Venus Williams: la divinità prestata al tennis

La tennista americana si ferma sul più bello, arrendendosi in semifinale davanti alla più giovane connazionale Stephens. Non c'è amarezza, ma soltanto felicità per l'ottimo torneo disputato.

“Venere, equivalente della dea greca Afrodite, è una delle maggiori divinità romane, principalmente associata all’amore, alla bellezza e alla fertilità”. Chissà se papà Richard e mamma Oracene, nell’ormai lontano 17 giugno del 1980, avevano consultato libri di letteratura antica, prima di attribuire ad una delle loro amate figlie, un nome così altisonante: Venus Ebony Starr Williams. Leziosaggine linguistica o monito per il futuro?. Il destino ed il corso degli eventi lo avrebbero presto rivelato. L’amore e la passione per il tennis non erano forse di matrice familiare.

La fame di ricchezza ed il desiderio di riscatto, a seguito di una vita tormentata dalle lotte razziali, avevano spinto papà Richard, con un fare che da molti poteva essere considerato tra l’egoistico e l’arrogante, ad improvvisarsi coach e a decidere del destino di due delle sue figlie: sarebbero diventate delle tenniste di grande successo, le migliori di sempre. I mezzi fisici e la potenza sembravano esserci tutti, i colpi e la tecnica sopraffina sarebbero arrivati poi, col tempo e col sudore. Il buon Richard era certo di non sbagliarsi. Bisognava costruire una mentalità vincente, una volontà di ferro, che non si sarebbe dovuta fermare davanti a nulla. Quello sarebbe stato il loro futuro, senza se e senza ma. Il leitmotiv, come colonna sonora delle loro vite, doveva essere unico e ricorrente: è fondamentale vincere, assolutamente inutile partecipare. Il “loro”, non il “suo”, perché Venus avrebbe condiviso questa sua vita da “predestinata forzata” con una compagna insostituibile, la sorella minore Serena. Da lí a poco non si sarebbe parlato d’altro che delle sorelle del tennis, Venus e Serena Williams. Dal suo esordio nel circuito professionistico, avvenuto addirittura nel 1994 (ben 23 anni fa) alla tenera età di 14 anni o poco più, fino ad oggi, ci sono stati trionfi di tutti i colori e di tutte le forme. Se si volesse raccontare la sua vita con la racchetta in pugno, un libro non sarebbe sufficiente. Diventa la prima tennista donna afro-americana dell’era open ad occupare la prima posizione del ranking.

Conquista 7 allori Slam, 5 dei quali in terra londinese, senza contare le numerose finali perse (nel decennio che va dal 2000 al 2010, diviene la giocatrice ad aver vinto più volte a Wimbledon, con 5 vittorie su 8 finali, di cui quattro consecutive dal 2000 al 2003) e 2 in quella natia (2000 e 2001). In Australia e a Parigi riesce ad issarsi fino all’atto conclusivo, raggiunto rispettivamente nel 2003, 2017 e 2002. Molte delle finali slam vinte (e perse), manco a dirlo, la vedevano opposta alla sorellona. Inoltre, come ciliegina sulla torta, diventa l’unica tennista della storia, oltre ad Hellen Wills e Serena, ad aver vinto i giochi olimpici in entrambe le specialità (singolare e doppio) nella stessa edizione, quella della gloriosa Sydney 2000. Nel 2012 poi, in seguito alla vittoria ai Giochi Olimpici di Londra nel doppio, Venus diviene la tennista con più ori nella storia, insieme alla sorella minore, grazie alle sue 4 medaglie d’oro. Il tabellino, in totale, segna 49 titoli in singolare e 22 in doppio. Il tennis la coinvolge a 360 gradi, tanto da portarla anche ad ideare una propria collezione di completi da gioco, da sfoggiare sul campo, per renderla ancora più unica di quello che è. Il suo personaggio racchiude in sè un’aura magica. Il suo portamento in campo è quasi regale. Le gambe chilometriche da far invidia al più pavoneggiante dei fenicotteri, il trucco che immancabilmente le contorna il viso e i bijoux che da sempre sono suo marchio di fabbrica, sembrano porsi in antitesi al suo stile di gioco, potente e risolutivo. Ma la vita, si sa, non è tutta rose e fiori.

Venus, Serena e papà Richard Williams in una foto di tanti anni fa
Venus, Serena e papà Richard Williams in una foto di tanti anni fa

Lo sport, come metafora universale, pone sempre degli ostacoli da superare. Le tegole, di quelle pesanti, iniziano ad arrivare. L’infortunio all’anca sembra essere soltanto un assaggio. Nel 2011 infatti, in concomitanza col suo rientro agli Us Open, Venus si trova costretta a rinunciare al suo match di secondo turno. Il motivo? Sindrome di Sjogren, una malattia autoimmune debilitante, che le risucchia tutte le energie manco fosse una sanguisuga. “Sono sempre convalescente, perché purtroppo la mia malattia non se ne andrà. Devo riposarmi ogni giorno. Nei miei sogni, arriverà un giorno in cui la sindrome se ne andrà, ma so che non accadrà” Con una gloriosa carriera alle spalle, la possibilità di appendere la racchetta al chiodo sembrava essere dietro l’angolo. Per tutti forse, ma non per lei. Quando hai un dna vincente, niente e nessuno può fermarti. “Continuo a lavorare e a cercare di fare del mio meglio. Anche se non mi sento bene, darò sempre il 100% di me stessa sul campo. Non ho niente di cui lamentarmi. Sono felice e voglio continuare con la mia solita vita, vincendo partite e cercando di tornare tra le prime 10. Ho ancora tanto lavoro da fare e tante sfide da affrontare” Dietro un grande sportivo però, c’è sempre un grande team. Per Venus la famiglia sembra contare più di ogni altra cosa. I box super affollati, con mamma Oracene sempre in prima fila, figura fondamentale alla pari del lungimirante papà, sono per lei linfa vitale. La rottura del loro matrimonio non mina i solidi equilibri, loro ci sono sempre, nonostante tutto. La tempra da “fighter” c’è ancora, non è mai svanita. Così, partita dopo partita, situazione dopo situazione (ultime della quali la gravidanza di Serena, che la fa diventare zia, e il coinvolgimento in un incidente stradale rivelatosi mortale per una delle persone coinvolte), la Venere nera riesce a risorgere dalle ceneri. Nel 2017 ottiene tanti ottimi piazzamenti, guadagnandosi due finali Slam, in Australia (persa per mano dell’allora più quotata e più giovane sorella) e a Wimbledon (dove si arrende sotto i colpi della spagnola Muguruza, attuale nuova numero uno delle classifiche), fino ad arrivare ad oggi.

Qualche giorno fa riesce a compiere un’altra fantastica cavalcata, raggiungendo le semifinali anche nel torneo di casa, lo Us Open, prima di arrendersi a Sloane Stephens. Venus oggi, dall’alto delle sue 37 primavere e della nona posizione nel ranking mondiale, ha ancora fame, eccome se ne ha.  Desidera che il tennis faccia ancora e ancora parte della sua esistenza. Così, alla domanda di quale sarebbe stato il suo futuro, ecco che risponde: “Continuerò a giocare a tennis. Mi sembra semplice. La stagione è stata buona con molte più vittorie che sconfitte, tanti grandi match e molte cose che ho imparato da entrambe. Il mio obiettivo è quello di mettermi sempre nella condizione di poter vincere ed è esattamente ciò che ho fatto quest’anno”. Fino a quando il fisico reggerà, fino a quando quella palla di servizio riuscirà a raggiungere i 200 km/h, Venus non mollerà mai la presa. Qualora una qualche situazione avversa dovesse portarla a maturare un’idea diversa, saremo tutti pronti a scendere in campo per urlare” lunga vita alla regina”, per il bene del tennis tutto.

Antonio Spanò

 

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