“I silenzi di Federer” di André Scala

Intorno al tennis aleggia da sempre un alone di mistero. È uno sport che costringe il nostro cervello a ragionare e allo stesso tempo sprona il nostro istinto. Ogni volta che colpiamo la palla che ha appena oltrepassato la rete, la nostra testa riflette e deve giungere ad una soluzione in pochi secondi. Ma, spesso, se mentre colpiamo la palla siamo troppo concentrati su cosa fare o se siamo troppo preoccupati di vedere la posizione del nostro avversario sul campo, inevitabilmente 99 volte su 100 la nostra palla non andrà oltre la rete.

Detto questo, una domanda è d’obbligo: Qual è la vera essenza del tennis?

Ha cercato di occuparsene il filosofo francese André Scala (1950), ex docente presso le Università di Valenciennes e Lille III. Attualmente insegna al Lycée des Iscles a Manosque ed è considerato uno dei maggiori studiosi di Spinoza, Berkeley e Pieter de Hooch, sui quali ha pubblicato numerosi saggi. È stato anche co-sceneggiatore del film Les Derniers Jours d’Emmanuel Kant di Philippe Colin nel 1992.

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Ne I silenzi di Federer, Scala ha voluto mostrare al lettore l’ammirabile presenza poetica di un grande campione, Roger Federer e più in generale ha cercato di spiegare quale sia la vera essenza del tennis che secondo David Foster Wallace, scrittore statunitense scomparso il 12 settembre del 2008, è lo sport che più di ogni altro rivela “la vera bellezza metafisica”.

Ripercorriamo ora alcuni punti focali di questa breve ma irrinunciabile lettura.

“Lo sport vuole essere una storia senza scrittura, una scrittura senza parole, una scrittura di gesti”

Nello sport, in qualsiasi sport, i campioni vanno e vengono. Puoi essere il più grande giocatore di tennis di tutti i tempi, verrai sicuramente ricordato come uno dei migliori, ma, inevitabilmente, proprio come si susseguono le stagioni, il nuovo sostituirà il vecchio. Ci sarà un campione nuovo, diverso, con pregi e difetti che potremo paragonare ad altri. Ma come l’estate dura quanto un battito di ciglio, il campione sportivo si troverà all’apice della sua carriera e verrà poi inevitabilmente “sorpassato”. Non dimenticato, sorpassato.

André Scala pone il lettore davanti ad alcuni grandi interrogativi. “Quando un giorno Roger Federer non giocherà più a tennis, assisteremo a commemorazioni e targhe celebrative dei suoi successi, ma ripetere il suo nome, come quello dei predecessori, Rod Laver o Pete Sampras, basterà a scongiurare questa forma monumentale di oblio? Sulla base di quali sentimenti sarà celebrato? Come si giocherà a tennis quando lui non giocherà più? “

Pete Sampras è stato un esempio per Roger Federer in quella che potremmo definire la “danza tennistica” che contraddistingue entrambi i giocatori.

Roger Federer of Switzerland and Pete Sampras of the U.S. hold hands after their invitational exhibition tennis match in Seoul

Federer, come Sampras, è elegante e leggiadro sul campo come fosse alle prese con una coreografia di danza classica che va in scena su un campo da tennis piuttosto che in una sala da ballo.

Come osserva il filosofo francese, entrambi non hanno cambiato nulla nel tennis, nessuno dei due ha inventato un colpo o un modo inedito di giocare, a differenza di McEnroe o di Borg. Entrambi hanno semplicemente portato le qualità dei loro predecessori, quali la potenza di Becker e la velocità di Edberg, ad un altro livello. Il gioco di Federer risulta sempre una “variazione continua”.

Cerca di evitare che l’avversario intuisca un suo colpo, di alternare velocità e lentezza, effetti impressi alla palla e di cambiare direzione. Per questo, tutti i suoi avversari notano la stessa identica cosa: “ciò che Federer cerca di fare è sbilanciarti, occupa lo spazio in maniera sorprendente sul campo e soprattutto ti obbliga a riflettere quando non occorre proprio perché sembra avere in un ogni momento più soluzioni.”

Quando la grazia di Roger Federer è in campo, resta ben poco da fare ai suoi avversari se non sperare che passi velocemente il cosiddetto “Federer moment”.

È doveroso menzionare le significative parole del filosofo in merito a come il tennis abbia cominciato a parlare e a far sentire la sua voce.

Esistono sport, ed il tennis è fra questi, in cui un tempo tutto taceva. È uno sport silenzioso che ha dovuto diventare televisivo. Per diventare televisivo aveva bisogno di parole, tanto che oggi sui tennisti viene esercitata “una costrizione affinché essi producano un linguaggio, dei codici, e diventino, commentatori dei propri gesti. Sono così apparsi linguaggio del corpo, auto esortazioni, gemiti, scambi furtivi con il coach, il “clan”, la famiglia e obbligo delle conferenze stampa” .

Nel diventare televisivo, sembra che il tennis non si possa giocare senza telecamere a caccia di esteriorità ed espressioni. Esse cercano di immortalare “cose” di cui parlare, ma non bisogna dimenticare che  lo sport è fatto di gesti. Un campione deve essere espressione del talento, non di dichiarazioni dentro e fuori dal campo.

Roger Federer libera dalle lezioni impartite dal tennis “televisivo”. Per prima cosa insegna che sul campo un giocatore deve sbrigarsela da solo, senza l’ausilio di nessun coach.

“Se non ha un coach, ha sicuramente un demone afferma Scala. “Sembra posseduto da una preoccupazione cosmica e dà costantemente l’impressione di guardare oltre le tribune, di avere lo sguardo perso nel vuoto, di non vedere niente , di pensare senza curarsi del match e di non pensare minimante al dritto o rovescio appena sbagliato o riuscito”.

Il suo atteggiamento è classico sul campo, non fa smorfie, non urla e non si incita mai, salvo a volte in modo sordo, gutturale e forzato, gridando “Come on”. Tutto questo esaspera alcuni commentatori che preferirebbero avere reazioni da giudicare e di cui discutere durante le sue partite.

Per finire, tornando alla questione iniziale, cioè la domanda su quale sia realmente l’essenza del tennis,il filosofo arriva a formulare una sua risposta:

“Secondo Federer, il tennis impone un modo di essere giocato che esclude il rovescio a due mani, in quanto esiste una sorta di morale del rovescio a una mano di cui accetta le sfide che lo obbligano a varietà e lui stesso dice: senza variare, sono morto. È la varietà l’essenza del tennis: non si può stabilire una regola generale sul modo di tenere la racchetta, né sulla postura appropriata per tirar su la palla…se ci si sforza di imitare gli altri, si perde la propria forza”  perciò il miglior giocatore non è quello che inventa un colpo o una maniera di giocare alla quale gli altri non hanno ancora trovato risposta, ma è colui che gioca a tennis nel modo in cui deve essere giocato. (Rod Laver)”

Fonte: I silenzi di Federer, André Scala, Obarreo edizioni, finito di stampare nell’agosto 2012 presso Digital Team, Fano (PU), traduzione di Alessandro Giarda.

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