La seconda giovinezza di Su-Wei Hsieh

Numero 23 nel 2013, Su-Wei Hsieh è stata a lungo tormentata da un infortunio alla caviglia. Considerata ormai una singolarista finita, oggi, a 33 anni, è virtualmente numero 24, a un passo dal best ranking. Le chiavi della rinascita: quei colpi poco ortodossi, che spesso fanno storcere il naso agli esteti del tennis, e una ritrovata condizione atletica.

Questa edizione del Wta Premier Mandatory di Miami può essere considerata come la rivalsa delle giocatrici atipiche. Tatjana Maria si è tolta la soddisfazione di eliminare Camila Giorgi e Sloane Stephens, prima di arrendersi agli ottavi a Marketa Vondrousova. Agli ottavi è approdata anche Yulia Putintseva, che ha portato Karolina Pliskova al terzo set e la ceca l’ha spuntata dopo oltre due ore di combattimento. Monica Niculescu si è fermata al terzo turno, battuta da Caroline Wozniacki, ma non prima di essersi presa lo scalpo eccellente di Garbine Muguruza.

Chi ha fatto meglio di tutte è stata Su-Wuei Hsieh che, nella tarda serata italiana di ieri, ha sfiancato e destabilizzato la Wozniacki, centrando così i quarti di finale e dimostrando ancora una volta quanto le sempre più frequenti affermazioni su top 10 e top 15 non siano frutto del caso ma di un gioco imprevedibile e di difficile lettura. A Dubai, sotto i cambi di ritmo, peso e altezza di palla della tennista del Taiwan a cadere come birilli sono state Anastasija Sevastova (eppure la lettone è una delle interpreti principali dei colpi di fino e della varietà di soluzioni), Angelique Kerber e Karolina Pliskova. In Florida Su-Wei si è prima presa la rivincita su Naomi Osaka, contro la quale al terzo turno degli Australian Open era stata a un passo dalla vittoria: 7-5, 4-2, 40-0, poi il crollo fisico che ha incoraggiato la rimonta della giapponese, alla quale è stato sufficiente innalzare il livello per avere la meglio su una avversaria che ormai aveva dato fondo a tutte le energie. Ieri il capolavoro tattico di Su-Wei, che ha mandato a spasso da una parte all’altra del campo Caroline Wozniacki. La danese, che a macinare chilometri in campo è abituata, è stata costretta agli straordinari: spostamenti laterali, brusche corse in avanti, rincorse folli in dietrofront per non farsi beffare dai lob della Hsieh.

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Con il quarto di finale di Miami, Su-Wei Hsieh (alle 19 italiane affronterà Anett Kontaveit) è virtualmente numero 24 del mondo, a un passo dal best ranking (23) datato 2013. “A 25 anni pensavo di poter vincere un titolo Slam in doppio o in doppio misto e ho chiamato Paul McNmee affinché mi aiutasse a conquistare quel trofeo. Mi ha convinta a puntare sul singolare e dopo un anno e mezzo ero numero 23. Purtroppo sono stata fermata da un infortunio alla caviglia e da tanti problemi fisici. Non riuscivo a muovermi bene in campo, ho provato ancora a giocare ma la caviglia non mi dava tregua. Se non ti arrendi mai, ci sarà una seconda occasione”, ha raccontato Su-Wei Hsieh.

I colpi poco ortodossi della Hsieh, su tutti il chop di dritto, hanno spesso fatto storcere il naso agli esteti del tennis e talvolta alle stesse avversarie. Indimenticabili le reazioni stizzite di Angelique Kerber nell’ottavo di finale agli Australian Open 2018. Anche Naomi Osaka, a Melbourne 2019, si è esibita in lanci di racchetta, imitazioni polemiche delle impugnature usate da Su-Wei Hsieh e nel sollevare diversi candelotti, in risposta alle palle senza peso dell’avversaria. Proprio con quelle soluzioni prive di potenza e i servizi tirati a poco più di 100 Km/h, che sembravano non arrivare mai dall’altra parte del campo, la tennista del Taiwan aveva mandato fuori giri la numero 1 del mondo: ingolosita, Naomi Osaka ci si avventava come una furia e sbagliava tutto, scagliando violentemente la pallina in rete o facendola letteralmente decollare. Le partite perse con la Kerber e la Osaka nelle due ultime edizioni degli Australian Open hanno una costante: il calo fisico fatale a Su-Wei Hsieh. Quella condizione atletica smagliante che invece ora si sta rivelando una delle armi in più della tennista 33enne. Il mix tra la forma eccellente, le palle corte, i cross strettissimi, le profondità e gli angoli trovati con dritto e rovescio bimani sta regalando a Su-Wei Hsieh una seconda giovinezza e tante soddisfazioni in singolare. A lei che fino a un anno fa era considerata soprattutto una grande doppista e veniva  bollata come una singolarista finita. La Hsieh, giova ricordarlo, è stata numero 1 in coppia con Shuai Peng e ha vinto Wimbledon 2013 e Parigi 2014.

Allenata, come scritto sopra, da Paul McNamee, che la segue nei tornei più importanti, Su-Wei Hsieh ha arricchito lo staff con la presenza in pianta stabile del coach e fidanzato, Frederic Aniere. E’ lo stesso Aniere a sostenere che Su-Wei debba giocare liberamente e proprio quei colpi molto personali, insieme a una ritrovata condizione atletica, siano il punto di forza: “Su-Wei conosce molto bene il tennis. Non ha bisogno di qualcuno che le dica cosa fare. La maggior parte delle ragazze non è abituata a giocare palle come le sue: una alternanza di altezza, velocità e repentini cambiamenti tattici in funzione dell’avversaria. Fa molto yoga, stretching e ha incrementato la preparazione atletica”, ha spiegato Aniere.

Una decisione molto saggia, quella di lavorare sulla resistenza in campo. I match durissimi finora vinti da Su-Wei dimostrano che allenamenti mirati possono prevenire la stanchezza da terzo set. Il tennis della giocatrice del Taiwan è del resto molto dispendioso sia per il fisico che per la mente.

8 comments
  1. Mamma mia! E’ inguardabile! Movimento stile e schemi di gioco praticamente zero! Però fa andar fuori di testa chiunque e alla fine vince pure! Chissà chi riuscirà ad estrometterla dal torneo? Sono proprio curiosa!!

    1. Monica Tola e’ molto intelligente e veloce negli spostamenti e nei colpi ma scusa di schemi non ne ha, gioca d’istinto e gli va bene perché ha l’impugnatura bimane.

    2. Non capisco il fatto che le vada bene perché gioca i due fondamentali a due mani. Poi non agisce seguendo l’istinto. È una giocatrice tatticamente molto intelligente. Anche la palla corta per chiamare a rete le avversarie e finire il punto con un lob è uno schema. Gioca molti colpi tagliati e questo si adatta tanto a una soluzione come quella. Tra l’altro, proprio a contraddire il fatto che la Hsieh non abbia schemi tattici il fatto che spesso rimanga indietro rispetto alla palla per guardare dove è posizionata l’avversaria e colpire. L’esatto contrario delle istintive che tirano a mille mirando le righe ad occhi chiusi. E dove finisce finisce.

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