Resilienza: la mia battaglia con gli infortuni

In un articolo rilasciato per "Tennis Takes", Brian Baker parla in prima persona dei suoi infortuni e di come abbia convissuto con essi.

“Sarò sincero, non è stato un articolo facile da scrivere”, esordisce il giocatore statunitense, “Comunque, visto che sto recuperando dopo la mia quattordicesima operazione, ho pensato fosse giunto il momento di condividere la mia esperienza nel convivere con gli infortuni durante la mia carriera“, dice Baker in seguito dell’intervento alla schiena subito il 21 dicembre scorso.

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Il punto di partenza

“Anche da giovane, sapevo di non avere un corpo particolarmente dotato. Avevo una grande coordinazione occhio mano, ma ero davvero poco flessibile a livello di articolazioni: mentre tutti gli altri ragazzini sedevano a gambe incrociate, a me toccava portare le ginocchia verso il petto. Ho avuto da sempre problemi alle anche, e potendo tornare indietro presterei molta più attenzione a flessibilità e mobilità articolare”.

“Ricorderò per sempre l’ufficio del medico che visitai alla fine del 2005: avevo appena vinto il mio primo incontro con un top 10 (Gaston Gaudio), riuscendo così a superare un turno agli US Open per la prima volta in carriera. Avevo, però, un dolore alle anche che andava avanti da qualche settimana, per cui decisi di andare a farmi vistare. Le notizie furono decisamente negative: mi disse, in poche parole, che non avevo le anche adatte a giocare a tennis. Avevo già superato delle difficoltà a livello fisico, perché mi ero operato al ginocchio da teenager, ma questa era davvero una notizia che metteva in discussione la mia carriera appena iniziata”.

Il peso mentale

“Mi operai qualche settimana dopo, ma rifiutai di credere che non potessi giocare a tennis. E’ così che faccio le cose: continuo a lavorare sodo, e continuo a credere che le cose miglioreranno col passare del tempo. Quando quest’intervento divenne il catalizzatore di molti altri, però, divenne difficile mantenere quest’attitudine positiva: il dolore fisico è sicuramente pesante, ma quello psicologico si fa sentire sempre di più”.

“Penso che la parte più difficile nello stare fuori per così tanti anni per infortuni sia la nomea che ti porti dietro. Di certo è fastidioso non poter competere al massimo nello sport che da sempre ami e giochi, ma essere riconosciuto come il ragazzo fragile e infortunato è davvero orrendo. Sono passato da essere “quello che gioca a tennis” a essere “quello infortunato””.

Ogni volta che apparivo in pubblico, le domande erano sempre “come sta il tuo corpo?” o “cosa ti fa male ora?”. Immaginate rispondere a queste domande centinaia di volte l’anno. Di sicuro tutti cercano di essere solo premurosi (penso farei lo stesso nei loro panni), ma è davvero mentalmente stancante dover pensare costantemente ai miei infortuni. Perfino la mia lega di Fantacalcio, in cui ci sono diversi miei colleghi, parla di me usando l’emoji della sedia a rotelle! Comunque, non è una tragedia, ho imparato a vivere con questa nomea e ad accettarla”.

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“Col passare degli anni, ho trovato delle massime che mi hanno aiutato a convivere con la mia situazione, e mi hanno aiutato davvero molto in momenti in cui non era per niente facile andare avanti. Penso che ogni situazione sia differente, e che non ci sia una ricetta perfetta per convivere col dolore e la delusione ma, di certo, più si è preparati meglio è“.

Prospettiva

“Sicuramente, guardare alle cose in maniera positiva in un periodo difficile è molto importante. Ovviamente, il primo pensiero è che il mondo stia finendo e non riuscirai mai più a riprenderti. Non riesco neanche più a contare le volte in cui ho pensato che un infortunio fosse troppo duro e non sarei più riuscito a giocare ad un livello alto. Comunque, se si continua a fare le cose giuste nel tempo, ogni infortunio viene guarito: un ruolo fondamentale lo gioca la mente che, secondo me, ha un potere curativo elevato. Esistono gli ipocondriaci e i trattamenti placebo pure, la mente ha davvero un potere fuori dal normale”.

“Concentrati su cosa puoi controllare, e spendi meno tempo su cosa non puoi. Tendiamo tutti ad avere paure irrazionali in periodi stressanti, ma posso giurare che preoccuparsi di cose incontrollabili sia contro-producente: al contrario, porta tutta la tua attenzione verso l’avere una mentalità positiva e nell’impegnarsi nella riabilitazione”.

“Parte fondamentale di un’attitudine positiva è sicuramente l’essere grati per quello che si ha, e non preoccuparsi di quello che manca. E’ difficile trovare qualcosa di cui essere felici nei periodi difficili, ma se ci si ferma e si pensa, si trovano un sacco di cose di cui si è contenti. Io, per esempio, ho pensato alla mia mente che funzionava ancora perfettamente, alla mia salute generale decisamente buona. Ho pensato ai posti che ho visitato e alle persone stupende che ho conosciuto giocando a tennis in giro per il mondo. Ovviamente ci sono dei momenti in cui sono furioso per non riuscire a raggiungere un livello di gioco a cui so di poter arrivare, ma passare il tempo a fare la vittima è inutile“.

Affidarsi a famiglia e amici

E’ impossibile dare troppa importanza di avere un buon rapporto con persone che ti supportino: i momenti duri sono difficili da superare da solo, e quelli davvero bui sono impossibili da superare senza aiuto. Non so dove sarei ora senza amici (tennisti e non), famiglia e terapisti. Sono stato seguito da specialisti dopo gli interventi, ho sviscerato i miei problemi, sono stato spronato a dare ancora di più e molto altro ancora. A volte basta un amico che ti distragga dal tuo problema per passare una bella giornata e divertirsi un po'”.
“Sapete già chi siete, ma voglio davvero ringraziare chiunque mi abbia aiutato a ritornare dopo l’ennesimo infortunio: non ce l’avrei mai fatta senza di voi!”.

Non usarli solo come una valvola di sfogo

“Certamente, avere amici e parenti vicini è molto utile, ma questo non significa scaricare tutto su di loro. Sfogarsi è utile fino ad un certo punto: iniziare a piangersi addosso, però, è un’attitudine tossica per se stessi. In fin dei conti, solo TE sei incaricato di superare i tuoi problemi“.
“Uno dei maggiori penso sia stato l’affidarsi a troppe persone per prendere decisioni. Sono una persona a cui piace analizzare ogni singolo dettaglio di una questione, per cui ricevere troppe opinioni può portare a non riuscire a prendere una decisione finale! L’ultima cosa di cui si ha bisogno in un periodo difficile è l’indecisione: prendi una decisione, segui l’istinto, e vai avanti per questa strada“.

Mai porsi tempi troppo stretti per la guarigione

“Anche se non è una cosa che piace, gli infortuni di solito guariscono secondo i loro tempi. Il preoccuparmi riguardo il quando sarei tornato non faceva altro che allungare i tempi. Quest’aspetto era particolarmente enfatizzato quando giocavo il doppio, perché avevo un compagno che faceva affidamento sul fatto che sarei tornato per uno specifico torneo. Come ho detto prima, una mentalità positiva è fondamentale per superare i problemi: lo stress può anche portare certe persone a lavorare più duramente, ma non penso aiuti il corpo a guarire. Penso porti anche a prendere decisioni peggiori.”

“Nel 2008 mi sono dovuto operare 3 volte (anca destra per la seconda volta, anca sinistra e gomito), avevo lavorato davvero sodo per due anni e mezzo per ritornare dopo il primo infortunio all’anca e altri problemi minori. Lo stress del provare a tornare il prima possibile era davvero troppo. Non sono uno che guarisce in fretta, e penso di aver sempre bruciato le tappe quando si parlava di tornare in campo.
Per cui, dopo queste tre grandi operazioni nel 2008, ho deciso di iscrivermi alla Belmont University nell’autunno dello stesso anno. Avevo bisogno di una pausa dallo stress del rientro: non stavo lasciando il tennis, ma avevo bisogno di vivere la mia vita”.

“Continuavo a spendere gran parte del mio tempo seguendo i protocolli di riabilitazione per i miei infortuni, ma ero anche uno studente e l’assistente allenatore della squadra di tennis maschile.
Penso che la mia decisione possa essere riassunta col voler andare avanti con la mia vita, al posto di dedicarla solo al tennis. Penso una delle migliori decisioni io abbia mai preso, perché riuscivo a restare in contatto col tennis attraverso l’allenamento ma ero molto più felice in generale. Avevo ancora il desiderio di tornare a giocare un giorno, ma l’aver tolto una data precisa mi aveva tolto anche molta pressione. Non mi ha per niente fatto male, dato che ho pure incontrato quella che è ora mia moglie in questo periodo fuori dal campo!”.

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Fonte: tennistakes.com

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