Fabio Fognini. La top ten passa dal cemento

Il tennista ligure chiamato a confermare anche sul duro i grandi risultati ottenuto sulla terra rossa. Di Peppe Arnone

di Peppe Arnone
Che Fabio Fognini fosse un predestinato si era capito già dalle sue prime apparizioni nel circuito. Troppo talento, arriverà. Ma alla facilità con cui gioca a tennis si era sempre contrapposta una certa fragilità nel modo di stare in campo, nel gestire i momenti di difficoltà. Così Fabio per anni ha alternato poche luci a molte ombre, causando l’esasperazione dei molti appassionati italiani, alla ricerca di un campione vero, in uno sport molto avaro di soddisfazioni per i colori italiani, quanto meno in ambito maschile, quanto meno negli ultimi 30 anni.
Ma qualcosa, adesso, è cambiato. Dopo alcuni anni in cui Fabio ha vivacchiato a stento tra i primi 50 del ranking, è arrivata la svolta, la maturità, nel 2013 grazie soprattutto al coach Josè Perlas che lavora sul tennista ligure sull’aspetto tecnico ma non solo. E i frutti arrivano, Fabio capisce che un differente modo di stare in campo è possibile. Il suo tennis migliora soprattutto per costanza di rendimento, sia all’interno di una partita che in un torneo. E così a Montecarlo dopo quasi 20 anni abbiamo un azzurro in semifinale. L’estate 2013 è il momento della perentoria consacrazione. Fabio non perde più un match (o quasi) sul rosso, ottiene i suoi primi titoli ed entra nei primi 20 al mondo, poi nei primi 15.
Cosa manca a Fabio per sfondare, far gioco pari con tutti e riuscire a entrare come i suoi tifosi sperano, tra i primi 10 del mondo? Semplice, una costanza di rendimento anche rispetto alle superfici. Ad oggi tutti i risultati di prestigio sono stati ottenuti sulla terra rossa, ma come lamenta anche il grande Rafa, su questa superficie si gioca poco, quasi tutti i talenti impostano il loro gioco per far bene sul cemento, e le caratteristiche stesse di evoluzione del gioco portano ad eleggere il cemento o comunque il duro, tendenzialmente veloce, quale superficie regina.
Il nostro giocatore rende di più sulla superficie più lenta da un lato perché non ha un servizio all’altezza dei top ten, essendo questo il colpo più importante sul cemento, e dall’altro perché ha una grandissima capacità di giocare bene i game in risposta. Insomma il suo tennis dipende non tanto dal suo servizio ma dalla sua condizione globale, per questo vediamo non di rado Fabio vincere (o perdere) 5 o 6 game di fila.
Imbattibile nelle attitudini difensive (certo, esaltate sulla terra), capace di un tennis di spinta e di sostenere lo scambio con tutti, Fabio ci ha abituato a dominare sul rosso con due o più break per set, cosa improponibile sul cemento, quanto meno nei grandi numeri, per cui diventa indispensabile contare, anche psicologicamente, su un buon servizio. I segnali al riguardo ci sono. Oggi Fabio ottiene molto di più dal colpo di inizio gioco rispetto a un paio di anni fa, e il suo miglioramento generale lo sta portando a livelli interessanti anche sulle superfici dure. Prova ne sia anche il recente ottavo di finale all’Australian Open, dove ha ceduto a Djokovic.
Certo non farà mai 25 ace a partita, ma quel che conta sarà avere un servizio che gli dia un vantaggio nella gestione dello scambio.
Dopo l’ottimo inizio di stagione, è tempo quindi dei primi grandi esami per Fogna, atteso dalla sfida americana. L’inizio la notte scorsa non è stato dei più incoraggianti. Ha sì battuto Ryan Harrison, promessa (?) statunitense ventunenne a ridosso dei primi 100 del mondo, ma ha pagato dazio, come gli è accaduto in altre occasioni in partite che pure è riuscito a vincere, ad un prolungato black-out che lo ha portato da 5-2 a 5-7 nel primo set. E’ chiaro che contro giocatori di maggiore spessore Fabio non potrà permettersi di regalare niente. E allora la partita di domani contro il francese Gael Monfils diventa un test interessantissimo: partita difficile, nella quale Fabio scende in campo probabilmente non da favorito, ma sicuramente alla sua portata se sfodera il suo miglior tennis. Il francese insomma è un avversario ostico ma non certo imbattibile. Se riesce ad accumulare un po’ di punti tra Indian Wells e Miami, non solo potrà realmente avvicinarsi alla famigerata top ten, ma potrà anche approcciare con meno stress la primavera europea sul tappeto rosso, nella quale l’attendono al varco diverse cambiali. Ma questo è il destino dei grandi giocatori.

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