Djokovic-Thiem, non è così scontata

Da una parte la regolare ed inscalfibile geometria serba, fatta di angoli perfetti e recuperi impensabili. Dall’altra, la forza bruta dei colpi austriaci.

Da qualche anno, in Australia, è piantata una bandiera serba. 
Lo sanno tutti, i circa 800 mila spettatori che anche quest’anno hanno varcato i cancelli del Melbourne Park. Comunque vadano le cose, è molto probabile che all’ultima giornata del torneo ci arrivi Novak Djokovic. Già sette volte vincitore qui, nella terra di Rod Laver, è lui il più forte di tutti. 
Saranno le condizioni del campo, la folta comunità serba tanto presente quanto rumorosa o forse quella sensazione di invincibilità che gli si è creata attorno. Sta di fatto che, anche quest’anno, a combattere per alzare il trofeo ci sarà il serbo. Parte dal tedesco Struff per poi passare al duo nipponico Ito, Nishioka. Agli ottavi trova l’argentino Schwartzman, poi il canadese Raonic e in semifinale lo svizzero Federer. Sarà un caso, o forse un curioso segno del destino, ma Djokovic, che potrebbe tornare ad essere il numero uno del mondo vincendo il titolo, dovrà, per farlo, battere avversari da ogni angolo del pianeta.
Aldilà nella rete, nell’ultimo atto, ci sarà Dominic Thiem. Ventisei anni ed un braccio di titanio. Non è nuovo, l’austriaco, ai grandi palcoscenici.
Già due volte è arrivato a giocarsi un titolo Slam, però a Parigi, sui campi in terra rossa del Roland Garros. Lì ha sempre trovato Nadal, il re di quella del manto rubro, e c’è stato quindi poco da fare.
Ad inizio carriera si pensava che Thiem fosse un giocatore adatto esclusivamente ai campi lenti. Le grandi aperture dei suoi colpi a rimbalzo, la posizione arretrata, la scarsa propensione alla rete.
Insomma, tutto faceva presagire, per lui, una vita da terraiolo. Invece, in un giorno di primavera dell’anno scorso, Thiem incontra Nicolas Massu, quel cileno che nel 2004 vinse l’oro alle Olimpiadi di Atene sia in singolo che in doppio.
Con lui si pone un obiettivo: vincere anche sul cemento. I risultati arrivano subito, dopo un paio di settimane l’austriaco vince il Master 1000 di Indian Wells, battendo in finale addirittura Roger Federer.
Oggi, a mesi di distanza e di lavoro, è in finale anche a Melbourne. Ci arriva con un percorso magistrale, superando Mannarino, Bolt, Fritz e Monfils, prima di prendersi la rivincita con Nadal ai quarti e superare il rivale Zverev in semifinale.
Con Djokovic partirà sfavorito, ma la sfida sarà apertissima.
Da una parte la regolare ed inscalfibile geometria serba, fatta di angoli perfetti e recuperi impensabili, possibili solo grazie ad un’elasticità quasi inumana. Dall’altra, la forza bruta dei colpi austriaci. Veloci, pesanti, potenti. Quelle di Thiem, più che palline, somigliano a pietre.
Non è solo una partita, ma una lotta tra due modi totalmente opposti di vedere il tennis.
Domenica ci sarà il verdetto definitivo.
Si dice che Djokovic, questa volta, non se la sia sentita di fare già uno spazio in più in bacheca.

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