È troppo facile tifare Federer

“Eh sì, lui è il tennis, l’unico capace di esprimere il bel giuoco". Dopo qualche minuto di frenetico ascolto, scappò dalla mia bocca un’innocua risata. Un’orda di inferociti vassalli mi scagliò contro una Wilson limited edition, che ora impiego per togliere le ragnatele.

Catalizzando le più varie impressioni, mi facevo largo tra i sudditi del Re Sole, ancora in estasi per l’impresa australiana celebrata al pari della nascita di Cristo. Il 29 Gennaio 2017, infatti, per gli adepti del mondo tennistico, entra in vigore un nuovo calendario, interamente incentrato sulle vicende sportive del Vate innominabile, ertosi a mitologica figura da osannare nelle cattedrali di tutto il globo. Milioni e milioni di seguaci, tifosi passivi di un tennis mediatico, si riscoprivano fini intenditori, professando per le strade le Sacra Trinità: 18, 6 e 36.
Incuriosito, ascoltavo le omelie recitate nelle strade, intralciando carnevaleschi carri addobbati ad arte con trofei dello Slam. “Eh sì, lui è il tennis, l’unico capace di esprimere il bel giuoco. Quando smetterà non seguirò più questo sport perché rimarranno solo fisicati pallettari!”. Dopo qualche minuto di frenetico ascolto, scappò dalla mia bocca un’innocua risata. Un’orda di inferociti vassalli mi scagliò contro una Wilson limited edition, che ora impiego per togliere le ragnatele.
È infatti dal 2001, anno in cui avvenne il già citato passaggio di consegne con quel Sampras floscio ed appassito, che assistiamo perpetuamente ad una plastica esposizione di atarassica perfezione. Non un’emozione, semplice o complessa, un lieve sussulto percepito sul volto apatico del marmoreo basilese, così tremendamente abituato alla vittoria da esser diventato allergico all’idea della battaglia. La palese bellezza estetica, facile connubio con una grazia edberghiana (licenza poetica), lo ha incontrovertibilmente portato a rinchiudersi in quell’aurea di intoccabile dalla quale mai, forse sprovvisto del carisma necessario, è riuscito ad uscire, preferendo un bigio domino assoluto ad una scintilla, magari perdente, che lo avrebbe reso meno statico di quanto non sia poi diventato.
Sinceramente, diciamocelo. È troppo facile tifare Federer.
Io stesso, ripetutamente colpito da deliri d’onnipotenza, ne ho narrato le gesta, esaltandone le caratteristiche come dolce compagno innamorato. Mi sono macchiato, dunque, dello stesso peccato che proprio ora sto denunciando, lasciandomi trasportare dall’effettivo calore che le imprese dello svizzero hanno scaturito.
Lo so, continuo a contraddirmi. Questo perché, perfettamente consapevole, io non riesca ad evitare di esultare guardandolo giocare.
Nella mia mente turbata, Federer è come la varicella. Prima o poi, nonostante gli sforzi, ti prende.
E quando lo fa, non ti lascia più andare.

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