I magnifici otto: Roger Federer

Il ritratto di oggi è dedicato a Roger Federer. Il campionissimo svizzero proverà a conquistare il suo settimo titolo a Londra, per chiudere con il botto una stagione che ha segnato la sua rinascita.

di Lorenza Paolucci

Tra gli otto partecipanti al Master di Londra, non poteva mancare Roger Federer, il fuoriclasse che ha segnato un’epoca del tennis mondiale.
Roger in questa stagione è tornato alla ribalta, dopo un 2013 deludente e preoccupante, in cui sembrava stesse imboccando la via del tramondo. Il tennis però non può fare a meno di lui e lui del tennis, così lo svizzero si è rimboccato le maniche ed ha preso in mano un gioco diventato lento e prevedibile, disinnescabile per i più deboli, nonchè innocuo per i primi della classe. Il Federer ammirato quest’anno è tutto nuovo: non si intestardisce più negli scambi da fondo, dove la fisiologica lentezza negli spostamenti, lo ha reso meno letale ma scende spesso a rete per chiudere il punto. La classe, poi, quella unica e cristallina, che solo al suo braccio appartiene, ha fatto tutto il resto, fino a riportarlo ad essere il n.2 del mondo. Avrebbe voluto re Roger riconquistare anche il primato mondiale ma la vittoria di Djokovic a Parigi Bercy, rende la situazione estremamente difficile. In ogni caso una vittoria a Londra rappresenterebbe la ciliegina sulla torta di una grande stagione, quella della rinascita, con le vittorie di Dubai, Halle, Cincinnati, Shanghai e Basilea. Non solo, sconfitte come quelle inferte a Djokovic e Murray su tutti, sciolgono ogni dubbio sul ritorno dello svizzero ai massimi livelli. Ciò che invece è mancato in questo 2014, e che manca da due anni, è  un titolo Slam. Roger ha provato a portarlo a casa, ovviamente a Wimbledon, nel suo parcogiochi preferito e solo un Djokovic perfetto è riuscito a rovinargli la festa. Nei match al meglio dei cinque il Divino fatica a mantenere lucidità e freschezza fisica  ma se riuscisse ad accorciare l’incontro, il diciottesimo major potrebbe ancora arrivare.
Intanto con la vittoria a Basilea ha conquistato l’ottantaduesimo titolo ATP, numeri di una carriera straordinaria, iniziata da lontano, a Milano, dove l’allora ventenne Federer alzava al cielo il suo primo trofeo.
A giocare con la palla però ha iniziato a Munchenstein, cittadina vicina a Binningen, il cantone di Basilea dove è nato, da padre elvetico e madre sudafricana.  Il piccolo Roger era un ragazzino ribelle ed introverso, poco amante dei libri e tanto di sport e videogames. Il suo idolo di allora era Michael Jordan e le giornate le passava rincorrendo un pallone che portava sempre con sè. Il tennis però non è stato il suo primo amore, “Rogerino” si dilettava in numerose discipline sportive, calcio compreso. Ad avvicinarlo a quello che poi divenne il suo lavoro, fu la necessità di stemperare un carattere perfettino, un ego troppo importante: gli sport di squadra non facevano per lui, Roger voleva che tutto dipendesse esclusivamente da se stesso. Così capi’ che rincorrere una pallina gialla, sarebbe diventato più che un semplice hobby ma mai pensava lo avrebbe portato così in alto:
Ho sempre saputo di avere talento, però non ho mai pensato che avrei ottenuto tutto questo“. E’ proprio quel talento che lui diceva di sentire nelle mani, lo rendeva un reietto al quale non piaceva allenarsi, perchè conscio di essere già un passo avanti ai rivali. Pare che questa “presunzione” non l’abbia persa nemmeno da adulto: allo svizzero si è sempre imputata una certa pigrizia tattica, senza la quale avrebbe probabilmente vinto ancora di più ma lui preferisce aggrapparsi ad i suoi colpi fuori dallo scibile umano e lasciare la noiosa teoria tennistica ad i comuni mortali.

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Gli inizi di carriera del fuoriclasse elvetico, però, non furono tutte rose e fiori: Roger si comportava estremamente  male era sgorbutico e maleducato, tanto da essere espulso dalla scuola della Federazione Svizzera.
Fin quando, un giorno, un curioso episodio lo fece arrossire di vergogna e lo mise di fronte alla visibilità che il suo lavoro gli imponeva :  “Fu a Roma nel 2001. Giocavo contro Safin e nelle partite con Marat facevamo a gara a chi si comportava peggio. Alla fine del secondo set, mostrarono nel maxischermo dello stadio le nostre intemperanze e mentre lo guardavo mi sono davvero vergognato e mi sono detto ‘non si può andare avanti in questo modo”.  Da allora Roger si rese conto della responsabilità che gravava sulle spalle, una responsabilità che ben andava oltre le vittorie in campo: “sono educato e rispettoso e cerco di essere d’esempio per i giovani“, questo spiegava tempo fa in un ‘intervista.

Decisivo per la sua maturità personale, fu anche l’incontro  con la ragazza che poi diventerà sua moglie e che lo renderà padre di quattro gemellini, la tennista cecoslovacca Mirka Vavrinec.
I due si conobbero alle olimpiadi di Sydney nel 2000 e si sposarono nel 2009, rappresentando una delle coppie più solide e discrete del mondo del tennis.
Ed è così che quel giovane, ribelle ed intemperante, diventa per tutti Roger Federer e comincia a riscrivere la storia del tennis, quell’arte di cui in tanti dicono lui rappresenti l’essenza più pura.
Federer si farà strada nell’epoca  dei “picchiatori”, dove il suo gioco di fioretto diventerà una rarità non lontana dall’estinzione, dato i 33 anni dello svizzero.

Ad oggi però “Rogerone” c’è eccome, a Londra, anche se sul cemento indoor dell’ O2 Arena e non sull’erba dell’All England, è posto dove si sente a casa. Al Master di fine anno ha spesso dato il meglio di sè, nel 2011, anno della sua ultima vittoria, inflisse persino un sonora sconfitta al suo rivale di sempre, Rafa Nadal, l’avversario che più di tutti ha sempre sofferto.
Quest’anno il mallorchino è fuori dai giochi per infortunio, un motivo in più per provare a scrivere  per la settima volta il suo nome nell’albo d’oro delle ATP finals. Non sarà cosa semplice però, perché l’elvetico è chiuso in un girone di ferro, con Murray, Ranoic e Nishikori.

Forza Roger, dimostra di essere ancora il n.1

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