Il bilancio della spedizione italiana agli Australian Open

Dopo l'uscita di Andreas Seppi, facciamo il punto sulle prestazioni dei nostri tennisti.

Se siamo onesti con noi stessi, non possiamo non dirci che le aspettative tricolori a questi Australian Open erano decisamente diverse. Sarà stato il finale di stagione di qualche mese fa, con la vittoria di Sinner alle NEXT GEN e l’approdo alle ATP FINALS di Berrettini. Sarà stato un inguaribile ottimismo e la voglia di vedere dei tennisti italiani primeggiare nei tornei che contano. Sta di fatto che le uscite al secondo turno di Berrettini e Sinner rappresentano una piccola delusione

Matteo è approdato ai nastri di partenza di questo torneo da numero 8, un bel biglietto da visita da mostrare agli avversari, uno di quei biglietti che suonano “ah però!“. La sconfitta in 5 set contro Sandgren invece strappa in più pezzi quel biglietto, restituendoci una dimensione più terrena di Matteo, senza però, è bene chiarirlo, minare le fondamenta di quanto costruito l’anno scorso. Siamo solo ad inizio stagione, è vero, ma è l’unico TOP 10 ad essere uscito al 2 turno

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La delusione per Jannik è, al contrario, decisamente più irrazionale, come potrebbe esserlo quella della nazionale di bob jamaicana per non aver vinto l’oro alle Olimpiadi invernali. Stiamo parlando di un ragazzo di 18 anni che è comunque riuscito a centrare la sua prima vittoria in uno Slam. Che avremmo festeggiato come una benedizione se solo non avessimo ancora negli occhi la finale di novembre contro De Minaur, e radicata irreparabilmente nel cuore la speranza di aver trovato finalmente il Nostro campione. Certo, Fucsovics sembrava alla sua portata, ma le partite si vincono sul campo e non guardando i tabelloni con le braccia raccolte dietro la schiena. Rimangono per lui le investiture di Federer e McEnroe, che sono certo più razionali e meno coinvolti di noi. Amen. 

Paradossalmente le sconfitte al primo turno di Sonego e Cecchinato, soprattutto per il valore degli avversari affrontati (rispettivamente Kygrios, uno degli idoli di casa, e il n°7 Zverev) hanno comunque un sapore meno amaro, perché, seppur nette nel risultato (3-0), entrambi sono riusciti a creare dei grattacapi agli avversari, uscendo a testa alta dai campi di Melbourne, per quel poco che vale. Per dirla tutta, se avessero vinto avremmo certo gridato al miracolo. Anche se, è giusto ricordarlo, per Cecchinato si tratta dell’ennesima uscita al primo turno di uno Slam dopo la semifinale del Roland Garros, che sembra ormai appartenere all’epoca del bianco e nero. 

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Se queste “morti” erano in qualche modo annunciate, allo stesso modo lo erano quelle di Caruso, che, su una superficie poco amica, nulla ha potuto contro Tsitsipas, semifinalista lo scorso anno, e di Giustino che si è dovuto arrendere all’esperienza e ai 196cm di Raonic. Forse qualcosa in più si poteva chiedere a Travaglia, dopo le buone prestazioni dell’Atp Cup, ma non ci sentiamo di inserire la sua sconfitta contro Garin nella lista delle delusioni. 

Mai una gioia, quindi? Per quelle dobbiamo bussare alla porta della vecchia guardia.

Seppi si è ricordato che su questi campi ha battuto Federer e ha soffiato via i 15 anni di differenza che lo separano da Kecmanović con una prova netta nel punteggio e nella prestazione, per poi portare Wawrinka al 5 set uscendo tra i rimpianti di un break di vantaggio sul 4-3 nell’ultimo set. Alzi la mano chi avrebbe scommesso su di lui ad inizio torneo, ma Andreas appartiene da sempre al gruppo di quelli che “fanno, in silenzio”. Chapeau, ma di quelli australiani in pelle. 

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Last but non least Fognini, l’unico che è riuscito a guadagnarsi il terzo turno, battagliando per 5 set in entrambe le sue tormentate partite. Il solito Fognini, prendere o lasciare, che sta salvando in qualche modo l’onore della nostra spedizione. 

Ad oggi il bilancio ha la voce roca di un cantante di opera lirica, ma metti che poi Fabio arriva lontano…allora troveremo il modo di schiarirla per cantare “Tramontate, stelle! All’alba vincerò! Vincerò! Vincerò!”

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