Una battaglia epica, un finale amaro
Cinque ore e 26 minuti. Il Roland Garros ha vissuto la sua finale maschile più lunga di sempre, una partita destinata a entrare nella storia non solo per l’intensità tecnica, ma per la carica emotiva che ha lasciato sul volto, e nelle parole, di Jannik Sinner. Battuto da Carlos Alcaraz al termine di una maratona che ha tenuto incollati gli appassionati di tennis di tutto il mondo, l’azzurro ha lasciato il campo con la testa alta e il cuore spezzato.
Sento grande amarezza. Fa male, fa malissimo, non ho sfruttato tante chance, ha dichiarato con lucidità il numero uno del mondo, visibilmente provato in conferenza stampa. Un match che sembrava nelle sue mani più di una volta, e che invece gli è scivolato via proprio sul più bello.
Le occasioni mancate
La frustrazione di Sinner non nasce da una prestazione deludente, ma dall’aver assaporato il trionfo senza riuscire a completarlo. “Ho avuto tre match point, ho servito per il match, ero avanti di un break nel terzo e nel quarto. Anche sul 6-5 nel quinto avevo delle possibilità. Occasioni ne ho avute tante, non sono riuscito a chiudere, e basta”, ha raccontato. È l’amarezza di chi sa di aver fatto tutto il possibile, ma anche di chi è consapevole che il tennis, a volte, sa essere spietato.
Ripercorrendo i momenti chiave della sfida, Sinner ha sottolineato come ogni dettaglio avrebbe potuto cambiare l’inerzia dell’incontro: “Sul 15-30 nel quinto, ho giocato male un dritto. Se fossi andato 2-0 nel terzo, forse la partita poteva girare. Ma ora è inutile pensarci, non si può tornare indietro”.
Orgoglio e consapevolezza
Nonostante la delusione, Sinner è apparso maturo e grato per il percorso compiuto. “Mesi fa avrei firmato per essere qui. Ho raggiunto la mia terza finale Slam dopo gli US Open e l’Australian Open, e qui a Parigi mi sono sentito in crescita ogni giorno”. Il livello di gioco espresso da entrambi i protagonisti è stato altissimo, e Jannik lo riconosce anche all’avversario: “Alcaraz è stato bravissimo. È il miglior giocatore sulla terra in questo momento. Non gli ho regalato nulla, è stata una battaglia vera”.
Con grande lucidità, Sinner ha anche evidenziato la differenza con altri match epici del suo passato, come la semifinale del 2023 sempre contro lo spagnolo o il quarto di finale di Wimbledon 2022 contro Djokovic: “Allora, quando Novak alzò il livello, non avevo chance. Oggi invece le occasioni le ho avute. È una partita diversa. Il mio livello è cresciuto”.
Il futuro, dopo il dolore
Nel momento più difficile, Jannik trova rifugio nelle sue radici. “Voglio staccare un po’. Tornerò a casa, starò con la mia famiglia. Siamo persone semplici, loro mi aiuteranno a rialzarmi”. Sua madre era sugli spalti a sostenerlo, il padre invece era rimasto a casa per lavoro: un dettaglio che racconta molto dell’equilibrio tra normalità e grandezza che definisce la sua figura.
Nonostante la ferita ancora aperta, lo sguardo è già rivolto al futuro: “Tra qualche giorno inizieremo a pensare ad Halle, dove cercherò di preparare Wimbledon. Ma adesso ho solo bisogno di tempo. Perdere così fa troppo male”.
Sinner lascia Parigi senza il trofeo, ma con la consapevolezza di far parte di una nuova era del tennis mondiale. “Anche noi stiamo producendo tennis spettacolare, è bello per lo sport. Sono felice di essere parte di tutto questo”. E anche se la coppa non è sua, l’orgoglio, quello sì, è più che meritato.