Lorenzo Musetti, l’arte della pazienza e il coraggio della fatica: il racconto di Simone Tartarini

A Parigi, Lorenzo Musetti ha toccato un’altra vetta della sua giovane carriera: semifinalista al Roland Garros dopo una cavalcata memorabile, capace di portarlo tra i pochi tennisti a raggiungere almeno la semifinale nei tre Master 1000 su terra battuta – Montecarlo, Madrid e Roma – e nello Slam francese.
Musetti

A Parigi, Lorenzo Musetti ha toccato un’altra vetta della sua giovane carriera: semifinalista al Roland Garros dopo una cavalcata memorabile, capace di portarlo tra i pochi tennisti a raggiungere almeno la semifinale nei tre Master 1000 su terra battuta – Montecarlo, Madrid e Roma – e nello Slam francese. A soli 23 anni, solo due mostri sacri come Rafael Nadal e Novak Djokovic ci erano riusciti prima di lui. Ma dietro a ogni successo c’è sempre una storia, e quella tra Musetti e il suo coach Simone Tartarini è una delle più autentiche del tennis italiano.

 

Un legame che va oltre il campo

Tartarini, ligure d’adozione, conobbe Musetti quando il ragazzo aveva appena otto anni. Da allora non si sono mai lasciati. “Lorenzo è venuto a La Spezia nella mia scuola tennis”, ricorda il tecnico. “Se sono diventato un allenatore di alto livello è perché lui è un giocatore di altissimo livello. Ci siamo sempre fidati l’uno dell’altro, anche nei momenti duri, quando i risultati non arrivavano e le critiche abbondavano”.

Il rapporto tra i due è diventato, nel tempo, qualcosa di molto più profondo di una semplice collaborazione professionale. “Ormai per Lorenzo sono coach, secondo padre, amico, zio… A cena ogni tanto rivanghiamo i tempi in cui, per risparmiare, viaggiavamo dormendo nello stesso letto”, confessa Tartarini, rivelando la semplicità e la dedizione con cui hanno affrontato ogni tappa di un percorso faticoso, ma sempre condiviso.

Crescita e consapevolezza

A colpire oggi è la maturità raggiunta da Musetti. “Con Tiafoe ha giocato male per lunghi tratti, era stanco, il vento lo disturbava, ma ha avuto la forza di restare attaccato alla partita con la testa”, spiega Tartarini. “Il Lorenzo di una volta si sarebbe perso. Invece ha saputo aspettare, ha servito meglio nel momento chiave, è salito di livello nel quarto set. Questo dimostra che è diventato grande”.

Dopo la partita, Musetti ha chiesto esplicitamente una giornata di riposo assoluto: “Mi ha fatto un gesto inequivocabile: ‘Mercoledì off, non voglio toccare la racchetta’, mi ha detto”. Richiesta accolta con il sorriso da un coach che sa quanto questa maratona primaverile abbia inciso sul piano fisico e mentale.

Un talento rifinito nel tempo

Il percorso tecnico di Musetti è stato meticoloso. “Gli ho stravolto tutto il tennis, tranne il rovescio monomane”, rivela Tartarini. “Quando è arrivato da me, tagliava ogni palla. Gli proibii di farlo per mesi. Oggi quel rovescio è un marchio di fabbrica, anche se sui campi veloci ogni tanto si lamenta: ‘Simo, perché non me l’hai fatto bimane?’”.

Tra i colpi più migliorati spiccano servizio e dritto. “Abbiamo lavorato tanto sul servizio, semplificandolo. L’anno scorso durante l’off season avevamo solo 13 giorni a disposizione, ma Lorenzo si ammalò. A Hong Kong si fece male al braccio. Così all’Australian Open abbiamo cambiato strategia, adattando la preparazione. Ora ha più controllo e spinta, grazie anche a un diverso lancio di palla”.

Il punto più alto? L’Olimpiade

Nonostante i successi Slam, la medaglia olimpica rimane il momento più toccante per Tartarini. “Quel bronzo a Parigi non lo batte niente. Sono un romantico: ho visto film, letto libri, per me l’Olimpiade è il massimo. E Lorenzo l’ha vinta arrivando da una stagione incredibile: semifinale a Wimbledon, finale a Umago, poi atterrato a Parigi di notte per affrontare Monfils tra i fischi del pubblico. Ma è stato bravissimo”.

Tra Sinner e il burraco

Inevitabile il confronto con Jannik Sinner, diventato simbolo del nuovo tennis italiano. “Lavorare nel cono d’ombra di Sinner? Sì, Jannik attira tantissima attenzione, ma Lorenzo è sotto i riflettori da sempre per il suo stile. La nostra fortuna è stata crescere per gradi, con equilibrio. Certo, se Lorenzo vince l’Olimpiade e un mese dopo Sinner lo Slam a New York… l’attenzione si sposta. Ma va bene così”.

Nel tempo libero, poi, emergono le differenze. “Abbiamo gusti musicali diversi. E a lui piace giocare a burraco, mentre io preferisco il poker… ma solo a soldi!”, scherza Tartarini.

Un futuro ancora tutto da scrivere

Il viaggio di Musetti, cominciato da un torneo junior a Firenze e passato per le “musate” del circuito pro, è ancora agli inizi. Ma il lavoro, la complicità e la fiducia tra lui e Tartarini rappresentano una base solida su cui continuare a costruire. “Abbiamo scalato una montagna partendo da zero punti ATP. Ma oggi, guardando indietro, ogni fatica è valsa la pena”.

Nel tennis, come nella vita, non si arriva mai per caso. E Lorenzo Musetti lo sta dimostrando, giorno dopo giorno, con la racchetta e con il cuore.

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