Juan Martin Del Potro: dalle porte dell’inferno

La storia di uno dei giocatori più talentuosi e sfortunati dell'ultimo decennio. Dopo tanti infortuni e lunghi mesi di stop, il gigante di Tandil, dotato di un dritto da 'dio nordico', è tornato nel tennis che conta.

La vera prova che rivela la forza dell’anima, si misura alle porte dell’inferno

“Bianconeri. Juventus Story”

Le porte dell’inferno le ha viste per davvero, più di una volta, quel ragazzo proveniente dall’Argentina, tanto amato quanto sfortunato, che nel corso di questi anni, nonostante i tanti infortuni, non ha mai mollato, continuando a lavorare duro e combattere come un vero leone. Si tratta, ovviamente, di Juan Martin Del Potro.

I PRIMI SUCCESSI – Tutti lo chiamano il “gigante buono”, o abbreviato con un più familiare “Delpo”, un ragazzo d’oro, impossibile da odiare, per la sua bontà e semplicità di stare in campo, ma soprattutto per la sua predisposizione al sacrificio e al non mollare mai, come ha sempre fatto, e che solo gli appassionati di tennis possono sapere. Il classe 1988 in questi anni ha avuto diversi problemi fisici, sin da giovanissimo, infatti, la carriera gli ha riservato belle e brutte sorprese. Già nel 2008, appena ventenne, ma già con diversi trofei in bacheca, come i vari challenger o il torneo Avvenire da juniores del 2005, vinto  contro un altro futuro vincitore Us Open come Marin Cilic, il giovane Delpo fu vittima dei primi infortuni che lo portarono a cambiare il proprio staff. Fu a quel punto che entrò il suo futuro mentore, Franco Davin, attuale allenatore del nostro Fabio Fognini, autore dei successi dell’argentino. Purtroppo il problema non era né l’equipe medica, né quello atletico, probabilmente soltanto un destino beffardo, accanitosi contro un ragazzo che senza quegli svariati e logoranti infortuni, chissà dove sarebbe potuto arrivare, magari oltre il suo best-ranking, fermatosi al 4° posto della Race, raggiunto all’alba di quel terribile 2010.

Proprio il 2010 è il suo anno peggiore: quando tutti i critici e giornalisti di tennis di tutto il mondo, in seguito agli impressionanti risultati e miglioramenti raggiunti in circa due anni di presenza nel circuito, coronati con la vittoria su Roger Federer nel 2009 a Flushing Meadows, credevano che “Il gigante di Tandil” fosse già pronto ad irrompere la scena mondiale – interrompendo l’interregno del trio composto dallo svizzero, Rafael Nadal e Novak Djokovic, vincitori fino a quel momento degli ultimi 18 Slam – ecco che il polso fa crack per la prima volta. L’intervento al polso destro gli costerà stare 8 mesi lontano dai campi, scivolando 258° al mondo, perdendo i punti da difendere a New York e all’ATP Finals, dove l’anno prima aveva raggiunto la finale, perdendo contro Nikolaj Davidenko.

LA RISALITA – L’anno successivo per Delpo è fatto di duri allenamenti, che però non lo spaventano, data la sua speranza di tornare, anzi di continuare nel modo in cui aveva iniziato: vincendo. La prima rinascita avviene nel 2011, con la vittoria di Delray Beach, ma anche altri ottimi successi, come la finale in Austria ma soprattutto la prestigiosa vittoria contro Djokovic in Coppa Davis, per concludere l’anno alle soglie della top-ten. Grazie ad un servizio e un diritto lancia-missili ritrovato in seguito all’operazione, il 2012 porta con sé diverse episodi importanti per Delpo, come le sconfitte subite contro Federer a Melbourne e a Londra, alle Olimpiadi, dove ha giocato il match più lungo al meglio dei 3 set, di ben 4 ore e 26 minuti. Qui conquista la prima medaglia, quella di bronzo, nella storia del paese sudamericano, a discapito di Nole. Contro il GOAT arrivano le rivincite a Basilea e alla O2 Arena. A fine stagione è di nuovo al 7° posto in classifica. Ma l’anno in cui ritrova completamente il suo tennis è il 2013, quando porta a casa ben 4 titoli e il miglior risultato a Wimbledon, nella splendida semifinale persa con Djokovic durata oltre 4 ore e mezza e che costeranno energie al serbo e il trofeo, vinto per la prima volta da Andy Murray.

MAI PERDERSI D’ANIMO – Quando Delpo sembrava poter ritornare almeno parzialmente sui livelli del 2009, il 2014 e il 2015 sono due anni di puro calvario, questa volta all’altro polso, il sinistro. Il suo cuore del leone è però più vivo che mai, come mostrato in quella semifinale sull’erba londinese, anche dopo 3 operazioni difficili, che ne compromettono le sue performance con il rovescio bimane così letale quanto ricco di personalità. L’argentino ogni volta che scende in campo mette in mostra la sua rabbia accumulata in due anni d’Inferno, che lo portano a separarsi da Davin, a cambiare il proprio stile, utilizzando più spesso il back e a ripartire dalle retrovie come numero 1045 al mondo a febbraio. Nel 2016 tutto il mondo attende il ritorno del leone ferito, mai tramortito, che ricomincia dal basso, come solo i veri campioni sanno fare, dando il meglio di sé quando il tifo è dalla sua parte.

Alle Olimpiadi di Rio, in un paese come il Brasile che certo non è gemellato con l’Albiceleste, tutto il pubblico lo accompagna fino alla finale, sconfiggendo Djokovic e Nadal, prima di arrendersi in un’altra sfida epica con Murray, portando a casa un insperato argento. Ma la più grande soddisfazione stagionale del suo ritorno è la vittoria in Coppa Davis, quando conquista i punti in doppio contro l’Italia e Gran Bretagna, in cui batte in rimonta Murray in una sfida di oltre 5 ore e successivamente a Zagabria, contro la Croazia da 2-0 sotto, rimonta Cilic, contro il quale tutto era iniziato 11 anni prima, vincendo il punto decisivo e la prima “Insalatiera” della storia dell’Argentina. A fine anno si ritroverà ad aver scalato più di 1000 posizioni.

DELPO 3.0 – Il nuovo Del Potro è uno che fa del proprio diritto uno dei più letali della storia del tennis, paragonabile al rovescio di Stanislas Wawrinka in termini di qualità balistica, il punto di forza del suo gioco. Unito ad una grande forza di volontà e ad un dispendio di energie, che spesso lo porta a faticare nei turni successivi, spinto dal tifo che lo accompagnano ovunque vada, facendo diventare lo stadio una vera bolgia, una sorta di Bombonera. Tutti gli appassionati dello sport più nobile del mondo, amano Delpo per la sua dedizione e modo di porsi in campo, nei confronti dell’avversario e nel rispetto di arbitri e raccattapalle. Infine la sua fede come dimostra ad ogni fine match, dedicando le proprie vittorie al nonno da poco scomparso. L’ultima partita in cui ha dimostrato il suo infinito cuore messo in campo è stato agli Us Open contro Domenic Thiem, recuperando dopo essere stato sotto 2 a 0, eliminando due match-point e trionfando meritatamente al quarto turno. Infine ha sconfitto un acciaccato Federer, per regalarsi un ultima semifinale con Nadal dove la stanchezza probabilmente si è sentita, venendo sconfitto in 3 set la scorsa notte. Un torneo giocato ancora con una volta soprattutto con un organo, il cuore, che lo differenzia e lo rende, il giocatore più amato e stimato del circuito, che probabilmente, finalmente, ha ritrovato il suo “Gigante di Tandil”!

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