Quando l’underdog sorprende il campione: gli upset più clamorosi del tennis al maschile e l’analogia con Rocky Balboa

[tps_title]Quando l’underdog sorprende il campione: gli upset più clamorosi del tennis al maschile e l’analogia con Rocky Balboa[/tps_title]

Forse non tutti lo sanno, ma la trama del primo film di Rocky Balboa, vincitore di tre premi Oscar e che ha dato poi vita ad una delle saghe più famose della storia del cinema, è ispirata ad una storia vera. E’ il Marzo del 1975 quando l’attore poco più che dilettante Sylvester Stallone, 29 anni, con soli 109 dollari rimasti sul conto in banca, e le idee sul futuro abbastanza confuse, decide di spendere parte dei pochi soldi rimastigli per andare ad assistere ad un incontro di pugilato: al Richfield Coliseum di Richfield, Ohio, si tiene il match, valido per il titolo mondiale dei pesi massimi, fra la leggenda Muhammad Ali ed il 35enne semisconosciuto pugile Chuck Wepner. Wepner è nettamente sfavorito, è considerato più un club fighter che un pugile professionista, ed ha la fama di attaccabrighe, causa il suo utilizzare diversi trucchetti sleali o al limite del regolamento quando è sul ring.

Muhammad Ali e Chuck Wepner durante l'incontro del 1975 che di fatto, ha dato vita al personaggio di Rocky Balboa
Muhammad Ali e Chuck Wepner durante l’incontro del 1975 che di fatto, ha dato vita al personaggio di Rocky Balboa

Nessuno punterebbe un dollaro su di lui, anzi ci si chiede quante riprese riuscirà a resistere prima di andare al tappeto sotto i pugni di uno dei pugili più forti della storia. Eppure, con lo stupore di tutti, Wepner riesce a resistere strenuamente ad Ali per 15 riprese (andrà K.O. all’ultima), mettendo addirittura al tappeto il campione alla ripresa n. 9 e mandando in visibilio il pubblico. Quell’omone dall’aspetto di certo non avvenente e dalla tecnica a volte goffa, si è giocato al meglio l’occasione più importante della sua vita, dando tutto sul ring senza risparmiarsi. Lui stesso a fine match dichiarerà che la sera prima, mentre era con la moglie, le aveva confidato: “Posso anche non vincere, ma su quel ring devo dimostrare di valere qualcosa”. In quel momento, quella sera del 1975, il personaggio di Rocky era nato. Stallone, ispirato come non mai, torna a casa dopo il match e scrive, quasi d’un fiato, la trama del film che gli cambierà la vita, e che ha come personaggio principale un pugile dilettante italo-americano, Rocky Balboa, il cui carattere riflette quello di Stallone, a cui viene offerta la chance della vita: quella di combattere contro il campione dei pesi massimi Apollo Creed; il match riflette quello fra Ali e Wepner, con lo sfidante che tiene testa al campione per tutti e 15 i round, riuscendo anche a mandarlo K.O. alla terza ripresa, e perdendo solo ai punti. Il resto, come sappiamo, è storia.

Rocky Balboa (Sylvester Stallone) e Apollo Creed (Carl Weathers) in una scena del primo film di Rocky, film del 1976 vincitore di tre premi Oscar

Ma se nella finzione, Rocky riuscirà successivamente a sconfiggere Creed, vincere il titolo più volte, e conquistare fama, successo, soldi e l’amore incondizionato del pubblico (così come il padre del personaggio, Stallone appunto), nella realtà Chuck Wepner non ripeterà più la prestazione offerta contro Ali, rimarrà un pugile mediocre ed il suo nome rimarrà legato solo a quell’incontro incredibile.

Perchè questa lunga prefazione? Veniamo al tennis. Non è poi tanto raro assistere a degli incontri di tennis in cui un giocatore quasi sconosciuto e con una classifica bassa, riesca a produrre un upset (letteralmente un dispiacere), sconfiggendo a sorpresa e contro ogni pronostico un campionissimo, per cui l’incontro avrebbe dovuto rappresentare poco più che un match di allenamento, o come dicono gli americani, “a normal day at the office”. E ovviamente, l’upset diventa ancora più clamoroso se questo avviene in un palcoscenico prestigioso come un torneo del Grande Slam.

Roger Federer quasi disperato dopo una sconfitta inattesa

Di upset ne abbiamo visti tanti, ma vogliamo concentrarci oggi su quelli prodotti non da  tennisti all’epoca poco conosciuti e poi destinati alla gloria, ma da quelli prodotti dai Chuck Wepner del tennis: ossia da quei tennisti che non riusciranno mai più a ripetersi, il cui nome sarà legato per sempre solo ad un incontro in particolare, durante il quale però hanno vissuto, una volta sola nella carriera, la giornata perfetta, fornito la prestazione della vita, forse anche al di sopra delle proprie possibilità, proprio come Wepner contro Ali, proprio come Rocky contro Apollo nel primo film della saga.

Abbiamo scelto i 5 match che secondo noi di più si adattano a questa dinamica, e abbiamo scelto di non classificarli, ma solo di elencarli in ordine cronologico dal meno recente al più recente. Potete continuare a leggere magari ascoltando “The eye of the tiger” come sottofondo, sperando che vi piacciano. Se avete suggerimenti su altri match che non abbiamo elencato, fatecelo sapere nei commenti. Così come, se volete altri retroscena sulla saga di Rocky, non esitate a scrivermi in privato, sono un grande appassionato! 😉


[tps_title]Doohan b. Becker 7-6 4-6 6-2 6-4, Wimbledon 1987, secondo turno[/tps_title]

 Wimbledon, anno 1987. Boris Becker, 19 anni, solo due anni prima ha sorpreso il mondo vincendo lo Slam londinese da 17enne, ripetendosi poi l’anno successivo. Il giovane tedesco, dopo 16 vittorie consecutive sui campi di Church Road, affronta, da n.1 del seeding, l’australiano Peter Doohan, in un incontro di secondo turno il cui esito è dato per scontato da tutti. Doohan è uno specialista dell’erba, ma non è un tennista all’altezza del giovane “bum bum”, nel fiore della sua freschezza fisica e considerato uno fra i migliori tennisti del mondo. Solo due settimane prima al torneo del Queen’s, Becker aveva battuto Doohan in 2 set senza problemi.

Eppure, l’australiano questa volta ribatte colpo su colpo, soprendendo letteralmente Becker e tenendogli testa per quattro set, alla fine dei quali uscirà vincitore fra lo stupore ed il delirio del pubblico. Lo stesso Becker, incredulo, ammette a fine match di essere un giocatore migliore di Doohan, ma che è stato sorpreso dal suo avversario, che sembrava riuscire ad indovinare ogni colpo.

Peter Doohan è stato più un valido doppista (finalista agli Australian Open 2017) piuttosto che eccellere in singolare, in cui vanta come best ranking il numero 43 del mondo raggiunto nel 1987 appunto, oltre a 5 titoli ATP, tutti vinti in tornei nel suo Paese. Si è spento nel 2017 all’età di 56 anni.

[tps_title]Bastl b. Sampras 6-3, 6-2, 4-6, 3-6, 6-4, Wimbledon 2002, secondo turno[/tps_title]

Questo è forse l’upset più clamoroso di tutti i 5 elencati. Per Pete Sampras i campi di Wimbledon hanno significato tante gioie, con ben sette titoli vinti, e anche alcune delusioni. Ma se le sconfitte patite da Pistol Pete sull’erba londinese contro Krajicek nel 1996 e contro Federer nel 2001 non possono essere considerate dei veri e propri upset, quella arrivata al secondo turno del 2002 ad opera dello svizzero George Bastl, all’epoca n. 145 del mondo ed entrato in tabellone come lucky loser, è stata una vera doccia fredda. Dopo i primi due set persi nettamente, Sampras sembrava aver recuperato lucidità vincendo il terzo ed il quarto, ma ha poi dovuto soccombere nel quinto, al termine di un match in cui l’americano ha realizzato 8 ace e ben 10 doppi falli.

Eloquente l’immagine a fine match dopo la stretta di mano, con Sampras che anzichè raccogliere velocemente la sua roba e lasciare il campo, rimane seduto per alcuni minuti sulla sua panchina, roteando la racchetta e cercando di capire cosa diavolo fosse successo quel giorno.

Per la cronaca, George Bastl non ha vinto nessun titolo ATP in carriera, ed ha come best ranking la posizione n. 71 raggiunta nel 2000.

[tps_title]Rosol b. Nadal 6-7 (9-11) 6-4 6-4 2-6 6-4, Wimbledon 2012, secondo turno[/tps_title]

Ancora Wimbledon, ancora secondo turno, anno 2012. A 10 anni da quella sconfitta clamorosa di Sampras contro Bastl, Rafa Nadal, vincitore a Londra due volte, si presenta all’appuntamento in gran forma, dopo aver messo il sigillo sul suo settimo Roland Garros. Il maiorchino affronta il ceco Lukas Rosol, n. 100 del mondo e con un best ranking fino ad allora di n. 65: un impegno sulla carta agevole. Ma si capisce subito che non è una partita come le altre, perchè Rosol gioca senza paura, corre, ribatte colpo su colpo, sfodera ace e vincenti come se piovesse. Dopo aver vinto a fatica al tie-break il primo parziale, Rafa si ritrova di colpo sotto due set a uno, e fra i due ci sono anche scintille in campo. Nadal riesce a far suo il quarto set, al che viene annunciata un’interruzione di mezz’ora per chiudere il tetto dello stadio e fare in modo di concludere il match, cosa che a Nadal, terribilmente nervoso, non piace. E la pausa non sembra aiutarlo, visto che Rosol ottiene il break a inizio del quinto set e riesce a far suo l’incontro, realizzando l’impresa più importante della sua carriera!

La sconfitta di Nadal ad opera del tennista ceco fece così tanto scalpore, che l’ESPN decise anche di realizzare un breve cortometraggio sull’evento, che potete vedere qui di sotto.

In realtà Rosol non è poi così tanto sconosciuto: ha battuto Melzer al Roland Garros 2011 quando questi era n.8 del mondo, è stato n.26 del ranking ATP come miglior piazzamento, e detiene il record di durata di un match di doppio in Coppa Davis. Il ceco è inoltre noto nel circuito per i suoi atteggiamenti abbastanza antipatici in campo, tant’è vero che una volta Andy Murray gli urlò, durante un match, “non piaci a nessuno”. Tuttavia, la sua vittoria su Nadal, allorchè il ceco era n. 100 del mondo, in quell’edizione di Wimbledon, resterà sicuramente la sua impresa della vita.

[tps_title]Stakhovsky b. Federer 6-7 (5-7) 7-6 (7-5) 7-5 7-6 (7-5), Wimbledon 2013, secondo turno[/tps_title]

Non poteva mancare Roger Federer in questa speciale lista. Il campione svizzero ha avuto degli upset in delle prove dello Slam (come ad esempio la sconfitta da Seppi agli Australian Open 2015 o quella contro Milman agli U.S. Open di quest’anno), ma la sua uscita sicuramente più clamorosa è quella di Wimbledon del 2013, in cui the king esce quasi incredibilmente al secondo turno per mano dell’ucraino Sergy Stakhovsky, n. 116 del mondo, in 5 set. Lo stesso Stakhovsky dichiarerà a fine match di aver vissuto la sua giornata di grazia, in cui tutto funzionava, in cui giocava incredibilmente bene tutti i punti importanti, e in cui il servizio e le volee andavano a meraviglia. Era dal 2003 che Federer non veniva eliminato nei primi turni di uno Slam, ed il 2013 rimarrà forse uno degli anni peggiori della carriera del campionissimo di Basilea.

Sergy Stakhovsky ha come best ranking il n. 31, ha vinto in carriera 4 titoli ATP, ma il suo nome resta innegabilmente legato all’upset che l’ucraino procurò a king Roger a Wimbledon del 2013.

[tps_title]Querrey b. Djokovic 7-6 (8-6) 6-1 3-6 7-6 (7-5), Wimbledon 2016, terzo turno[/tps_title]

E’ vero. Sam Querrey non si può definire di certo un tennista sconosciuto. 10 titoli vinti in carriera, ex top 10, un quarto ed una semifinale Slam, e diversi ottimi risultati in carriera. Però forse, per Novak Djokovic e per tutto l’ambiente tennistico, la sconfitta patita dal serbo al terzo turno di Wimbledon 2016 contro l’americano, è stata la più inaspettata, soprattutto visto il contesto di quel momento. Nole si presenta allo Slam londinese nel 2016 dopo aver disputato ben 6 finali Slam consecutive e averne vinte 5, dopo aver sfiorato il grande slam nel 2015 (battuto da Wawrinka in finale a Parigi), ed ha già vinto i primi due slam di stagione, sempre in finale contro il rivale Andy Murray. E’ chiaramente lui il favoritissimo, nessuno vede dei rivali che possano impensierirlo nel suo cammino nel torneo, e in molti si aspettano una nuova finale fra il serbo ed il britannico. Ed invece, proprio in un momento in cui Nole sembrava invincibile, arriva l’upset: 7-6 (8-6) 6-1 3-6 7-6 (7-5) il punteggio finale per lo statunitense, in un match che era stato interrotto per pioggia il giorno prima e poi recuperato. E il quasi invincibile Djokovic al tappeto, per lo stupore di tutti.

Indimenticabile, al riguardo, fu l’espressione di Judy Murray, che era sul campo centrale a seguire il match del figlio Andy; quando il tabellone elettronico annuncia che Djokovic era stato sconfitto da Querrey, le telecamere pizzicano Judy con un sorriso compiaciuto e soddisfatto, che ha tutta l’aria di dire “E vai! Ora mio figlio può vincere il torneo”. Ed in effetti sarà così: Andy Murray vincerà quell’edizione di Wimbledon, prevalendo in 3 set in finale contro Raonic.

La reazione di Judy Murray alla notizia della sconfitta di Djokovic, Wimbledon 2016
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