Ogni maledetto tie-break

A volte il tie-break è fonte di gioie immense, altre volte rimane il rammarico di un occasione sprecata. Per Eremin non è stato facile digerire sconfitte 7-6 al terzo set, ma è riuscito ugualmente a riemergere dalle sue sabbie mobili
Se il tennis lo avesse inventato il diavolo, il tie-break ne sarebbe il legittimo figlio. Non serve il test del DNA, lo si capisce semplicemente dai lineamenti. Introdotto nel 1970 al torneo degli US OPEN, era stato precedentemente inventato da Jimmy Van Alen nel 1965.Il tie-break è il punto d’arrivo e sancisce un confine labile tra vittoria e sconfitta. Non è facile individuare gli ingredienti per vincere un tie-break e di certo non esiste una formula matematica. Mantenere alta la concentrazione, tenere i nervi saldi e commettere quanti meno “unforced errors” possibili, sono solo alcuni aspetti per poter prevalere sull’avversario.
CAUSA O CONSEGUENZA – Mi sono sempre chiesto se il vincere o perdere un tie-break possa essere annoverato come una “causa” o una “conseguenza”. Mi spiego meglio; si vince un tie-break quando si esprime già un buon tennis quindi una conseguenza del momento di fiducia, oppure è vincere/perdere il tie-break a dare fiducia/sfiducia nei propri mezzi, dando il là ad un momento proficuo/infruttuoso del proprio tennis?
Credo che per Eremin vincere o perdere il tie-break sia sostanzialmente la “causa”, ma da Milano fino ad oggi sia una “conseguenza”. Sono arrivato a questa conclusione analizzando dei dati oggettivi e soggettivi. Nella prima parte dell’anno il piemontese ha giocato ben 24 tie-break vincendone 10 e perdendone 14. Parliamo quindi di un 56% di esiti negativi che in sé non sono assolutamente un dato eclatante o un dato che possa destare scalpore, ma di questi 24 tie-break 6 sono stati “fatal tie-break” di cui 5 persi e uno solo vinto e questa già è una statistica un po’ più considerevole parlando di un 83% di match persi 7-6 al terzo.
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CAMBIA MARCIA – Possiamo ulteriormente distinguere in 3 “macro gruppi” i tie-break giocati in questo 2016: da Cherbourg a Mestre Eremin ottiene un record negativo di 3 T.-B.W a 10 T.-B.L, poi la svolta a Vicenza. Nel primo turno contro Monteiro, riesce a strappare una vittoria di un peso specifico immane, non solo perché era in svantaggio set e break, ma appunto perché, pur non giocando un tennis scintillante, con il cuore riesce a strappare 2 T.-B. che lo portano a vincere l’unico match 7-6 al terzo dell’anno, dopo che le ultime 3 partite le aveva appunto perse 6-7 al terzo. Perdere il quarto match consecutivo al “fatal tie-break” sarebbe stato un peso troppo grande da poter sopportare. L’esultanza finale è urlo liberatorio di rara bellezza. Da Vicenza piazza un controparziale di 6 T.B.W a 1 T.B.L che lo portano al suo best ranking unito ad una semifinale persa sul filo di lana con Riba.
LA SVOLTA – Analizzando le prestazioni dei primi due “macro gruppi”, possiamo dire che la svolta nel gioco di Eremin è avvenuta a Barletta, praticamente a metà del primo troncone, da lì è stata un escalation di buonissime prestazioni con le vittorie prestigiose su Sijsling e Fabbiano. Ecco perché sono convinto che i tie-break nel caso di Eremin non sono una conseguenza di buone prestazioni, ma sono la causa, in questo caso, di una più lenta sbocciatura, visto che in diverse occasioni lo hanno costretto ad alzare bandiera bianca malgrado stesse giocando bene (Beck-Arnaboldi-Jarry). Poi a Vicenza la svolta, arrivava da un momento “maledetto” ma dal quale è riuscito a raccogliere i cocci di sconfitte sul filo di lana e alzare il suo livello di gioco fino al capolavoro di forza con Carballes Baena a Milano. Lo spagnolo è rimasto pietrificato dalla potenza espressa da un Eremin, a tratti ingiocabile.
QUEL MATCH CON DONATI – Sempre a Milano inizia la terza parte che rimane ancora aperta e vede ben 1 TBW a 3 TBL. Credo che nel secondo turno contro Donati a Milano si sia spezzata una fune che con mille difficoltà Eremin era stato bravo a costruirsi, fune che collegava il suo gioco dirompente ad un aspettto mentale che match dopo match vedeva netti miglioramenti e che lo assecondava in campo, trasformandolo in un vero e proprio guerriero. Ogni punto come fosse l’ultimo. Sia a Vicenza che a Praga gioca un tennis di altissimo livello, poi il destino beffardo. Nel suo momento migliore incrocia Matteo Donati giocatore a cui è legato tantissimo soprattutto per i suoi trascorsi a Bra (Cuneo). Infatti, entrambi erano allenati da Puci (attuale coach di Donati) e quel match Eremin non lo ha giocato, chi lo conosce ha capito che ha avuto un blocco, è imploso: una marea di errori non forzati uniti ad un atteggiamento in campo arrendevole. Sembrava la vittima sacrificale di un rito che stava per consumarsi di lì a poco. Poi la tournée deficitaria in Germania, dove in entrambi i casi non è riuscito a superare delle qualificazioni alla sua portata. A San Benedetto urgono risposte, c’è bisogno di una scossa, l’ennesima, di una stagione costellata di alti e bassi. La FIT è pronta a concedergli l’ennesima Wild Card della stagione.
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