edificio tennistico già in cantiere ai tempi di Lugano, di Praga, di Londra, e che ora risulta essere quasi un palazzo fatto e finito. Sulla falsariga di quello che costruì il suo concittadino guelfo.

Post scriptum: oggi Camila ha centrato la semifinale a Tokyo (anche) grazie al ritorno di Azarenka. Guarda caso, è la terza della sua carriera in un Premier.

Post post scriptum: so che state morendo dalla voglia di sapere quali siano le cronache rosa che hanno come protagonista la Domachowska. Io vi posso solo scrivere che ai tempi in cui si allenava con Wozniacki era fidanzata con un top fifteen Atp e che scattò delle foto per una nota (notissima) rivista per uomini. Dai, aprite Google.

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