Ivan Lendl, il terribile pioniere dell’Est

A parlare dei tennisti del passato spesso ci si perde in sentiti revival dei loro successi, su quanto abbiano vinto e su tutto ciò che girava loro intorno, dalla A alla Z.

Ivan Lendl, per quanto sia un elemento imprescindibile per il grande albo che è la storia del tennis, si è sempre portato dentro un po’ di mistero, con il suo volto sempre serio e la sua maniacale attenzione ad ogni minima sfaccettatura su allenamento e programmazione.

Già di per sé, rimane un’impresa incredibile riuscire ad affacciarsi sul panorama tennistico mondiale e prendersi una posizione di rilievo quando ad aspettarti al varco ci sono giocatori del calibro di John McEnroe, Jimmy Connors e Bjorn Borg e di mantenersi abile ed arruolabile, oltre che vincente, quando ad emergere sono tennisti come Stefan Edberg, Boris Becker ed altri ancora.

Lendl il campione, dunque, anche se molti hanno pensato che per quanto si sia preso con la forza tutti i suoi successi, scolpendo ogni suo minimo aspetto per avvicinarsi al talento dei grandi, il suo passaggio fosse qualcosa di anomalo, come se si fosse insinuato nell’ordine costituito fino a cozzare con i parametri del successo veri e propri dell’epoca.

Eppure il suo dritto al tritolo e la sua capacità di rivoluzionare il gioco da fondo campo, in un periodo di svolta assoluto sia per gli attrezzi del mestiere che per lo stile di gioco che piano piano andava mutandosi, hanno siglato importanti successi e gli hanno regalato un’immortalità sportiva da fare invidia a tanti altri colleghi illustri: 270 settimane da N.1 del mondo, primato che ottenne quando ancora non aveva vinto neanche un torneo Slam e perdendo le sue prime quattro finali, 7 vittorie Slam e 3 Masters Cup tra i 94 tornei vinti in carriera, con l’unico neo, insostenibile per lui come lo sarebbe per tantissimi altri, la mancanza nel suo palmarés del titolo a Wimbledon nonostante le due finali consecutive perse rispettivamente da Boris Becker nel 1986 e da Pat Cash nel 1987, titolo che ha conquistato solo da allenatore con il suo assistito Andy Murray nel 2013.

Ivan Lendl

Se è vero che non si possono rivivere carriere così leggendarie attraverso dati e statistiche, è anche vero che con un’adeguata immedesimazione nel periodo storico e negli aspetti umani oltre che tecnici è senz’altro possibile capire ciò che ha rappresentato Ivan “Il Terribile” in un tennis in totale evoluzione: la cultura del lavoro e del sacrificio, l’ossessione del successo e una nuova, costante sfida contro se stessi ed il destino.

Tale filosofia, così come la sopracitata natura di Lendl, hanno lasciato ben più di qualche bel ricordo per il tennis odierno, ma hanno bensì dato una nuova impronta a tutto il sistema, permettendo a tutti o quasi di coltivare speranze di successo nonostante le insistenti voci di inadeguatezza o magari di impossibilità a causa di una concorrenza decisamente sopra le proprie possibilità.

Magari non sarà considerato come una delle tante divinità del tennis, però Ivan Lendl resta un punto esclamativo fondamentale, un’entità estranea che si è comunque presa il suo posto nella storia restando sempre un esempio per chi il tennis lo ha vissuto e lo vivrà da ultimo arrivato, perché per conoscere il tennis e saperlo interpretare è necessario apprezzare ogni singola pagina della sua storia, per la sua valenza e per come ha saputo preservare, ma anche migliorare, qualcosa che è sempre sembrato perfetto, e magari lo sembrerà per sempre. Tutto questo anche grazie a lui. Auguri Ivan.

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