L’Italia del tennis passa per l’Emilia Romagna

Sono tanti gli emiliano-romagnoli capaci di spiccare il volo nel tennis che conta. Da Raffaella Reggi a Sandra Cecchini, da Paolo Canè a Omar Camporese, da Andrea Gaudenzi all’enigma Bentivoglio, per arrivare a Errani e Bolelli. E tanto altro ancora…

L’Emilia Romagna e il tennis. Un binomio che è sinonimo di garanzia. Il primo nome che salta alla mente è quello di Sara Errani, bolognese di nascita, faentina di crescita tennistica, un best ranking come n.5 del mondo, 9 titoli WTA all’attivo, una finale al Roland Garros persa per mano di Maria Sharapova, ma anche un’altrettanto prestigiosa semifinale raggiunta all’U.S Open sempre nel 2012. Ci sono poi i 26 tornei WTA azzannati in doppio, tra cui 5 prove del Grande Slam.

Maestro del Club Atletico Faenza è ancora colui che per primo ha intravisto in Sara Errani l’infinito potenziale: Enrico Casadei, ex B1 diventato maestro federale ai tempi in cui il centro tecnico era sito a Cesenatico; un mancino insidioso che con l’ex allieva aveva in comune gambe eccezionali e la predisposizione a non mollare nessuna pallina. Dopo Casadei ad avere in cura la Errani è stato Michele Montalbini, dopo di che è arrivata la Spagna tramite Pablo Lozano, fino alla decisione di tornare alle origini, nuovamente con Montalbini.

Ad ogni modo significherebbe peccare di sufficienza non soffermarsi sul movimento faentino, vero e proprio generatore di talenti più o meno espressi. Si parte da Stefano Gaudenzi, classe 1936, ex n.5 d’Italia dal braccio d’oro e dalla spiccata predisposizione per il doppio, oltre che zio di Andrea Gaudenzi il quale a Faenza è nato, seppure per sancirne l’esplosione è dovuto intervenire Ronnie Leitgeb, ex giornalista radiofonico diventato coach del campione austriaco Thomas Muster. Di Andrea Gaudenzi si ricordano le sei finali ATP disputate, tre di esse vinte: a Casablanca 1998, a St. Polten 2001 e Bastad, sempre nel 2001. Eroe di Coppa Davis nel 1998, quando contribuì in modo determinante a spingere l’Italia fino alla finale, nell’unico confronto diretto con Roger Federer, agli Internazionali d’Italia 2002 è stato Andrea a spuntarla con un doppio 6-4. Specialista sul rosso, Andrea ha chiuso la saracinesca sulle apparizioni di Pete Sampras al Roland Garros e può vantare un apice come n.18 del mondo.

Ma tornando a Faenza, è lì che sono nati l’estroso quanto sfortunato Gianluca Rinaldini, la sua compagna di doppio Stefania Cicognani, ma soprattutto Raffaella Reggi e, tempo qualche anno, Flora Perfetti, fino a Francesca Bentivoglio. Andando per ordine, di Stefania Cicognani si ricorda il rovescio ad una mano, i costanti serve&volley e la scarsa propensione al sacrificio, mentre in Gianluca Rinaldini ancora luccicano quelle stigmate da predestinato che lo fecero trionfare alla Coppa Lambertenghi in anni in cui alzare al cielo il trofeo era una sorta di pass verso le alte sfere del tennis mondiale. E invece Gianluca si è fermato a n.128 del mondo per poi essere vittima di un grave incedente automobilistico che l’ha privato dell’uso delle gambe. Nata a Faenza ma cresciuta prima alla Virtus Bologna sotto l’ala protettrice di Lele Spisani e Ferruccio Bonnetti, poi alla Nick Bollettieri Accademy è stata Raffaella Reggi. Campioncina all’Orange Bowl nel 1981, regina agli Internazionali d’Italia nel 1985, l’azzurra si è dimostrata imbattibile anche a Lugano nel 1986, San Diego nel 1987 e Taranto nel 1990. Medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, un titolo slam all’U.S Open 1986 in doppio misto, in coppia con Sergio Casal, e tanti scalpi eccellenti tra cui quello di Chris Evert, la faentina è stata n.13 del mondo in un periodo in cui era pericoloso anche solo buttare un occhio alla classifica, tanto era popolata da eccellenze. Di Raffaella Reggi si decanterà “in saecula saeculorum” la straordinaria grinta e l’inimitabile mobilità di piedi.

Reggi

Lodi anche a Flora Perfetti, classe 1969 quindi più giovane della Reggi di quattro anni. Allenata sin da piccina dal faentino Mirco Benedetti, la Perfetti è stata una n.54 del mondo che ha “iniziato a crederci tardi”. Chi invece sembrava essere provvista di tutte le carte in regola per fare della propria carriera un’opera d’arte era Francesca Bentivoglio. Non c’è stato maestro che non ne abbia esaltato il talento: da Omar Urbinati a Claudio Falaschi, passando per Nick Bollettieri. Chi ha avuto la fortuna di vederla giocare sa che era in grado di “colpire il birillo” in qualsiasi punto del campo, che atleticamente era altrettanto notevole, e stessa cosa dicasi dell’aspetto mentale. Francesca ha vinto l’U.S Open juniores a sedici anni, età in cui è avanzata fino ai quarti di finale agli Internazionali d’Italia dopo aver battuto Jana Novotna e Natasha Zvereva. L’anno seguente si è ritirata dal tennis, disegnando un eterno punto interrogativo: dove sarebbe potuta arrivare?

Spostandosi da Faenza a Cervia vien da se’ citare Sandra Cecchini, l’amica-rivale in primis di Raffaella Reggi, capace di stringere in pugno 15 titoli WTA e di raggiungere un quarto di finale al Roland Garros nel 1985. Ed a proposito di Cervia, luccica il nome di Gioia Barbieri, svezzata da Claudio Falaschi, accompagnata nel circuito WTA da Giorgio Galimberti ed ora in cerca della definitiva esplosione presso il team di Piccari. Reginetta in sei tornei da 10,000$ e due da 25,000$, Gioia si è piazzata di prepotenza sotto ai riflettori quando a Stoccarda 2014 ha superato le qualificazioni prima di cedere alla due volte campionessa slam Svetlana Kuznetsova. Il precoce ritiro dalle competizioni ha reso lecito tracciare un punto di domanda su dove sarebbe potuta arrivare.

Se ci dirigiamo verso l’Emilia ricordiamo la compagna d’allenamenti della Bentivoglio, l’imolese Manuela Sangiorgi, e la sua coetanea bolognese, Francesca Lubiani, ottime juniores ma un po’ spaesate nei meandri del professionismo. Meglio è andata alla modenese Adriana Serra Zanetti, capace di spingersi fino ai quarti di finale all’Australian Open nel 2002, stagione in cui avrebbe toccato il suo miglior ranking; il posto n.38. Doveroso citare anche la sorella minore di quattro anni, la classe 1980 Antonella Serra Zanetti, un terzo turno a Wimbledon 2005, almeno un secondo turno in tutti gli altri slam, oltre a un’arrampicata culminata con il gradino n.60. Ha sfondato il muro delle top 100 anche Giulia Casoni, che nel 2000 ha messo i piedi al terzo turno sia del Roland Garros che dell’U.S Open.

Camporese

Concludiamo il viaggio delle emiliano-romagnole con tre giocatrici che chi per scelte di vita, Stefania Della Valle, chi per un grave infortunio alla schiena, Sabrina Lucchi, chi per l’impossibilità di viaggiare, Gabriella Boschiero, non sono riuscite ad esprimere il loro indiscusso potenziale. Un discorso che potrebbe valere anche per tanti maschietti, uno fra tutti Paolo Pambianco. Ed è proprio con gli uomini che chiudiamo questa carrellata di talenti più o meno sbocciati. Bologna ha spinto verso il “tennis che conta” tre nomi di grande valore: Paolo Cané, Omar Camporese e Simone Bolelli. Era un “cavallo pazzo”, Paolino Canè ma, come era solito ripetere Gianni Clerici, possedeva una “manina benedetta”. Questo dono gli ha permesso di involarsi fino al n.26 del ranking, di battere eccellenze quali Jimmy Connors, Stefan Edberg, Mats Wilander e Pat Cash, nonché di arrivare ad un niente dal porre fine al torneo di Ivan Lendl al secondo turno di Wimbledon nel 1987. Nel palmares di Paolo brillano 3 titoli ATP: Bordoux 1986, Bastad 1989 e Bologna 1991.

Non se la prenda a male Fabio Fognini ma, considerati il calibro dei due titoli conquistati, non sono in pochi a considerare Omar Camporese il miglior italiano dai tempi di Panatta. Da cineteca il successo registrato a Rotterdam nel 1991, dove Omar ha battuto all’ultimo atto Ivan Lendl per 3-6 7-6(4) 7-6(4). Mirabile anche l’affermazione a Milano, nel 1992, quando a inchinarsi al “tubo diritto” del bolognese di stampo Virtus, è stato Goran Ivanisevic con un duplice 6-3. Negli annali del tennis rimarrà anche un terzo turno all’Australian Open 1991 tra Omar e Boris Becker, finito nella valigia del tedesco per 7-6(4) 7-6(5) 0-6 4-6 14-12 dopo cinque ore e dodici minuti di battaglia.

Quanto al poliedrico Simone Bolelli, è ancora viva la speranza che il bolognese possa migliorare il suo best ranking, consistente nel n.36 gradino del ranking. Resta doveroso dare risalto ad una finale ATP raggiunta nel 2008, al trionfo all’Australian Open 2015 nella specialità di doppio in coppia con Fognini, ma ancor di più alla ferrea volontà dimostrata nel superare ricorrenti infortuni per quindi riproporsi ogni volta ad altissimo livello.

E il futuro del tennis azzurro, attraverserà l’Emilia Romagna? All’interrogativo potrebbero rispondere il diciannovenne di Correggio Andrea Guerrieri, o il cesenate, classe 1996, Cristian Carli. Quanto alle ragazze, si attendono segnali importanti da Camilla Scala e Giulia Guidetti, entrambe nate nel 1994, così come potrebbe essere sufficientemente matura per un saltino di qualità la ventenne di Sassuolo Beatrice Torelli. Nata a Bologna nel 1992, reduce da un grave infortunio al ginocchio, è infine lecito continuare a credere in Stefania Rubini il cui tennis esplosivo possiede tutte le carte in regola per scalare le classifiche.

Carli

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