ATP Finals da 4 in pagella: di chi è la colpa?

Partite senza storia, protagonisti non all'altezza e la solita disarmante differenza. Cosa sono stati, e cosa saranno, queste ATP Finals 2014?

In quel di Londra, con le attese che hanno divorato il fegato a qualsiasi appassionato di tennis, stanno per giungere agli atti conclusivi le tanto agognate “ATP Tour Finals 2014”, anche se non si può proprio parlare di scontro fra titani. Più che un Master di fine anno possiamo considerare gli eventi della O2 Arena come una verifica finale, come quelle del liceo, che i più preparati non hanno alcun problema ad affrontare e che saranno fatali o quasi per chi ha sempre viaggiato su ritmi borderline salvo pochi picchi di rendimento. Inutile girarci intorno: Djokovic e Federer sono di un altro pianeta, soprattutto in questo momento, con gli altri sei “figuranti” che si danno battaglia per conquistare un posto in semifinale per poi sperare con tutte le loro forze in una qualche debacle, tanto inaspettata quanto finora improbabile.

Partite dei due gironi che hanno rasentato l’imbarazzante, con Cilic, Berdych e Raonic che non hanno avuto neanche un minimo sussulto d’orgoglio, Murray che forse ha pagato la lunga rincorsa per riuscire a partecipare alle Finals, e Nishikori e Wawrinka che sono stati gli unici buoni interpreti di questa rassegna.

Questo 2014, che è tornato di demanio pubblico dopo un dominio netto dei Fab Four degli ultimi anni (ben due gli Slam con vittoriosi due outsiders e finale U.S. Open totalmente inedita), sembra aver dimostrato che i successi possono arrivare per chiunque anche se solo a livello di meteora, perché per restare tra i grandissimi il rendimento deve essere di un certo tipo e di occasioni se ne possono fallire davvero poche senza che il conto venga presentato in modo molto brusco.

Eppure c’era già chi si era fatto una ragione del primato del fisico e del servizio, con i campioni a venire che avrebbero rappresentato al meglio la categoria degli illustri mestieranti senza quel proverbiale tocco speciale da parte di Madre Natura, e invece ancora “picche”, o almeno così sembra, con questi candidati dell’ultima ora che non possono assolutamente giocarsela con i colleghi più illustri, sia a livello di continuità, sia per quanto riguarda l’approccio a certi tipi di match. Forse qualche chance l’avranno, quando tra qualche anno i vari Federer, Nadal, Djokovic e Murray avranno passato la trentina ed il viale del tramonto inizierà a materializzarsi, ma le vittorie che arriveranno, o che potrebbero arrivare, avranno un altro sapore e certamente un altro peso se arrivate contro un ibrido mucchio selvaggio senza campioni in gradi di riscrivere la storia.

Discorsi e chiacchiere a parte, per quanto ci possa essere da preoccuparsi dell’andazzo generale, l’attenzione è e deve rimanere sul presente: saranno semifinali, e se Djokovic già sa di doversela vedere con Nishikori, per Federer niente è ancora certo, anche se sembra molto probabile un rematch tutto “Suisse” della semi 2013, che in avvicinamento alla finale di Davis Cup ci può anche stare tutto.

Tutti già proiettati sulla rivincita di Wimbledon, con Federer che quella partita difficilmente se la toglierà dalla testa, anche se gli altri due contendenti non sono poi così d’accordo. Nishikori quando vuole è solido, anzi solidissimo, e con il suo rovescio può fare davvero malissimo, per non parlare poi del N.2 rosso-crociato che di partite della vita ne ha già giocate in quantità, vedere per credere la scalata agli Australian Open di quest’anno per chi se la fosse persa.

Saranno i migliori quattro, e va bene, però il divario sembra davvero incolmabile, e se non ci si riesce nel corso di un’intera stagione figuriamoci allora in una singola partita, se si vanno chiaramente ad escludere i drammi sportivi preventivamente citati. Che poi ci sarebbe da discutere della formula Round Robin: questione spinosa e, finora, senza una possibile soluzione che riesca a mettere d’accordo sponsor, tv e associazioni tennistiche. Insomma di tempo per rifletterci su e parlarne ce ne sarà, ma per i prossimi due giorni potrebbero bastare dita incrociate e valide motivazioni per regalare uno di quei rarissimi scampoli di emozione tennistica.

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