Nole, così non va

Le perplessità in merito all'organizzazione dell'"Adria Tour" sono, purtroppo, scoppiate all'improvviso con i primi noti casi di positività al Covid-19.

In una fase in cui si è finalmente ufficializzata la ripresa della stagione tennistica, pur con tutte le precauzioni che saranno necessarie onde evitare la nascita di nuovi potenziali focolai, le notizie provenienti dall'”Adria Tour” rappresentano esattamente il contrario di ciò che avremmo voluto vedere e sentire. In una calma serata domenicale, la positività al Covid-19 di Grigor Dimitrov prima e Borna Coric poi, si abbatte sulla cronaca sportiva come un fulmine a ciel sereno, scatenando un dibattito che inevitabilmente provocherà ancora molte polemiche nei prossimi giorni.

La considerazione di fondo è in realtà molto basilare: il mancato rispetto di qualsivoglia misura di distanziamento sociale, e ciò anche se non fosse emerso alcun caso di Coronavirus, rappresenta una scelta assolutamente folle. Novak Djokovic, organizzatore dell’evento, ha dichiarato di aver rispettato i protocolli imposti dalle normative interne. Tale spiegazione è insufficiente oltre che inadeguata: il tennis, considerato l’enorme seguito, unisce un numero potenzialmente elevatissimo di persone provenienti da luoghi assai differenti e le immagini degli spalti pieni dei giorni precedenti avevano già fatto rabbrividire il mondo intero. Se per gli eventi ufficiali v’è ancora scetticismo tra vari tennisti di vertice e se ancora ci si interroga sulla possibilità di giocare a porte aperte o meno, era davvero necessario creare un evento simile senza alcun tipo di precauzione alla base? In modo unanime, possiamo rispondere negativamente.

Grigor Dimitrov positivo al Covid-19.

In seconda battuta, bisogna considerare un altro rilevante aspetto, ravvisabile nella “portata sociale” di atleti di spicco qual è il numero 1 del mondo. Nel bene e nel male, soprattutto i tennisti di vertice fungono da modelli per le nuove generazioni, le quali guardano a questi mostri sacri del nostro sport come vere e proprie divinità. Alla luce di ciò, a prescindere dai protocolli interni (che non conosciamo nei dettagli), risulta pressoché inconcepibile non prevedere in primis l’assenza di pubblico ed in secundis le più basilari misure di distanziamento sociale. Se questi aspetti sono assodati e pacifici per noi “comuni mortali”, a maggior ragione in virtù della menzionata rilevanza sociale di questi atleti, avremmo dovuto assistere a protocolli e misure esemplari, rigide ed estremamente stringenti, anche se non previste dalle normative dei luoghi ospitanti il torneo: Novak e, più in generale, tutti coloro che hanno contribuito all’organizzazione, hanno peccato di buon senso e di prudenza. Ciò è testimoniato anche dalle recenti dichiarazioni dei protagonisti (su tutti, Zverev e Coric) improntate a chiedere “scusa” per aver preso parte al torneo.

Con il senno di poi è troppo facile parlare o scrivere; andando però a vedere gli “eventi” dei giorni precedenti (dalla celebre partita di basket del serbo alla festa in discoteca), quanto visto risulta ancora più assurdo ed ingiustificabile. In una fase storica che verrà ricordata sui futuri manuali di storia e non solo, così drammatica e globale più di qualsiasi altra vicenda, l’organizzazione dell”Adria Tour” si è rivelata del tutto scellerata, priva di logica ed incoerente con la paura e le difficoltà del mondo intero. Ci si interroga adesso sulle potenziali ripercussioni che questa vicenda potrà avere sulla ripresa già fissata delle attività professionistiche: un ripensamento più stringente sui protocolli o addirittura un’ipotesi rinvio? O nulla di tutto questo? La situazione è in continuo divenire e va osservata in modo distaccato, ma una cosa è certa: le modalità di svolgimento dell'”Adria Tour” ed il comportamento degli atleti in gara è stato tutt’altro che esemplare. Seguiranno aggiornamenti.

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