Bye Bye Terrarossa. Ci vediamo l’anno prossimo!

La stagione sulla terra rossa è giunta al termine. Facciamo il punto.

Parigi. Court Philippe Chatrier. Rafael Nadal, in maglia gialla e calzoncini grigi, sdraiato con le mani sul viso celebra il suo Roland Garros numero 12. Questa è l’immagine che tutti gli appassionati hanno ancora negli occhi e che rappresenta molto bene il torneo parigino, ultimo capitolo della stagione sulla terra rossa.

La stagione sulla terra battuta è giunta al termine. Cosa ci ha raccontato?

NADAL. Terra rossa e Rafael Nadal sono e saranno per sempre un binomio indissolubile. Il mancino di Manacor ha scritto ancora una volta il suo nome a fuoco nella storia del tennis. Questo 2019 però è stato meno dominante del solito. Non sto dicendo che sia una stagione negativa, anzi. Ma Rafa ha abituato il suo pubblico a vincere sempre. Invece, partenza in salita per lui. Montecarlo: perde da Fognini. Sconfitta bruciante ma grande match di uno degli migliori intrepreti di questo 2019 terraiolo. Allora, si vola alla conquista di Barcellona. Perde da Thiem, nuovamente in semifinale. Qualcosa non va. Partenza per Madrid. Niente da fare. Perde da Tsitsipas. Sempre in semi. A questo punto, serpeggiava l’idea di un calo di Nadal. In molti pronti a scrivere le sue esequie. Pessima idea sottovalutare lo spagnolo. Arriva a Roma e fa più danni della pioggia. Non perde nemmeno un set in terra capitolina fino alla finale dove travolge Djokovic, stanco ma impotente. Rafa si dirige a Parigi. La storia la sapete, se ve lo siete perso. 2 set persi in tutto il torneo. Trofeo in mano e gerarchie ristabilite. Un inizio zoppicante ha stimolato Nadal a tirare fuori gli artigli. Rafa sa che a 32 anni non ha ancora tante stagioni davanti a sé a questo livello. Ha sviluppato ulteriormente il suo gioco, rendendolo sempre più efficace e potente e aggiungendo anche variazioni e sortite a rete. Rafa sa che non sono poche le insidie al suo trono e non deve assolutamente sottovalutarle.

INSIDIE. Le insidie hanno nomi e cognomi. Soprattutto Dominic Thiem e Stefanos Tsitsipas. Questi due rappresentano gli eredi dello scettro di dominatore della terrarossa che Nadal è tutt’altro che propenso a lasciare. L’austriaco ha mostrato che più forti di lui su terra sono davvero pochi. Atleta magnifico, reattivo, con un gran dritto e un rovescio devastante, sia top sia back, a cui aggiungere una tenuta mentale in continua crescita. Ne sono prova la semifinale vinta contro Djokovic a Parigi e la vittoria a Barcellona. Tuttavia, negli altri tornei sul rosso Thiem non ha raccolto quanto il suo gioco dovrebbe garantirgli. Male a Montecarlo e Roma, e discreta prestazione a Madrid dove si è arreso Djokovic. Di ben altro profilo, il 2019 di Tsitispas: classe 1998, ha vinto all’Estoril, perso in finale contro Djokovic a Madrid, eliminato a Roma in semifinale da Nadal e sconfitto in un match fantastico contro Wawrinka a Parigi. È giovanissimo ma si è già abituato a questi palcoscenici. A differenza di Thiem, può ancora migliorare e se non si perde nel tragitto il futuro è suo. Giocatore completo, dotato di colpi solidi e un servizio di grandissima efficacia. Con l’esperienza che sta mettendo in cascina sarà sempre più l’uomo da battere.

DJOKOVIC. Nel tennis mondiale però i “ma” sono tanti. Il “ma” più grande è Nadal ma un altro “ma”non meno ingombrante è Novak Djokovic. Questi due ragazzi e tutti gli altri devono e dovranno fare i conti con lui. Parlare di futuro, di passaggio di consegne è prematuro e lo sarà finchè il serbo sarà in circolazione. Il serbo non ha un grandissimo feeling con la terra, per quanto uno come lui sarebbe ostico da battere anche se giocasse sui carboni ardenti. Su terra è meno tiranno che su cemento o erba, ma non meno imbattibile ed imbattuto. Il suo 2018 su terra fu un incubo, un punto così basso da cui infatti trovò le energie e gli stimoli per riprendersi mano il mondo del tennis mondiale. Questo anno voleva dimostrare di essere lui il numero 1. Ha perso solo da Thiem a Parigi e da Nadal a Roma, oltre ad essere inciampato nel bizzoso talento russo Medvedev in terra monegasca. Il numero 1 del mondo ha vinto Madrid ed è andato ad un soffio dal contendere a Nadal anche il Roland Garros. Non ha avuto fortuna Nole in questa stagione, dovendo spesso interrompere i suoi match per pioggia. Certamente ha riscattato lo scorso anno e confermato che per dominare nel circuito bisogna passare su di lui e che non sarà un ostacolo facile per nessuno, austriaco o greco o di qualsiasi paese del mondo tennistico. Tra i tanti “ma” c’è sempre lui: lo svizzero di Basilea.

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FEDERER. Un giorno, forse, si userà un aggettivo per definire l’eccellenza tennistica. E questo aggettivo potrebbe essere “federeresco” o “federereggiante”. Del resto, se si usa petaloso anche questo potrebbe entrare nei nostri dizionari. Anche perché io di aggettivi non ne ho e non sono in grado di definire lo svizzero. Passano gli anni, ma Roger resta. Anche sulla terra, verso cui ha mostrato una brutta forma di allergia che, esattamente come nel caso di Djokovic, non gli ha impedito di scrivere pagine indimenticabili di storia del tennis. Anche questa stagione profuma di leggenda. 37 anni e tre decadi di tennis sulle spalle. Perde da Thiem a Madrid dove regala giocate magnifiche, si arrende ad un terribile doppio match in un giorno a Roma, a Parigi si esalta fino alla semifinale dove emerge la sua altra brutta forma allergica: il mancino di Manacor. Il pubblico e l’avversario lo salutano con un lunghissimo applauso che difficilmente Roger dimenticherà. Non ha vinto nessun torneo ma nessuno come lui sa far brillare gli occhi degli appassionati. Che abbia preso parte alla stagione sul rosso in una sorta di farewell tour che segna la fine della carriera? Tutti speriamo di no. Ma nel caso è un modo stupendo di salutare tutti.

AZZURRO. Innegabile che questa stagione su terra sia stata anche a tinte azzurre. Fognini fresco fresco di top 10 (a 32 anni è il più “vecchio” ad entrare in top 10 per la prima volta) ha mostrato finalmente una maturità che tutti stavano aspettando. Vincitore di Montecarlo, nella seconda settimana a Parigi e sconfitto solo dai due dominatori del rosso: Thiem e Tsitsipas. Ma non solo Fognini, anche Berrettini vincitore a Budapest, finalista a Monaco e di diritto avversario ostico per tutti. Per un Ceccinato meno eroico della stagione scorsa, un Salvatore Caruso ha regalato un’altra grande pagina di tennis siculo a Parigi, dove è arrivato dalle quali agli ottavi dove l’ostacolo Djokovic si è dimostrato eccessivo.

Fognini

NOTE STONATE. Tutto bello. Nuovi talenti che emergono e la vecchia guardia che si oppone. Ma non è l’unica ad opporsi. Questa primavera tennistica è sembrata più un autunno-inverno. Berrettini ha giocato a Monaco di Baviera sotto il nevischio, Roma ha visto un’intera giornata sospesa sotto un nubifragio con poco più di 10 gradi (emergenza gestita il contrario di bene) e Parigi ha visto numerosi match giocati su più giorni. Clima infelice e strutture non pronte. Wimbledon docet, un tetto apribile risolve non pochi problemi. Negativo anche il cavallo pazzo Kyrgios: sceneggiate folli a Roma, dove spara una palla oltre gli alti spalti romani nel primo turno e poi lancia in campo un tavolino dopo un doppio fallo. Non contento, abbandona Parigi dicendo che la terra è una superficie da abolire. Si sta allenando da settimana su erba. È chiamato a grandi prestazioni, viste le ultime rivedibili uscite.

Quali sentenze hanno dato questi due mesi di tornei?

La stagione 2019 è segnata da una certa anarchia, rispetto agli anni precedenti. Tanti diversi vincitori, anche inattesi anche su terra: da Garin a Monaco, a Berrettini a Budapest, la sorpresa Paire a Lione e Marrakech, dalla mille volte citata vittoria di Fognini a Montecarlo. Alternanza di vincitori e di finalisti che regala pepe e vivacità al circuito. Ovviamente, direte voi, alla fine Nadal si è preso Roma e Parigi. Djokovic ha vinto Madrid. Quindi sono loro e sempre loro. 1 e 2 del mondo. Nole e Rafa sono assoluti re di questo mondo e vederli darsi battaglia ogni settimana è un privilegio che non dovremmo sottovalutare. C’è spazio per i giovani? Si perché sono davvero forti e pronti. Il problema è che quei due, con il vecchio svizzero, proprio non ci pensano ad appendere la racchetta al chiodo.

Ora si vola sull’erba. Cambia tutto. Cambieranno i protagonisti? Stay tuned.

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