Alla scoperta del tennis olandese

Biciclette che sfrecciano a destra e a manca, zoccoli sfavillanti dipinti a mano, formaggi pregiati, tulipani profumati, coffee-shop e quartieri a luci rosse, magari nella capitale Amsterdam: quando si parla di Paesi Bassi ( ricordate che il termine Olanda identifica soltanto due delle dodici province dei Paesi Bassi: Olanda Settentrionale e Olanda Meridionale) banalmente  vi vengono in mente queste cose. Ma oltre a Van Gogh, Mondrian, Erasmo di Rotterdam e Spinoza (parlando di un lato culturale spesso dimenticato) i Paesi Bassi posseggono una tradizione tennistica ricca ed interessante. Ciò si può denotare già all’inizio del XX secolo, quando nel 1927 Kea Bouman vinse il Roland Garros battendo in finale la sudafricana Irene Bowder Peacock. La Bouman è tutt’oggi l’unica atleta olandese ad aver vinto un titolo in singolare del Grande Slam. E si ripeté nel 1929, quando sempre al Roland Garros, vinse anche il titolo in doppio, in coppia con la spagnola Lili Alvarez. Kea Bouman è stata inoltre la prima olandese a vincere una medaglia ai Giochi Olimpici, quando nel 1924 a Parigi ottenne il bronzo nel doppio misto in coppia con Hendrik Timmer. La nativa di Almelo fu però anche ottima giocatrice di golf ed inoltre parte integrante della nazionale di hockey su prato. Sportiva e campionessa a tutto tondo.
Negli anni ’70 senz’altro la giocatrice più rappresentativa per i Paesi Bassi fu Betty Stöve. Capace di raggiungere ben 27 finali Slam tra singolare, doppio e doppio misto (con 10 titoli in bacheca), la carriera della Stöve rischiava di essere precocemente bloccata da una disfunzione della ghiandola tiroidea, che la tenne fuori dai campi per ben 18 mesi. Nonostante le previsioni che ne vedevano l’inevitabile declino, al suo ritorno ottenne i migliori risultati della carriera. Oltre ad un torneo in singolare ( con best ranking di numero 5),  Betty Stöve conquistò la bellezza di 75 titoli in doppio raggiungendo la vetta delle classifiche in questa specialità. Vanta inoltre un singolare record: al torneo di Wimbledon 1977 raggiunse l’atto conclusivo in tutte e tre le specialità ( perse la sua unica finale Slam in singolare contro Virginia Wade), non riuscendo a vincere però nessun titolo.

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In campo maschile il primo che va menzionato è senz’altro l’olandese volante, Tom Okker. Top-10 per sette stagioni consecutive ( 1968-1974) Okker si è aggiudicato in carriera 31 titoli ed ha raggiunto il best ranking di numero 3 del mondo, oltre ad essere stato numero 1 in doppio. Capace di raggiungere le semifinali in tutti i tornei del Grande Slam, nel 1968 raggiunse la sua unica finale agli Us Open, sconfiggendo tennisti del calibro di Pancho Gonzales e Ken Rosewall. In quella memorabile finale fu sconfitto per 14-12 al quinto set da Arthur Ashe. La sua carriera da doppista fu però ancor più prestigiosa: il suo record di 78 tornei vinti fu battuto soltanto nel 2005 da Todd Woodbridge. Insieme all’americano Marty Riessen formò una delle coppie più forti del periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Vinse gli US Open (con Riessen) nel 1976 e il Roland Garros nel 1973 (con John Newcombe). Fu uno dei primi atleti a superare il milione di dollari di vincite. Dopo il suo ritiro, Okker si è sempre di più interessato all’arte, tanto da aprire nel 2005 la “Tom Okker Art bv”. E proprio nel doppio i Paesi Bassi hanno sempre avuto un’ottima tradizione. Negli anni ’90 la coppia formata da Paul Haarhuis e Jakko Eltingh ha letteralmente dominato il circuito. Entrambi i giocatori sono stati anche buoni singolaristi: basti pensare che Haarhuis ha raggiunto i quarti di finale agli US Open (1991), ha vinto un titolo in singolare ed ha raggiunto il best ranking di numero 18, mentre Eltingh ha raggiunto i quarti di finale a Wimbledon (1995), vinto quattro titoli ATP e si è innalzato fino alla posizione numero 19. Come coppia hanno vinto 6 tornei Major, completando il Grande Slam nel 1998, anno in cui vinsero Roland Garros e Wimbledon. E’ singolare il fatto che lo stesso Paul Haarhuis sia uno dei pochi tennisti della sua generazione ad avere in singolare un bilancio positivo (3-1) con un certo Pete Sampras. Lo stesso record positivo (6-4) ce l’ha un altro tennista orange, “l’olandese alto due metri che gioca come una gru impazzita”, Richard Krajicek. Unico olandese ad aver vinto un titolo Slam, Richard rappresentava a pieno il prototipo di giocatore serve&volley anni ’90. Servizio devastante e volée pregiata, Krajicek ha dato vita a vere e proprie battaglie epiche con Pistol Pete, logicamente a suon di ace! Richard aveva già raggiunto due semifinali Slam ( Australian Open ’92 e Roland Garros ’93) prima di presentarsi ai nastri di partenza del torneo di Wimbledon 1996. In terra inglese Krajicek aveva ottenuto soltanto ,come miglior risultato, un quarto turno e in quell’anno non si presentava neanche come testa di serie. Ne ottenne una soltanto quando Muster si ritirò per infortunio.

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Nonostante l’indubbio potenziale, Krajicek era considerato un outsider:  Sampras, vincitore delle tre precedenti edizioni del torneo, era l’uomo da battere. Dopo aver sconfitto già quasi a sorpresa al quarto turno Michael Stich, Krajicek sorprese il mondo intero quando nei quarti eliminò Pete con un secco 7-5 7-6 6-4. Richard fu l’unico tennista a sconfiggere Sampras a Wimbledon nel periodo 1993-2000. Il torneo si concluse nel modo migliore con una netta vittoria in finale sull’americano MaliVai Washington per 6-3 6-4 6-3, divenendo il primo olandese a vincere Wimbledon. Provò più volte negli anni successivi a riacciuffare la finale del torneo inglese, ma nel 1998 fu sconfitto in una semifinale-maratona da Ivanisevic e al suo ultimo tentativo, nel 2002, si arrese nei quarti a Xavier Malisse. Nel ’99 si issò fino al numero 4 del mondo, senza dubbi un’ottima carriera impreziosita da un gioiello niente male come la vittoria Slam. Giungendo al tennis moderno, ultimamente nei Paesi Bassi ci sono state molte promesse, ma quasi nessuna è riuscita ad esplodere e lanciarsi sul palcoscenico mondiale. Basti pensare alla sorellina di Krajicek, Michaëlla, capace di dominare a livello Juniores (3 Slam per lei) e di iniziare alla grande anche sul circuito maggiore, cogliendo i quarti di finale a Wimbledon nel 2007, per poi perdersi man mano col passare degli anni (anche per i tanti infortuni) fino a costruirsi alla fine una buona carriera da doppista. L’abbiamo rivista quest’anno giocare in singolare a S’Hertogenbosch grazie all’ausilio di una wild-card, e subito ha stabilito un record di 21 ace messi a segno in un singolo match contro Camila Giorgi, a dimostrare che il servizio è una questione di DNA. Possiamo ricordare anche il caso di Thiemo de Bakker, lanciato alla grande dopo aver dominato anch’egli il circuito Juniores con annessa vittoria a Wimbledon, non ha rispettato le premesse e dopo un periodo passato sul circuito maggiore ( entrò nei primi 50 nel 2010), continua tutt’ora la spola con quello Challenger. Insomma anche se oggi tennisti e tenniste olandesi non occupano il palcoscenico principale nel mondo del tennis, i Paesi Bassi restano una terra fertile,  in cui il tennis è vivo e si sviluppa. Aspettiamoci nei prossimi anni un ritorno all’apice da parte della pur sempre gloriosa tradizione tennistica orange!

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