Us Open, quando un match riporta all’attualità il tema del tennis spettacolo contrapposto a quello dei pallettari

Chi ha inventato il tennis moderno? Cos'è oggi il talento nel tennis?

Raramente capita di vedere dei match tennistici spettacolari, laddove per spettacolari si intendono quelle partite piene di colpi vincenti, nelle quali i contendenti vanno spesso a rete, prendono dei rischi, assumono tattiche propositive, variano il gioco. No, è bene precisarlo perché per altri può essere spettacolare la resistenza di Nadal, la solidità di Djokovic, il servizio di Raonic, le bestemmie di Fognini.

Presa convenzionalmente la suddetta accezione del termine spettacolare, duole (a noi appassionati) osservare che i match definibili come tali ce li ricordiamo quasi tutti. Perché? Ma perché sono pochi! Pochissimi! Quanto al 2014 ricordiamo la spettacolare finale di Wimbledon (anche se c’era in campo Djokovic, il solido, insieme a Roger), Wawrinka agli Australian Open. Poi? Beh vediamo… Pensiamoci

Puntuale come una cartella esattoriale, arriva in rete (e dove, altrimenti) la reprimenda di tutti i bempensanti che si occupano di questo magnifico sport, diretta a una certa categoria di players che si sarebbero macchiati della colpa di rovinare questo sport. Dunque, è colpa di Nadal e Djokovic, ma anche di Murray, se questo gioco propone molta noia e poca gioia, usually. E tutti in coro ad osannare il rovescio magnifico di Stanislas ed i fantastici attacchi incrociati di un Nishikori davvero versione deluxe. Impietosamente nella stessa notte, il match successivo alla nostra partita spettacolare è un confronto tra (ex) Fab Four: Nole contro Andy. Non l’ho vista, ma immagino quattro set di bordate, di solidità. Con pochi angoli pescati col rovescio (rigorosamente bimane), pochi errori ma (relativamente) poca iniziativa.

Ho visto invece ampi stralci del match tra lo svizzero ed il giapponese. Lo spettacolo era realmente (oserei dire, oggettivamente) molto godibile. Ad ogni punto giocato era un pò come scartare un cioccolatino (Forrest Gump diceva: non sai mai cosa ci trovi).

E allora? No dico, che facciamo? Chiudiamo i battenti, mettiamo dei limiti di velocità alle bordate dei pallettari, tipo autovelox? Il tennis è oggi quello che è stato fatto diventare negli ultimi 30 anni. La nostra Tv di Stato dedicata al tennis ci propone ogni giorno delle partite spesso piuttosto datate; l’altro giorno ho visto Stefan Edberg contro Pioline al foro Italico. Stefanello percorreva regolarmente il tragitto verso la rete, per volleyare di riffa e di raffa, affrontando a viso aperto i passanti del francese. Eravamo sulla terra battuta. Ma eravamo già negli anni ’90, molte cose erano già cambiate. Oggi il serve and volley viene usato, al più, come fattore sorpresa. Stai sempre a fondo campo, ma 3 o 4 volte nel match segui la prima a rete (sulla seconda ci resti secco), per sorprendere l’avversario. Bjorn Borg stesso a Wimbledon andava a rete regolarmente, perchè giocare sull’erba, con quel pezzo di legno in mano, un tempo significava andare a rete. Sempre e comunque.

E allora giù con le critiche di tutte le penne più o meno celebri ma anche dell’appassionato medio: “eeeeehhhh il tennis di una volta”. Beh? Chi ha cambiato il tennis? Eh no, non possiamo dare la colpa ai politici.

Questi qui non si accontentano di godersi quel match spettacolare, ma devono fare l’apologia e la storia di tutto lo sport, all’insegna di “non c’è più il tennis di una volta“.

Ma parliamone! Il tennis è cambiato perché noi lo abbiamo cambiato; perché sono cambiate le racchette. E’ molto semplice.

Non solo i materiale, ma soprattutto la forma di uno strumento che si auto-equilibra con quel cuore così grande che separa il manico dal piatto corde. Non l’hanno costruita di notte Nadal e Djokovic, ma l’esasperazione della tecnologia asservita ad un obiettivo fuorviante: la racchetta deve servire per tirare più forte possibile, più preciso possibile; a difendere e recuperare il più possibile. Quelle vecchie ciabatte di legno, peraltro molto pesanti, non consentivano di tirare così forte, permettevano anzi imponevano di giocare di tocco, di piazzarla, di attaccare in chop.

Ok, teniamoci i materiali, ma cambiamo (direi, ripristiniamo) le forme dell’arnese. Così Nishikori – Wawrinka non sarà più l’epopea del tennis, ma una partita normale, bella come tante altre.

Ma smettiamola, nel frattempo, di rinvangare tutti i luoghi comuni dell’Universo ogni volta che si vede un incontro spettacolare.

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