Rafa o non-Rafa?

Rafael Nadal si presenta a Parigi accreditato di una testa di serie bassa, per la prima volta da quando ne è diventato il sovrano indiscusso. Cosa c'è nella testa del grande campione iberico? quale scenario è immaginabile per i prossimi anni? la rinascita o l'uscita dalla top ten?

Il dato che emerge dopo la sconfitta contro (uno straordinario) Wawrinka nei quarti di finale di Roma è  questo: il giocatore che ha dominato negli ultimi 10 anni in modo assolutamente indiscutibile la scena sul “rosso” del tennis mondiale, non vince più. Come ha detto Ivan Ljubicic, “qualsiasi risultato per Rafa a Parigi diverso dalla vittoria è una debacle, per chiunque lo sarebbe avendo vinto quel torneo 9 volte nelle 10 partecipazioni”. A fare da contraltare a questa dichiarazione le parole dello stesso Nadal dopo l’uscita di scena da Roma: “C’è altro oltre la vittoria, la vita continua anche dopo una sconfitta“.

Parole strane per un lottatore di razza come lui, forse dettate dal fair-play, forse no. Nessuno può dirlo. Ma vedere Nadal arrancare a 45 metri dalla linea di fondo e recuperare in backspin, di sicuro, è una novità per gli aficionados. Certo, qualcuno dirà che, presto o tardi, questo momento sarebbe arrivato. L’età, le operazioni chirurgiche improvvise, il logoramento delle sue ginocchia, la concorrenza sempre più agguerrita.

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Cosa accadrà però nella sua testa quando vedrà il tabellone del Roland Garros e il suo nome che incrocerà ai quarti Federer o Djokovic? Ovvio che lui andrà per vincere a Parigi, e dovrà sconfiggere questi giocatori, ma il clima di un quarto di finale non è quello di una finale, e anche nella testa di cyborg si potrebbe spegnere qualche led.  E poi ci sono le polemiche. Qualcuno che insinua come questo calo coincida con l’obbligo del passaporto biologico, o che sia necessario oggi un cambio della guardia all’angolo dello spagnolo, salutando con tanti ringraziamenti Zio Tony.

Al netto di tutto però, il punto è recuperare un palleggio che faccia male, che detti i tempi come prima: a Nadal, scrivevamo da queste tribune ieri, manca un metro abbondante nella lunghezza di palla, e qualche km/h di velocità soprattutto nella seconda palle di servizio, che non costringe più i suoi avversari a rispondere dal primo piano. Non è poco per il maiorchino, perché erano questi due fattori tra i più determinanti dei suoi successi, insieme alla qualità della sua difesa fisica, della sua corsa, e, last but not least, della sua testa. Vederlo subire il tennis di Wawrinka sui 4 (quattro) set-point di fila senza riuscire a prendere l’iniziativa, nonostante due servizi a disposizione, stupisce. In negativo. Filippo Volandri ha detto, e sottoscriviamo, che “la sconfitta contro Stan è grave perché Nadal, tutto sommato, ha giocato anche bene”.

Ci sono 2000 punti da difendere, a Parigi. Difenderne la metà, ovvero giocarsi la finale, significherebbe avvicinare pericolosamente l’uscita dai primi 10, considerato che Cilic è distanziato ad oggi di 1600 unità. Va bene, dirà il lettore più accorto, sono numeri e il tennis si gioca dappertutto fuorché sulla carta, diceva Jimbo Connors. Ma è il nostro mestiere quello di analizzare e immaginare. Chiudiamo con una domanda: saprà ritrovare se stesso Rafa a Parigi, curiosamente, diventerà la conferma della sua nemesi?

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