Matteo e le physique du role

La dolorosa vicenda di Matteo Berrettini insinua più d’un dubbio sulla tenuta fisica di un giocatore bellissimo da vedere, efficace come pochi specie quando batte, ma… Esiste un precedente inquietante: di un altro che non ha avuto troppa fortuna, al quale il nostro pare assomigliare parecchio (speriamo…non in tutto sin nei dettagli!). E qualche sospetto comincia ad emergere, per analogia, anche sull’annunciato numero 1 prossimo venturo…

Guastafeste. Eccola, l’antipatica parolina che ci è saltata subito in mente (nel senso propriamente etimologico del termine, e di certo suo malgrado) nell’assistere sgomenti l’altra sera alla triste vicenda di Matteo nostro, condita da lacrime spontanee ed irrefrenabili le quali non hanno fatto altro che sottolineare la drammaticità del momento. Eh già, dato che con quell’infortunio improvviso e non annunciato (almeno per chi guardava: chissà che il ragazzone romano non abbia avvertito anche prima che qualcosa non andava dalle parti del suo scultoreo torace), Berrettini ha finito col rovinare anzitutto a sé stesso la gran festa, che tanto agognava ed aveva sognato di vivere da gran protagonista davanti al ‘suo’ pubblico… E poi all’organizzazione tutta, a noi che amiamo il tennis in generale ed il nostro numero uno in particolare, financo all’ATP gran cerimoniere dell’evento (ben consapevole dell’appeal di cui godeva la scintillante manifestazione nel paese ospitante, con la presenza non da comprimario del suo alfiere principale). 

A proposito: chissà che il freddo manager Andrea Gaudenzi, attuale capoccia del baraccone, non abbia sgradevolmente rivissuto, magari con un gelido brivido lungo la schiena, quanto accadde a sé medesimo nella sua precedente vita da buon giocatore 23 anni or sono: quando, con tutti gli occhi dell’Italia sportiva addosso, a Milano nella finale di Davis con la Svezia, ad un passo dal successo contro Norman sentì il tendine della spalla destra andare in frantumi come un elastico bolso. Con tanto di ritiro, e pianto irrefrenabile –lì di sicuro pure per il dolore-. Se gli è rimasto qualcosa dell’antico spirito da lottatore indomito, anche ora che viceversa per il suo ruolo deve far valere più il cervello che il cuore, può essere…

Le lacrime di Berrettini alle Atp Finals, si infortuna e deve ritirarsi contro Zverev | L'HuffPost

Fatto sta che il bello de casa ce lo siamo giocato, subito al ‘pronti via’. Disdetta, sicuro, oltre a dispiacere per il ragazzo che –a modo com’è, oltre che gran  giocatore- non se lo meritava proprio. Toccherà a Jannik probabilmente (al momento in cui scriviamo il forfait non è ancora ufficiale), e la cosa ci consola poco: anche perché Sinner nelle ultime battute stagionali è apparso un tantino moscio, e resettare tutto in 48 ore per ricaricarsi al massimo può risultare esercizio indigesto anche per una ‘forma mentis’ teutonica come la sua, avvezza a ridurre le emozioni al minimo indispensabile. E che quando c’è da combattere gli dice semplicemente ‘vai’, e lui da bravo soldatino esegue senza troppi scomodi retroterra psicologici… Vedremo: ad un vecchio ‘voyeur’ di calcio come il sottoscritto, storie romantiche del tipo Danimarca che vince gli Europei da ripescata, garbano assai: ma qui è un tantino più complicato.

Sì, ci son rimasto male: come tutti. Il fidanzato di Alija stava lottando da par suo, il primo set si era giocato su un paio di punti, pure opposto ad un satanasso quale Zverev teneva botta egregiamente. E poi… Basta, speriamo che si rimetta alla svelta, e che non forzi i tempi per rientrare in Davis –rischiando di compromettere per troppo patriottismo gli Australian open, e l’inizio della prossima stagione-. Però ci è sovvenuto al volo un paragone, che avevamo delineato in tempi non sospetti, e che ora comincia ad inquietarci un po’. A noi Berrettini, per la potenza, per la maestria nell’uno-due, per il servizio assassino, financo per le movenze sornione ed un po’ compassate, ha sempre ricordato un ‘crack’ come Juan Martin Del Potro: ed ora, nel rammentare come tale campione abbia visto tarpate le proprie ali da una sequenza ininterrotta di guai fisici (polso, ginocchia e compagnia), ci suona un fastidioso campanello d’allarme. Già, perché anche Matteo già da un po’ ogni tanto deve rientrare ai box e farsi un tagliando, dovendo ogni volta ricominciare non dico da capo, ma insomma…

Tennis, ATP FINALS - Matteo Berrettini si infortuna ed è costretto al ritiro: vince Zverev - Eurosport

Fuor di metafora, e tanto per parlar chiaro: non sarà che pure la compressione fisica del nostro beniamino ogni tanto, e sempre più spesso, gli chieda il conto? Di un motore da Ferrari in una carrozzeria da… Alfa Romeo: buona sì, ci mancherebbe, ma la potenza dei cavalli forse è spropositata, per viaggiare a lungo in autostrada a tutta birra. Spero di esser stato chiaro nell’esplicitare il mio dubbio: qualcosa del tipo è emersa, se anche Paolo Canè l’altra sera -il quale assai più di me ne sa- ha detto che il modo stesso di portare il diritto, a braccio un po’ contratto, potrebbe essere la causa di ricorrenti fastidi addominali. E Lauretta Golarsa, ora brava al microfono come lo era in campo, a sottolineare che Berretto domenica “forse è andato oltre quanto è abituato a fare, esasperando talvolta i movimenti del servizio e del diritto: col campo rapido che ha poi accentuato tutto”. Poi, a spanne si potrebbe dire che c’è un fisico perfetto per giocare a tennis: è quello di Federer, armonioso e coordinato, o di Djokovic, un tiramolla con zero zavorra corporea che fa impazzire chiunque. Già di meno, e parecchio, Nadal (pensiamo al fatto che, destrimane, è stato abituato a giocare fin da baby col mancino: oltre al gran lavoro per renderlo la controfigura di Hulk), così come Murray, mingherlino di nascita, eppure sin da giovane bello ‘inquartato’: due grandissimi, ma spesso fermi, specie con l’avanzare dell’età. Più in generale: due metri di statura aiutano lì per lì, ma poi son quelli sotto l’1,90 a dettar legge. Sarà un caso?

Vi lascio, e mi lascio, con tale dubbio amletico. Ma già che ci sono, entro (per similitudine) a gamba tesa sull’altro argomento di questi giorni: quello di Alcaraz, che sbatte chiunque come tappeti con l’incoscienza dei suoi 18 anni, e che tutti o quasi pronosticano come il futuro numero 1 fra un paio di stagioni. Io sono fra costoro, ma anche qui comincia a farsi strada un interrogativo, in me. Che è il seguente: il baby pare più stagionato della sua verde età, già strutturato com’è (potente, agile, oltre alla ‘testa’ giusta vabbè, ma qui parliamo d’altro). Il problema, ammesso che lo sarà, è che non dovrebbe ancora aver completato il proprio sviluppo: il suo corpo pertanto cambierà, e siamo sicuri che a quel punto Carletto sarà così perfetto come appare ora? Massimo equilibrio al momento, ma domani? Per farla breve, tutto lascia ritenere che sarà a lungo il dominatore del circuito, col piccolo tarlo (per quanto mi riguarda) di vedere come si presenterà fra qualche tempo: bicipiti e quadricipiti esorbitanti, altezza spropositata, aumento della massa muscolare e quindi di peso, etc. etc. ? E se tali fisiologici cambiamenti risultassero, alla resa dei conti, un handicap? Meditate gente, meditate. E soprattutto, vedremo insieme fra non troppo tempo se queste che espongo sono solo fantasie, superate dalla realtà delle cose. Poi magari va a finire che un Sinner (uno a caso, eh…), attualmente strapazzato come tutti o quasi dallo spagnoletto, riguadagni qualche posizione nella ipotetica corsa al ‘boss’ prossimo venturo: hai visto mai…

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