Montepremi dei Major: una piccola riflessione

Negli ultimi anni, gli organizzatori dei tornei del Grande Slam stanno aumentando in maniera importante i montepremi. La strada è ancora lunga, ma il Tennis può trasformarsi, in questo 21° secolo, dal gioco di elitè per eccellenza ad un gioco almeno un po' più pop?

Premessa – Continua ad aumentare il montepremi dei tornei del Grande Slam. Appena concluso Wimbledon, anche lo US Open prevede un notevole incremento rispetto allo scorso anno, sfondando la considerevole quota di 50 milioni di dollari e diventando l’edizione più remunerativa della storia del tennis.

Il trend, come dicevamo, è in costante aumento e riguarda tutti e quattro i Major. Il 2017, quindi, si concluderà come l’anno dei record da questo punto di vista.

L’Australian Open, con un incremento del 14% del montepremi totale rispetto all’edizione 2016, è stato il primo torneo a toccare la cifra di 50 milioni.

Il Roland Garros e Wimbledon, pur con montepremi poco più modesti, rispettivamente 39,2 milioni e 40,8 milioni, confermano il trend di aumento percentuale rispetto alle edizioni passate. Per il torneo parigino infatti è stato messo in atto un piano programmatico di aumento annuale, compreso fra il 10% e il 15% ogni anno per 4 anni. Discorso un po’ diverso ma comunque in linea anche per Wimbledon, che rispetto all’edizione 2016 ha aumentato il montepremi del 12,5%; questa importante percentuale di aumento in realtà è un po’ falsata, visto quando si è svalutata la sterlina nell’ultimo anno, in seguito alla Brexit.

Gli US Open infine continuano ad infrangere record e arrivano a garantire un prize money di 50,2 milioni di euro.

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Come siamo arrivati a questo punto? – Gli organizzatori infatti, nell’aumentare in modo così importante il montepremi, si sono particolarmente concentrati nel garantire una maggiore equità dei dividendi. In parole povere, il budget viene distribuito fra tutti i giocatori in tabellone, con aumenti sostanziali per chi arriva ai turni finali del torneo, ma anche e soprattutto per chi si ferma ai primi turni. Sono proprio questi ultimi ad aver visto i maggiori incrementi percentuali del proprio premio.

Il cambio di rotta a questo proposito va avanti da circa 6 anni, quando fu raggiunto il culmine delle polemiche da parte dei giocatori che navigano intorno alla top-100 (e più in basso). A detta di molti di loro infatti, le spese per partecipare a un Major (comprensive di viaggi, alloggio eccetera), per un giocatore che si ferma al primo turno, sono maggiori rispetto ai guadagni netti.

Ad ascoltare e rendere viva la loro voce, ci ha pensato il consiglio dei giocatori ATP, una specie di sindacato dei tennisti formato da 10 membri eletti dai giocatori stessi. A metterci la faccia come membro di spicco di questo consiglio, fra il 2009 e il 2013, è stato un certo Roger Federer.

Sul ruolo dello svizzero in questo processo ha speso importanti parole di apprezzamento il doppista brasiliano Andre Sa, anche lui membro per breve periodo del consiglio: “È sempre stato coinvolto. È stato presidente nei due anni in cui ho fatto parte del consiglio, due anni in cui si è stati impegnati con i tornei del Grand Slam per l’aumento del montepremi. E in questi casi ci vuole uno autoritario e lui si è fatto sentire nel momento giusto. È stato il protagonista, prendeva ognuno con sé e diceva ‘ti posso assicurare che ci metterò la faccia, mi batterò per questo e ci riparlerò’. Io posso testimoniare le tante riunioni e incontri a cui ha partecipato. Ha impiegato tempo per noi”

Il lavoro di questo consiglio, di cui Federer è stato il principale testimonial mediatico, ha evidentemente dato i suoi frutti, per il bene di tutto il Tennis. Con gli anni 2000 e in particolare a cavallo degli anni ’10, la popolarità del tennis è aumentata prepotentemente, anche grazie alle grandi rivalità fra grandi giocatori, ma questo incremento del volume di affari è stato spartito fra i giocatori solo negli ultimissimi tempi. Basti pensare che l’epica finale del 2008 di Wimbledon fra Federer e Nadal, una delle più belle partite della storia di questo sport, ha portato nelle tasche dello spagnolo “solo” (il virgolettato è decisamente opportuno) 750’000 sterline, poco meno della metà degli 1,25 milioni di sterline toccati allo svizzero come vincitore dell’ultima edizione. Ma i guadagni complessivi per l’organizzazione nelle due edizioni sono stati solo poco diversi.

General view of Centre Court during the Ladies' Singles Final between Serena Williams (USA) v Garbine Muguruza (ESP). The Championships 2015 at The All England Lawn Tennis Club, Wimbledon. Day 12 - Saturday 11/07/2015. Credit: AELTC/Chris Raphael.

Il tennis di questi anni è uno sport decisamente più seguito, su tutti i media e social media, e questo sicuramente si è tradotto in un aumento del volume di affari per il mondo che gira intorno ai giocatori. Ma solo adesso il ritorno economico sta arrivando anche ai giocatori stessi, principale motore dell’economia di questo sport. E questo grazie alle varie proteste emerse in questi anni.

Il paragone col calcio è forse azzardato, ma può aiutare a rendere l’idea; nel tennis, solo i primi 200-300 giocatori al mondo possono garantirsi serenamente un utile dalla professione che svolgono. Nel calcio, nonostante sia difficile individuare i primi 200 calciatori al mondo, di sicuro tutti e 200 guadagnano cifre astronomiche rispetto ai colleghi tennisti.

In più, per il singolo tennista, le spese sono tutte a proprio carico e molti giocatori devono fare i conti con la loro doppia natura di giocatori e imprenditori di se stessi.

Si tratta di due mondi diversi, e in cui la quantità di denaro circolante è decisamente diversa, ma la relativa povertà dei tennisti nella parte bassa della classifica può solo affossare questa disciplina. Quale genitore investirebbe tanti soldi e tanto sacrificio per far diventare suo figlio un tennista professionista, in un mondo dove per arrivare davvero a guadagnare bisogna essere fra i primi 200 giocatori al mondo? E quanti potenziali buoni giocatori sono rimasti ingolfati in questo sistema dalla mancanza di risorse?

E stiamo parlando solo del singolare maschile.

Il vento sta cambiando anche nel singolare femminile, dove il prize money nei tornei Major per le signore è stato equiparato a quello dei signori. Anche in questo caso, grazie all’impegno delle tante giocatrici che hanno sollevato la questione, e anche dagli assist arrivati dal mondo maschile, in particolare dal numero 1 Andy Murray che si è sempre esposto sulla questione.

La situazione è ancora “tragica” però sia per il doppio che per il doppio misto, dove le cifre che circolano sono decisamente basse.

È fuori discussione che la principale unità di misura dei montepremi è la percentuale di ascolti e la visibilità dei campi, ma forse buttare anche pochi più soldi dentro a questo mondo può contribuirne non poco ad aumentarne la visibilità, generando professionisti migliori.

La strada di aumentare i montepremi, almeno nei Major, forse è la migliore. Ma non sono mancate polemiche e abusi. Molti giocatori infatti, attratti dal ghiotto montepremi dell’ultima edizione di Wimbledon, si sono presentati al primo turno in pessime condizioni fisiche, dando vita ad una lunga serie di ritiri al primo turno. Questo non fa bene al tennis, ma è solo un ennesimo campanello di allarme. Suona strana l’idea che giocatori della classifica e del calibro di Dolgopolov possano essere attratti dalle 30’000 sterline garantite dalla partecipazione al primo turno, ma anche se fosse davvero così è solo un brutto segnale per il tennis. Episodi come questi probabilmente continueranno a verificarsi se non aumenteranno i montepremi anche degli altri tornei, per garantire ai giocatori non di primissimo livello di vivere di questo sport, e soprattutto alle più giovani promesse di trovare stabilità economica e possibilità di reinvestire su se stessi.

Ed è proprio di queste ultime che ci preoccupiamo. Si parla tanto di NextGen, ma quanti NextGen si sono persi o si stanno perdendo in questo percorso? Le federazioni nazionali non possono essere le uniche figure a fare da chioccia ai giovani giocatori (anche perchè non tutte le fanno, né tutte lo fanno allo stesso modo), ma questi devono essere messi nella condizione di svezzarsi anche da soli, con montepremi più alti anche nei tornei minori. Probabilmente questo renderebbe la cosa più meritocratica. Se infatti molti giovani tennisti si fermano per mancanza di risorse, quelli che ne beneficiano possono comunque essere fermati dagli adagi dati dal supporto delle Federazioni. Basti pensare a due facce note che hanno in parte abusato del sistema (almeno ai nostri occhi): Kyrgios e Tomic. La Federazione australiana è tradizionalmente molto attenta alla formazione dei propri tennisti, ed entrambi hanno (giustamente) beneficiato delle sue risorse e del suo supporto, in quanto giovani grandissimi talenti. Ma se si fossero guadagnati il 100% della pagnotta, adesso si comporterebbero allo stesso modo?

La formazione del tennista è un processo lungo e dispendioso, e si trotta di un problema antico, ma quanto mai attuale. Col terzo millennio, il tennis può passare da uno sport elitario ad uno sport almeno un po’ più pop?

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