L’ex tennista americana Pam Shriver shock: “A 17 anni avevo una relazione con il mio coach 50enne”

Ponendosi come esempio, Shriver tratta l'importanza degli educatori, prima ancora dei coach, da affiancare ai giovani atleti, nella commovente intervista con il Telegraph.

Pam comincia il suo racconto ricordando il primo incontro con Don Candy: lei aveva 9 anni e sua madre le regalò una lezione con il coach australiano, che all’epoca aveva 42 anni ed era sposato.

“Ricordo che Don era molto divertente, a volte esilarante, con quel tipico senso dell’umorismo australiano. Mi sono divertita molto e anche se non sono tornata lì ad allenarmi per un paio d’anni. Abbiamo iniziato a lavorare insieme quando avevo 11 o 12 anni. Così è iniziato un viaggio decennale che avrebbe plasmato la mia vita sotto tanti punti di vista“.

La statunitense poi salta al momento nel quale è diventata professionista e ha quindi iniziato a giocare nel circuito maggiore: nel 1978, al suo primo anno nel tour, Pam batté Martina Navratilova nella semifinale degli US Open, perdendo solamente in finale contro Chris Evert.

In quel momento Candy era l’unico coach ed accompagnatore di Pam. E tutti i momenti passati insieme stavano facendo crescere dei forti e confusi sentimenti da parte della tennista di Baltimora verso il suo mentore.

L’anno successivo ha presentato molte difficoltà alla giovane tennista, che ricorda: “Nel bel mezzo del mio periodo negativo, Don e io ci siamo trovati seduti in un auto-noleggio, vicino a Minneapolis. Avevo appena perso l’ennesima partita al primo turno e Don mi stava parlando di cose che avrei potuto fare diversamente, insomma la solita classica conversazione allenatore-giocatore. Ad un certo punto, però, cominciai a singhiozzare. Ricordo di aver detto molto chiaramente: “Sta succedendo qualcosa”. Lui disse “Cosa?” e io dissi: “Mi sto innamorando di te”. Avevo 17 anni e lui 50.”

Shriver racconta di come i rapporti sessuali siano iniziati quando lei era ventenne: “In realtà non abbiamo avuto rapporti sessuali fino all’età di 20 anni, due anni e mezzo dopo la nostra conversazione nell’auto-noleggio di Minneapolis. Ma abbiamo condiviso le camere. Abbiamo fatto praticamente tutto il resto che fanno due persone che sono attratte l’una dall’altra. Don non ha mai abusato di me sessualmente, ma direi che c’è stato un abuso emotivoHo provato così tante emozioni orrende e mi sono sentita così sola”.

Un’esperienza emotiva che ha contraddistinto in negativo molti anni della sua carriera e non solo: oltre alle sofferenze sul campo infatti, l’americana fu segnata anche a livello relazionale. Un abuso psicologico che non ha permesso a Pamela di esprimersi al meglio nel “campo” dell’amore per tutto il resto della sua vita.

Non è un caso che il miglior periodo della sua carriera sia arrivato dopo la fine della relazione e con il cambio di coach, che l’ha vista raggiungere il terzo posto nel ranking singolare e il primo in doppio.

L’ex numero uno al mondo di doppio si è quindi soffermata sull’importanza del formare le figure professionali che gravitano attorno ai giovani tennisti come coach, fisioterapisti, personal trainer. Oltre a ciò bisognerà fornire ai giovani tennisti stessi un supporto psicologico, fin da molto giovani, in maniera tale da essere pronti ad affrontare una carriera da sportivo professionista.

Per Pam, c’è un grande nemico da combattere: “Il nostro primo e più grande ostacolo è la cultura del silenzio. Se vogliamo proteggere gli atleti di domani, più persone devono parlare delle loro storie. Stiamo parlando di insidie che colpiscono molte, molte persone. L’intera questione deve uscire, permettendo l’eliminazione dei luoghi oscuri dello sport”.

Personalmente, sento di voler ringraziare di cuore Pamela Shriver, per aver raccontato questa sua traumatica esperienza che servirà senza dubbio a tanti ragazzini e ragazzine di tutto il mondo sportivo, per affrontare in modo sano la propria carriera e, soprattutto, la propria vita.

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