Elogio alla vituperata Next Gen

Mai più alcuno sarà Federer, Djokovic e Nadal, ma screditare ad occhi chiusi un gruppo di giocatori già capace di offrire spettacolo è ingiusto e inutilmente nostalgico.

Quando Tsitsipas scaglia al suolo l’ultimo servizio prima del punto che gli consente di ottenere la vittoria più prestigiosa della carriera, mi rendo conto di quanto il ricambio generazionale tanto atteso, pur essendo da molti ignorato, sia in realtà più vicino del previsto. Il greco, che pur potrà cedere allo strapotere di Zverev, ha, in questa settimana, il ruolo di protagonista, essendo sua la sorpresa del torneo dalla quale partire per analizzare la situazione che i giovani, o giovanissimi, stanno vivendo, le loro prospettive, le impressione fino ad ora destate tra tanti polveroni mediatici e l’attenzione esagerata di un ATP in fervente ricerca di personaggi che sappiano attutire il declino economico post ritiro del duo svizzero-iberico. Se lo scorso anno, in questo stesso torneo, fu il solo Shapovalov a prendersi gli onori della cronaca, estromettendo un Nadal ancora in cerca della giusta strategia tattica sul duro, quest’anno sono diversi gli interpreti sui quali occorre concentrarsi. Capeggiati dal tiranno Zverev, che mentalmente li surclassa battendoli ancor prima di scendere in campo, compongono l’efebico plotone Shapovalov, Fritz, Tiafoe, Coric, Chung, Tsitsipas, Aliassime, Rublev e De Minaur. Tanti nomi, generalmente accomunati da alcune caratteristiche che verranno ad essere il tratto distintivo della futura generazione di campioni Slam. Se infatti, nei primi due decenni del duemila, i giocatori hanno perlopiù esibito alla platea inequivocabili doti difensive e di regolarità, ora la proiezione mentale dei giocatori si sposta in avanti, in un modo differente dall’ostinato attacco che caratterizzò il tennis anni ‘80-’90. I fondamentali acquistano pesantezza, così come i servizi aumentano progressivamente in velocità. Questo comporta un’inevitabile predilezione verso la traiettoria lungolinea, nello scorso ventennio utilizzata soltanto per chiudere gli scambi, a discapito dell’incrociata, che con minor peso monopolizza le trame degli incontri. Il colpo naturale passa percentualmente dal dritto, fondamentale preferito dalla quasi totalità dei giocatori odierni, al rovescio, ancora bimane nonostante una lieve ripresa dell’impugnatura monomane. Tornano a vedersi discese a rete, durante le quali, a differenza del tocco vario e ricco di soluzioni alla Edberg, viene utilizzato per la maggiore il taglio smorzato, sfruttando la posizione spesso arretrata dell’avversario a fondo campo.
Questi ragazzi amano il rischio e, abbandonando le rotazioni sapientemente introdotte dalla scuola spagnola (che ad oggi non ha ancora prodotto alcun esponente di spicco tra le nuove leve), utilizzano colpi piatti per chiudere il punto dopo pochi scambi. Si scoprono nuovi angoli dimenticati dai giocatori attuali, che hanno costruito la propria carriera su diagonali e solidi scambi centrali.
La critica che molti muovono nei confronti di questa imminente innovazione sta nel fatto di non trovare, in nessuno dei rappresentanti, un degno erede di Nadal e Federer, che sappia ripercorrere i loro passi e le loro carriere. È vero, probabilmente nessuno tra loro sarà in grado di vincere e rendersi ipnotico agli occhi della folla così come la sopracitata coppia è stata capace di fare dal 2003 ad oggi. Vero è, però, che mai nessuno, nella storia, sia stato in grado di arrivare a tanto. Nemmeno Laver, Connors, Borg, McEnroe, Sampras o Agassi. Nessuno di loro, in termini di numeri e personalità, ha avuto il magnetismo naturale esercitato da due uomini, antitesi l’uno dell’altro, sbocciati in contemporanea alla nascita dei social. Federer e Nadal, ai quali è d’obbligo aggiungere Djokovic, sono stati unici nel loro genere. Mai più alcuno sarà come loro, ma screditare ad occhi chiusi un gruppo di giocatori già capace di offrire spettacolo è ingiusto e inutilmente nostalgico. 

Coltivo la piena convinzione che questi interpreti sapranno farmi divertire ed apprezzare una nuova tipologia di gioco, perchè il tennis, quello vero, vive e vivrà sempre al di sopra dei nomi. 

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