“La forgiatura di un campione”: il racconto intimo di Carlos Santos, il primo mentore di Alcaraz

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Il primo allenatore non si dimentica mai. Per Carlos Alcaraz, quel ruolo fondamentale è stato ricoperto da Carlos Santos, figura discreta ma determinante che ha accompagnato il giovane fenomeno del tennis dai 5 ai 12 anni. Oggi, Santos ha scelto di raccontare in un’intervista esclusiva a Puntodebreak la sua esperienza nel libro “Alcaraz: La forja de un campeón”, un’opera che è al tempo stesso testimonianza tecnica, diario emotivo e, in parte, bilancio personale.

Un legame totale, dentro e fuori dal campo

Tra Carlos e Carlitos non c’è stato solo il classico rapporto allenatore-allievo. Santos si è dedicato a lui a tempo pieno, seguendolo non solo nell’allenamento tecnico, ma anche nella preparazione fisica, nella nutrizione e persino nello studio. “Mi dedicavo in corpo e anima a Carlitos”, afferma con orgoglio, ricordando quegli anni in cui ogni aspetto della crescita del ragazzo passava sotto il suo sguardo attento.

Il libro è nato anche come riscatto silenzioso. Nonostante il ruolo cruciale ricoperto nella formazione di Alcaraz, Santos ha spesso scelto il basso profilo. Ma un libro, come sottolinea, “resta nel tempo, molto più di un’intervista”. È anche un modo per lasciare un’eredità concreta alla sua famiglia e ai giovani allenatori.

Un addio che ha lasciato una ferita

La separazione professionale tra Santos e Alcaraz non fu indolore. L’arrivo nel team di una nuova figura, più legata alla sponsorizzazione che al merito tecnico, ha segnato una svolta. “Non mi sono fatto da parte solo per l’arrivo di quella persona, ma volevo qualcosa di più stabile, un impegno reale”, racconta. Nonostante la promessa del padre di Alcaraz di garantirgli un posto nel progetto fino alla maggiore età del figlio, Santos scelse una via alternativa, accettando un’offerta concreta da un collegio dove insegnava educazione fisica.

“È stata la miglior decisione della mia vita”, afferma oggi senza rimpianti, pur ammettendo che “avrei voluto far parte del team, anche solo per accompagnarlo in qualche torneo”.

Un riconoscimento che non è mai arrivato davvero

Malgrado l’importanza del suo contributo, Santos ammette che non ha mai ricevuto un riconoscimento pieno dal team di Alcaraz. Anzi, la pubblicazione del libro ha raffreddato ulteriormente i rapporti, già incrinati dopo la sua uscita dal progetto. “Ho fatto tutto quello che potevo per lui, quasi come un padre. Questo resterà sempre”, sottolinea con una punta di amarezza.

La relazione con Carlitos oggi è cordiale, ma distante. “Prima ci scrivevamo spesso, ora non più. Quando ci vediamo ci salutiamo con un abbraccio, ma non c’è più quella connessione”. Santos non nasconde che si sarebbe aspettato una relazione più stretta, magari un coinvolgimento nella sua Academy, proposta che però non è mai arrivata.

L’eredità tecnica e il futuro di un talento unico

Guardando oggi Alcaraz in campo, Santos riconosce molte delle caratteristiche che aveva da bambino. “Quella mano, quella magia… la vedo ancora. La dejada, il diritto, li abbiamo provati milioni di volte”. Solo il servizio rappresentava una vera difficoltà, ma l’obiettivo era sempre chiaro: costruire almeno tre colpi d’eccellenza.

Santos riflette anche sulla personalità del suo ex allievo. “Secondo il giorno, non sapevi come avrebbe reagito. Come allenatore dovevi tenerlo in equilibrio”. Una maturazione che oggi si riflette anche nel modo in cui il pubblico percepisce il campione: giovane, brillante, ma forse non ancora del tutto centrato sulla piena professionalità. Il recente documentario Netflix, secondo Santos, ha mostrato solo una parte del percorso, quella più leggera, trascurando il sacrificio e la disciplina quotidiana.

E sul futuro? “Carlos ha un potenziale incredibile, ma serviranno più disciplina e riposo. La sua ‘maniera’ di fare le cose cambierà con gli anni, ne sono certo”. Se riuscirà ad adattarsi, potrà davvero aspirare a entrare nel mito del tennis al fianco dei grandi del Big3.

La dignità silenziosa di un maestro

Carlos Santos non cerca rivincite. Ha scelto la via del racconto, quella di chi ha dato tanto e ora guarda da lontano i frutti del proprio lavoro. “Lo rifarei tutto da capo. È un orgoglio aver contribuito alla crescita di un talento così raro”. E sebbene la sua sia ormai una figura nell’ombra, è impossibile raccontare la storia di Carlos Alcaraz senza passare da lui.

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