L’omosessualità nel tennis è ancora tabù

Pochi giorni fa la tennista Johanna Larsson ha dichiarato di essere lesbica e di avere una compagna. Nel circuito Wta ci sono precedenti illustri, come Billie Jean King e Martina Navratilova. Fra i maschi però nessuno. Nel 2017 amare qualcuno dello stesso sesso non è ancora universalmente accettato. Nel mondo del tennis e non solo.

Un giorno, passeggiando, Amanda mi ha preso per mano spontaneamente. Io pensavo “oddio, ora tutti lo verrano a sapere, ma ero felice”. In questo modo Johanna Larsson, numero 85 del ranking, ha parlato della sua omosessualità in una trasmissione televisiva svedese. Dopo aver nascosto la sua relazione con Amanda Strang per più di due anni, la tennista ha deciso di uscire allo scoperto e vivere la sua storia d’amore alla luce del sole, come giusto che sia.

Il termine “coming out” è ormai conosciuto da tutti; tanto popolare quanto triste, a mio parere. Perché una persona, un ragazzo o una ragazza, dovrebbe “uscire allo scoperto”? Da cosa? Dall’amare qualcuno dello stesso sesso? Evidentemente sì, la società ha deciso così. Johanna, però, non è la prima tennista ad ammettere di essere lesbica; prima di lei, altre grandi giocatrici avevano detto al mondo di amare delle donne: Martina Navratilova, per esempio. La campionessa naturalizzata americana, nel 1981, ammesse di avere una relazione con Rita Mae Brown, famosa scrittrice e attivista statunitense. Nello stesso anno, un’altra grande donna fece il passo del coming out: Billie Jean King, classe 1943. La sua storia, intensa e commovente, inizia nel 1968, quando capisce di essere omosessuale. La relazione con la sua segretaria, Marilyn Barnett, tenuta segreta per 10 anni, diventa pubblica successivamente ad una causa. Nel giro di 24 ore dopo la notizia, Billie perde tutti i suoi sponsor e il suo conto in banca crolla drasticamente. “Ero stanca di giocare a tennis, volevo godermi la vita, ma non riuscii a farlo perché ero costretta a giocare per poter pagare i miei avvocati”. Restò completamente sola per parecchi anni, senza nemmeno l’aiuto dei genitori, tradizionalisti e omofobi. L’unica che aiutò la King fu proprio se stessa. Con le sue forze riuscì a tirarsi su e a ricominciare la sua vita daccapo. “Appena compiuti 51 anni, decisi di dire tutto ai miei genitori. Fu difficile, ma da quel momento la mia vita cambiò da così a così”.

Martina Navratilova
Martina Navratilova

Come detto, all’epoca nessuno prese le parti della statunitense, compresa la Navratilova, che per paura o per codardia, preferì non immischiarsi nella vicenda. Tuttora, c’è chi continua ad essere riluttante ad accettare l’omosessualità. Un’altra campionessa appena un anno più anziana di Billie, infatti, si è pubblicamente definita “contraria al mondo LGBT”. Margaret Court, leggenda del tennis, ha da poco ribadito i suoi pensieri riguardo il matrimonio gay (e i gay in generale). I pensieri, se così si possono definire, dell’australiana, sono supportati dalle sue forti radici cristiane, che non le consentono di accettare l’unione tra due persone dello stesso sesso, definendola innaturale e contro la volontà di Dio. Talmente indignata da queste decisioni “barbare”, ha deciso poi di boicottare la Qantas Airlines, compagnia aerea pro matrimoni rainbow. Le critiche non sono certo mancate, portando l’anziana signora a dire che “in questo mondo, oggi come oggi, non si può avere un’opinione diversa dagli altri. Vieni subito attaccato.” C’è chi attacca a causa di opinioni diverse, e chi boicotta compagnie aeree. De gustibus. Inoltre, Margaret Court ha riferito ad un giornalista che la WTA è piena di “quelle lesbiche che vanno a tutte le feste e vengono solo influenzate da altre lesbiche”. Come se frequentare persone omosessuali ci rendesse automaticamente tali. Nel mondo dello sport, più che in qualsiasi altro settore, il tema dell’omosessualità è sempre stato preso con le pinze. Fino a qualche anno fa in pochi decidevano di aprirsi e raccontare la propria storia.

Si temeva di perdere i contratti con gli sponsor, o di venir scartato dalla propria squadra o allenatore. Passo dopo passo, diversi atleti si sono descritti per quello che sono realmente; da Tom Daley (tuffatore) a Gus Kenworthy (sciatore), passando per l’italiana Rachele Bruni (nuotatrice). Il numero, però, rimane comunque esiguo, e sicuramente non rispecchia la realtà. La paura di dire al mondo di essere gay continua ad esserci, soprattutto tra gli uomini. Le parole omofobe della Court seguono quelle di altri tennisti, quali Alexandr Dolgopolov o Sergiy Stakhovsky. Entrambi riconoscono l’omosessualità come qualcosa di inspiegabile e senza senso. Addirittura, si vergognerebbero qualora avessero un figlio gay. Siamo perciò in un’epoca dove la voglia di uguaglianza si mischia all’ignoranza generale. Come si può, nel 2017, discriminare ancora per il proprio orientamento sessuale. Chi siamo noi per vietare ad una persona di amare? Perché di questo si tratta. Amore. Né più né meno. Quando leggo la Larsson dire “ho tenuto tutto segreto per anni, ma ora, con l’appoggio dei miei genitori, sono felice davvero”, il mio cuore si riempie di gioia. E queste parole che sprigionano felicità, distruggono l’odio di tutti coloro che vivono per vietare agli altri di vivere. Quando si leggono queste parole, però, si ha l’obbligo di pensare a chi è venuto prima di noi, a chi ha lottato – e lotta – da tutta la vita. Personaggi come Billie Jean King e Martina Navratilova, hanno attraversato momenti bui, sono state denigrate e derise, ma loro, forti e decise, hanno parzialmente spianato la strada alle nuove generazioni.

Anche il diritto d’espressione e la libertà di amare chi si vuole, che sembrano diritti inequivocabili, sono stati invece guadagnati con sudore e sofferenza. La popolarità di queste donne ha aiutato migliaia di persone, sportivi e non. In un mondo martoriato da guerre e distruzione, la lotta contro l’omosessualità è un’inutile perdita di tempo. E lo sport, che abbatte qualsiasi tipo di barriera, dovrebbe essere il primo luogo dove non conta chi si è o chi si ama, ma solo chi si batte.

0 comments
  1. Anche tra i tennisti uomini ci sono precedenti illustri. Era risaputo da tutti che Bill Tilden e Godfried Von Cramm fossero omosessuali. Il primo ostentava pubblicamente i suoi modi effemminati e fu messo al bando solo nel momento in cui iniziò a molestare i ragazzini. Per il secondo l’omosessualità divenne un’arma di ricatto in mano ai Gerarchi nazisti che comunque non riuscirono a portarlo dalla loro parte, costringendoli ad incarcerarlo.

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