ATP Finals: le gerarchie sono sempre le stesse, Djokovic gestisce Ruud in finale e vince il suo 6° titolo.

Ruud remissivo, non crea problemi a Nole, 7-5 6-3 per il serbo. Aveva iniziato la stagione con il famoso caso Australia, la finisce con il 6° titolo alle ATP Finals (raggiunto Federer), in mezzo il 7° a Wimbledon e molto altro, perché Djokovic è di fatto, ancora, a prescindere da tutto, di un'altra categoria, e, quindi, il più forte.

È a 2000 punti precisi dalla prima posizione mondiale di Carlos Alcaraz, ha giocato solo 11 tornei durante tutto l’anno, e non ha i punti del titolo a Wimbledon, 2000. Il calcolo è semplice. Novak Djokovic è ancora, ogni volta di più, l’uomo da battere. Anche in una stagione così strana, in cui Nole è partito sempre un passo dietro a tutti, per arrivare sempre davanti. E non c’era modo migliore per confermarlo se non nell’ultimo grande torneo dell’anno, con gli otto “maestri” del 2022.

Djokovic ha vinto il suo 6° titolo alle ATP Finals, eguagliando Roger Federer, battendo, e gestendo, in finale Casper Ruud 7-5 6-3. Un Ruud che non ha confermato i miglioramenti messi in mostra durante la settimana torinese e durante tutta la stagione. Troppo remissivo e difensivo, o perlomeno troppo per l’avversario che aveva dall’altra parte della rete, troppo lontano dalla riga di fondo per impensierire Djokovic, libero di gestire gli scambi a suo piacimento, diventati da un certo punto del match in poi solo una questione di tempo perché il serbo chiudesse il punto.

Da un certo punto del match in poi perché fino al 6-5 del primo set, come ammesso anche da Nole a fine partita ai microfoni di Sky Sport, il norvegese se l’era giocata più a viso aperto, l’unico modo per avere qualche speranza. In quel turno di servizio di Ruud il 21 volte campione Slam ha però trovato la risposta, si è fatto più minaccioso, ha strappato la battuta all’attuale numero 3 del ranking ed ha conquistato il primo set, portando da quel momento in poi il suo avversario a fare un passo indietro, e anche più di uno. Scelta comprensibile ma affatto proficua.

Il secondo parziale si è giocato tutto su questa linea, con il break decisivo, e il ruggito, di Djokovic, arrivato sul 2-1 e portato fino in fondo senza troppi problemi, con qualche timida reazione di Ruud. Per lui è la terza grande finale persa quest’anno, dopo quella del Roland Garros con Nadal e quella dello US Open con Alcaraz, in cui si giocava anche il trono del numero 1 al mondo.

Da sottolineare per Djokovic, oltre al primo titolo Master torinese, il fatto che torna a casa con il montepremi più alto di sempre vinto da un tennista in un singolo torneo, ovvero oltre 4,7 milioni di dollari, destinati a chi avrebbe vinto il torneo senza perdere neanche una partita. Decisivo quindi, alla fine dei conti, il match con Medvedev nel round robin. E proprio quel match con Medvedev, “che non contava nulla” ma che Djokovic ha vinto soffrendo, nel vero senso della parola, per più di 3 ore, se possibile rende queste Finals ancora più meritate.

Molto belle le parole con cui Nole ha salutato e omaggiato il pubblico italiano al termine del suo discorso durante la premiazione: “Ci sono tanti bambini e tanti giovani qui, io sono un giovane genitore e un giovane papà. Prendete in mano la racchetta, spero che questa settimana vi sia stata di ispirazione“. Poi di nuovo ai microfoni di Sky Sport: “L’Italia è un paese di tennis”. E se lo dice Djokovic, possiamo andarne fieri.

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