Il “peso” dell’amicizia

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Sara Errani è arrivata scarica e troppo stanca all’appuntamento nei quarti parigini con Andrea Petkovic che avrebbe potuto regalarle una storica semifinale (la terza di fila al Roland Garros).
“Colpa” anche dell’impegno in doppio con Roberta Vinci, ma quanto è difficile mettere le proprie ambizioni davanti all’amicizia?

di Lorenza Paolucci

Non è riuscita a difendere la semifinale conquistata lo scorso anno a Parigi, ma è uscita comunque a testa alta. Sul Philippe Chatrier Sara Errani si è arresa alla tedesca Andrea Petkovic, giocatrice insidiosa, talento soffocato da una serie incredibili di infortuni, ma certo una cliente meno scomoda di tante che si possono incontrare in un quarto di Slam. La tedesca però è riuscita a prendersi la rivincita dopo la sconfitta patita contro l’azzurra a Madrid, in un match che non ha avuto storia.
Sara è apparsa svuotata ed in difficoltà, non solo dal punto di vista del gioco ma anche della tenuta fisica, che ha sempre rappresentato il suo punto di forza. Già nelle partite precedenti la nostra n.2 aveva dimostrato segnali di stanchezza, logico se si pensa che Sara da Madrid in poi non ha mai tirato il fiato giocando sempre ai massimi livelli sia singolo che doppio.
Ecco, il doppio appunto, sembra cominciare a gravare sulle gambe di Sara, che con l’amica Roberta Vinci rappresenta una delle coppie più forti del circuito. A Parigi hanno giocato la terza finale Slam consecutiva, sconfitte dalle n.1 del mondo, dopo che di titoli Major ne hanno già vinti tre, per completare il “Carrer Slam” mancherebbe loro solo Wimbledon. Giocare però a questi ritmi entrambe le discipline è veramente difficile: il doppio può essere un buon allenamento, serve anche per arrotondare le entrate finanziare ma per chi ha le capacità di essere una top ten non può sicuramente essere obiettivo alla pari di una brillante carriera in singolare.
Esempio in materia rappresenta l’australiana Samatha Stosur, che diversi anni fa decise di  allentare l’impegno in doppio per dedicarsi maggiormente alla carriera in singolare, ed i risultati si sono visti.
Sara sembra essere cosciente del fatto che tale carico di lavoro stia diventando troppo pesante, ma non ha nessuna intenzione di alleggerirlo. “Il doppio è stancante ma mi da tante soddisfazioni, e per ora non ho intenzione di cambiare. Più avanti chissà.” Queste le parole della Errani dopo la sconfitta contro la Petkovic.
Dietro l’inclinazione da stacanovista di Sara però non c’è solo la voglia di vincere o il divertimento, ma anche una sorta di dovere verso la compagna  e soprattutto amica di imprese tennistiche Roberta Vinci, la cui carriera è legata ai risultati di doppio più di quanto sia quella della romagnola.
Insomma di fronte ai sentimenti non è facile fare scelte egoistiche, soprattutto perchè nel tennis privare un giocatore del proprio compagno di doppio, quando si forma un coppia così vincente, è come privarlo di un braccio.
Della stessa “sindrome” di Sara soffrì in passato Flavia Pennetta quando giocava in coppia con l’amica argentina Gisela Dulko, con la quale si issò fino al n.1 del ranking mondiale. Nel 2010 Flavia collezionò tanti trofei in doppio, quanti scivoloni in singolare e nelle stagioni successive il fisico le presentò il conto con diversi infortuni (spalla e polso) che rischiarono di mettere fine alla sua carriera. Anche la brindisina ha sempre difeso la sua scelta di giocare al massimo entrambe le competizioni, dicendo di non sentirne il peso. Ha spesso sottolineato che il singolo rimane la priorità, ma nei tempi del sodalizio con la Dulko la voglia di stravincere anche in coppia era palpabile. Ciò che legava Flavia a non risparmiarsi in doppio per rincorrere traguardi ben più prestigiosi ed all’altezza delle sue capacità, era, come per Sara, l’amicizia che la legava alla tennista sudamericana, tanto che lei stessa disse a tal proposito: “ho preso un impegno“. Per di più Gisela, molto più della nostra Vinci, incentrava la propria carriera quasi esculsivamente sul doppio, dove riusciva a togliersi soddisfazioni che il singolo non le regalava. Non a caso i traguardi più importati Flavia li ha raggiunti quando si è trovata orfana dell’amica, ritiratasi a soli 27 anni dal tennis giocato per fare la mamma. Un addio che sicuramente non è stato facile da affrontare per la Pennetta ma che l’ha alleggerita dalla responsabiltà che verteva nei confronti dell’amica: nonostante Flavia continui a dedicarsi al doppio la dedizione ora è visibilmente minore.
Le amicizie nel circuito sono belle e fanno bene, ma in alcuni casi possono anche essere controproducenti.

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