Cronaca di un disastro: le pagelle delle ATP Tour Finals 2014

I due campioni, i ribelli, l'inossidabile e gli inqualificabili: i protagonisti delle Finals sotto la nostra lente d'ingrandimento

Tennis. Sono finite come sono iniziate queste benedette Finals di Londra, con grandi aspettative poi tradite dal corso di una storia che, come sancito dal ritiro di Roger Federer prima della finale, tutto sommato non si è neanche scritta per davvero. Che i favoritissimi della rassegna londinese fossero anche i due protagonisti assoluti ci si sarebbe potuto aspettare, con Federer che si è messo davanti nel suo girone praticamente incontrastato e Djokovic che non ha fatto altro che asfaltare un rivale dopo l’altro in un girone che aperto proprio non lo è mai stato, salvo forse per la seconda posizione, anche se Stan The Man era superiore ed alla fine si è visto. Un Djokovic che tituba nel secondo set contro Nishikori poteva riaprire tutto, visto che il suo promesso avversario in finale aveva lasciato appena un gioco a Murray, con tanto di dichiarazioni rilasciate direttamente al microfono della O2 Arena verso i delusi fan accorsi.“Malgrado le grandi aspettative, le Finals sono state tradite dal corso di una storia che, tutto sommato, non si è neanche scritta per davvero”.

Il livello di un campione, e non essere di parte non serve a niente in questi casi, passa anche da queste cose, da una doverosa puntualizzazione che ha tutto il peso di questo mondo che può e deve essere cemento per una generazione di “belli e bravi” che spesso non guardano molto alla forma, e tutto questo solo perché il campione può fare tutto (così ci insegna mamma TV). Di fronte a chi chiama ripetutamente il tuo nome, a chi vale tutto per te, non puoi esimerti dall’esprimere gli stessi sentimenti, anche se in modo fermo e razionale, con chi ha pianto con te e per te.

Dopo questa piccola digressione, ecco che ci avviamo verso le attesissime, temutissime pagelle di queste Finals. Beh, forse anche no visto quanto poco ci ha regalato l’atto finale delle stagione maschile, ma è sempre cosa buona e giusta andare sotto l’epidermide dei semplici matches e tracciare una linea di connessione tra tutti gli otto partecipanti.

NOVAK DJOKOVIC: Voto 8

A vedere le partite disputate in questi giorni dal N.1 del mondo si è potuto capire come non ci fosse neanche minimamente un margine di errore; personalmente me lo sono immaginato, durante il round robin, come un videogiocatore alle prese con i primi livelli di un gioco arcade, tra tutorial e primi schemi facilissimi, che non perdi neanche a farlo apposta. Con Nishikori c’è stato un mini blackout, o come volete chiamarlo, prima di ribadire il solito concetto che in questo momento in cima al mondo non c’è nient’altro che lui, soprattutto a livello di cemento indoor (lento, peraltro). Poco da dire e poco da spiegare, con l’8 in pagella che funge solo da distintivo, anche perché il voto sarebbe 6 vista la situazione che si è trovato ad affrontare di là dalla rete.

ROGER FEDERER: Voto 8

Sarebbe scontato, anzi scontatissimo, mettere un mezzo voto in meno rispetto al suo dirimpettaio di classifica solo perché gli ha lasciato la vittoria finale a causa di quella maledetta schiena, ma il voto in se per se non ha molto senso di esistere a fronte di un girone dominato, di una semifinale persa, poi vinta, poi strapersa e poi stravinta e ad una bandiera bianca. Djokovic ha avuto già il suo riconoscimento personale in forma di trofeo, dunque non dovrebbe essergli di troppo disturbo di accettare un voto uguale identico a Federer. La finale sarebbe potuta essere stupenda magari, avrebbe potuto infiammare il pubblico e l’anima degli appassionati, eppure nulla è successo, con un punto di domanda che non lascia che un forte senso di vuoto.

STAN WAWRINKA: Voto 7+

Iron Stan ha dimostrato di avere un gran bel feeling con il cemento londinese, anche vista la ottima prova dello scorso anno, e quest’anno voleva dimostrare di contare qualcosa tra i grandi nonostante una stagione che lo aveva visto in costante parabola discendente dopo il magnifico trionfo a Melbourne di inizio anno. Nel girone in cui Djokovic ha fatto da padrone, lui si è limitato a vincere gli altri due incontri senza particolari problemi, anche se un Cilic già fuori e dunque senza pressioni avrebbe potuto guastargli la festa. In semifinale il sogno sembrava essersi realizzato, quello di battere Federer fuori dalla terra monegasca, eppure quel dito che spesso si era portato alla tempia come per ricordarsi di ragionare si è dovuto aggrappare al manico della sua racchetta nel disperato tentativo di prevalere al photo-finish. E’ stata proprio la testa a venir meno, con quei due scellerati serve & volley che hanno aperto un portone nel quale il 33enne di Basilea non ha pensato due volte ad infilarsi. Possono sembrare limiti, ma pensando al livello di gioco espresso e al rivale di turno, forse possiamo solo considerarla umanità. Peccato, dopotutto.

KEI NISHIKORI: Voto 7

Con un Wawrinka in versione “Super Sayan”, Nishikori era effettivamente il primo tra gli esseri umani in gara. Se con Federer si è un po’ spento, è anche vero che è perfettamente riuscito a domare Murray ed ha avuto il non semplice compito di disinnescare la voglia di rivalsa di un David Ferrer all’unica uscita conseguente all’infortunio occorso a Raonic. Il ritorno con vittoria di set su Djokovic in semifinale è stato un sussulto, purtroppo per il gioco e per lo spettacolo, seguito solo da un nuovo tracollo risoltosi in un 6-0 al terzo set. Dell’onesto mestierante nipponico non si curava nessuno anche se non si era mai veramente allontanato dalle prime posizioni mondiali, e nonostante gli U.S. Open qualcuno aveva addirittura storto il naso nel vederlo a Londra: va detto, però, che se il tennis che si è cercato di ottenere negli ani è questo, tutto molto maschio, sporco, brutto e cattivo, Kei ne è uno dei prodotti più raffinati, con anticipi extra-lusso e splendide traiettorie, se in forma. Anche se all’orizzonte non vediamo molti poeti della racchetta, se da una parte ci sono le badilate da fondo, dall’altra possiamo tranquillamente trovare dei tocchi pregevolissimi supportati anche da un po’ di intelligenza tattica. Per dirla alla “Bar Sport” :<<c’è molto di peggio, date retta>>>.

DAVID FERRER: Voto 6, 5

Cronache di un’attesa: Ferru giunge a Londra, si allena e aspetta. Macumbe a parte, David riesce a giocare lo stesso un match a causa del ritiro di Raonic. Aspettava il momento per emergere, anche solo per un momento, dal gelido risultato di una stagione tutt’altro che brillante. Ferru entra in campo e si prende tutto il merito di questo mondo strappando un set a Nishikori (che se fosse stato uno tra Murray o Raonic ne avremmo potuto riparlare in altri termini). Esce sconfitto, magari ferito nell’orgoglio nonostante la dura prova affrontata, ma Ferru è un personaggio incredibile, impeccabile come professionista e come presenza. Applausi a David, perché ha dovuto aspettare senza negare la propria presenza, perché si è messo in gioco al 100% ed ha inciso più di chi aveva molte altre chances.

TOMAS BERDYCH, MARIN CILIC, ANDY MURRAY, MILOS RAONIC: Voto N.C.

Ragioni diverse, anche valide magari, ma il risultato resta lo stesso: ai quattro dell’apocalisse sono mancate solo le divise sporcate da un qualche lascio di pomodori al momento della definitiva uscita di scena. Il bello delle pagelle è che ognuno può dire la sua e le discussioni che ne possono derivare sono (dovrebbero?) essere quanto di più costruttivo possa esserci nel variopinto mondo dello sport. Non ce n’è uno fuori dalla mischia, ne’ Raonic per via dell’infortunio, ne’ Murray per la stanchezza, ne’ Cilic per il set vinto o Berdych per la vittoria di consolazione; tutti allo stesso modo colpevoli di essere troppo inferiori in questo momento, senza possibilità di competere a questi livelli. La domanda resta la stessa, ovvero se questi cosiddetti “top” non sarebbero stati solo un sottobosco in una era popolata da qualche giocatore talentuoso in più, o sarebbero addirittura riusciti a salvarsi con difficoltà nelle classifiche di uno sport come era il tennis neanche troppi anni fa.

Resta inevitabilmente l’amaro in bocca, per delle Finals che sono precipitate in un burrone senza fine, senza possibilità di salvare il salvabile, con un solo incontro degno di nota (semi Federer-Wawrinka). “Tutto molto bello!” diceva Bruno Pizzul: menomale che giriamo pagina e passiamo al 2015, con all’orizzonte Nadal e Del Potro e, forse, qualche nuovo salvatore della patria, che così sarà davvero dura di anno in anno.

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