Filip Krajinovic, one final wonder

Il tennis è uno sport per protagonisti. I volti ordinari, quelli che a fatica si riescono ad associare a un nome o a un modo di interpretare il gioco, difficilmente trovano spazio tra le stanze della memoria degli appassionati. Filip Krajinovic, serbo dagli occhi tristi e dall’aria un po’ dimessa, non sembra proprio avere il physique du role del protagonista. Al pari del suo connazionale Dusan Lajovic, il prossimo avversario di Jannik Sinner ha le caratteristiche somatiche dell’underdog.

Domenica, mentre lo osservavo battagliare sul Centrale contro il pirotecnico Frances Tiafoe, giuro di aver sentito uno spettatore descriverlo in modo ben poco lusinghiero: «Il serbo è un mestierante, Tiafoe mi piace perché è spettacolare», diceva qualcuno alle mie spalle. Inutile dilungarsi sull’esito della partita.

Chiamare mestierante un ragazzo che è stato tra i migliori trenta interpreti al mondo della disciplina è però quantomeno ingeneroso. Piuttosto Krajinovic, nato a Sombor trent’anni fa, è da anni un consolidato comprimario: sulla terra, tuttavia, sta dimostrando di essere un giocatore davvero temibile. In questa edizione degli Internazionali d’Italia sta vivendo quello che ormai ha le sembianze di un exploit: battere Tiafoe, reduce dalla finale all’ATP dell’Estoril, è un risultato tutt’altro che scontato; avere la meglio su Andrey Rublev, peraltro con un netto 6-2 6-4, è una vera impresa.

Filip, 1,85m per 75 Kg, non ha in dote un fisico straordinario né un servizio esplosivo. Il dritto però è notevole, e combinato a una buona manualità e a un eccellente footwork lo rende un avversario temibile anche per un top player come Sinner. L’altoatesino parte con i favori del pronostico, ma dovrà offrire una prestazione migliore di quella del derby di ieri sera per conquistare i quarti del torneo di casa.  

Nel 2017, l’eterno underdog balcanico è andato vicino a un’impresa ancor più notevole, tra l’altro su una superficie a lui teoricamente meno congeniale come quella del Rolex Masters di Bercy: è stato il primo giocatore proveniente dalle qualificazioni a raggiungere la finale di un ATP Masters 1000 dai tempi di Jerzy Janowicz, che nel 2012 conquistò l’ultimo atto proprio del torneo parigino. Il serbo fu anche il giocatore con la classifica più bassa ad accaparrarsi un risultato simile dai tempi di Mardy Fish, che nel 2008 giocò la finale di Indian Wells da numero 98 del ranking.

Raggiunto il main draw, Krajinovic stupì tutti mettendo in fila giocatori di prestigio come Querrey, Mahut e Isner e beneficiando del ritiro dell’allora numero 1 del mondo Rafa Nadal. In finale si arrese a un’altra grande sorpresa di quel torneo, l’americano Jack Sock. Finale irripetibile a questi livelli, ça va sans dire. Un exploit del genere lo accomuna a un suo connazionale, con cui Filip ha molto in comune: Dusan Lajovic, che a Monte-Carlo 2019 batté tutti tranne Fabio Fognini, in un’altra finale 1000 tra un underdog e un talento sui generis. 

Tra alti e bassi, Krajinovic proverà dopo quasi cinque anni a ripetersi, stavolta sotto i pini del Foro. Il pubblico romano, però, farà di tutto per impedirglielo.

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