Diciassette anni dopo Karol Kucera, ricordi dell’Imperatore Nadal a Monte-Carlo

Undici titoli, di cui otto consecutivi. La striscia di 46 vittorie di fila in uno stesso torneo, è sua. A Monte-Carlo, Nadal ha riscritto i record e la storia del tennis. La sospensione ci toglie la stagione su terra, ma non le parole e i numeri per ridefinire un binomio leggendario.

Mai gli uomini hanno conosciuto il futuro e mai forse lo potranno conoscere, prima che questo diventi presente. Mai dunque può chiamarsi “impero”, nel giorno in cui questo nasce, la storia di un dominio di un singolo o di un gruppo in uno o più luoghi. Il 21 aprile del 753 a.C. è la data simbolicamente riconosciuta dagli storici come quella fondazione di Roma. Quel posto che oggi conosciamo come “Città Eterna”. Che gli antichi chiamavano “Urbe”, con la maiuscola, perché da semplice villaggio era divenuto il centro del più grande impero mai visto nel Vecchio Continente. Eppure ogni impero che sogna di diventare tale, quando nasce non può che essere un semplice villaggio. Difatti, il 15 aprile del 2003, senza che nessuno di noi potesse mai saperlo e addirittura pronosticarlo, nel Principato di Monaco ha messo la sua prima tenda un ragazzino di 16 anni, venuto dalla Spagna. Tale Rafael Nadal Parera. Con la racchetta e non con il gladio, negli anni, ha instaurato uno dei domini più duraturi e a senso unico nella storia di tutti gli sport. Infuriando sul rosso, che non è il sangue dei nemici, ma quello della terra battuta, ha costruito il suo mito prima ancora di diventare il giocatore completo e la leggenda del tennis che è oggi. E tutto è cominciato nel Principato, oggi, diciassette anni fa.

Per la verità, nell’aprile del 2002, Nadal aveva già giocato e vinto il suo primo match Atp sulla terra battuta. A Maiorca, da numero 762 del mondo aveva superato il numero 81, Ramon Delgado, per 6-4 6-4. E tra il luglio e il novembre dello stesso anno, poi, aveva vinto cinque tornei Futures sulla terra spagnola. Un parziale totale di 32 vittorie e 3 sconfitte. Quando ad aprile del 2003 si era quindi qualificato per il tabellone principale del Masters Series di Monte-Carlo, gli addetti ai lavori avevano già preso informazioni su di lui. D’altronde era già il numero 109 del mondo. Nei primi tre mesi dell’anno aveva perso altrettante finali Challenger tra carpet, cemento e terra (contro Filippo Volandri). Alla quarta, a Barletta, era arrivato il primo trofeo. Con il serbatoio pieno di fiducia, Nadal aveva poi lasciato solo otto game nei due turni di qualificazione, contro Werner Eschauer e Andrei Stoliarov, conquistandosi la possibilità di esordire per la prima volta in carriera in un Masters 1000. L’avversario di primo turno è Karol Kucera, numero 49 Atp, un tennista slovacco allora 29enne, nella fase calante della sua carriera e nella superficie a lui meno adatta. Il best ranking di numero 6 risale al 1998, grazie alla semifinale all’Australian Open e ai quarti allo Us Open. Il 6-1 6-2 però è storia. Del match d’esordio, sul web si trova oramai un solo minuto di highlights, compreso il rovescio sbagliato da Kucera sul match point. Nessuno può saperlo, nessuno può neanche immaginarlo, ma è l’inizio del legame più incredibile della storia del tennis. Da quel giorno in poi, il primo giorno del torneo monegasco non sarà solo l’inizio della stagione sul rosso. Sarà anche e soprattutto l’inizio del “periodo Nadal”.

Nadal Monte-Carlo

Un torneo che si svolge in quello che molti ritengono il posto più bello al mondo per giocare al tennis. Un rilievo montuoso dà sui campi, che a loro volta danno sul mare. Ed è forse per questo che Rafa Nadal si è sempre sentito a casa a Monte-Carlo. Perché è cresciuto su un’isola, ama il mare ed è abituato a dover giocare, oltre che contro gli avversari, contro il vento, che spesso diventa suo alleato. La storia di Rafa a Monte-Carlo è andata oltre ogni più rosea previsione. Più rosea anche di quelle che cominciavano a farsi strada il giorno dopo, 16 aprile. Paolo Bertolucci, al commento in quella serata umida con Angelo Mangiante, racconta di essersi subito reso conto delle straordinarie qualità del ragazzo. Vittima della sua intensità e delle sue traiettorie velenose fu il campione in carica del Roland Garros, Albert Costa, sconfitto 7-5 6-3. Eppure, nessuno avrebbe mai potuto dire, neanche dopo quel match contro il numero 7 del mondo, che il bilancio, al 2020, sarebbe arrivato al 71-5 di Monte-Carlo e al 93-2 del Roland Garros. In totale 475 match disputati sulla terra battuta a livello Atp. Solo 39 sconfitte e 436 vittorie, il 91,78%. A fermarlo, in quell’edizione del torneo, sarà l’argentino Guillermo Coria, l’uomo del destino due anni più tardi. Dopo aver saltato il torneo nel 2004, Nadal vincerà proprio contro il sudamericano i primi due titoli davvero pesanti. Nel Principato Nadal vinse dopo 3 ore e 9 minuti, anche se il mondo ricorda quella di Roma, durata 5 ore e 14. Da quel 2005 inizierà la striscia più lunga di vittorie in un singolo torneo nella storia del tennis. Da Monfils nei trentaduesimi di finale di quindici anni fa, alla finale del 2013 persa con Novak Djokovic si stagliano in mezzo gli otto trofei di Monte-Carlo. Si tratta di un filotto di 46 partite vinte che è unico nella storia. Un’affermazione costante, che dopo gli anni di interregno 2013-2015, riprenderà nel 2016, con altri tre successi, fino al 2018.

Nelle 76 partite giocate dal 2003, Nadal ha incontrato 49 avversari differenti, battendone 48. Il 20 aprile del 2019, si è compiuta la storia del tennis italiano, con Fabio Fognini capace di annichilire per 6-4 6-2 il Re della terra battuta. Con quella partita che Nadal definirà la peggiore in quindici anni sul rosso, e con l’edizione 2020 cancellata per la pandemia di Coronavirus, il ligure è l’unico che può vantare un bilancio positivo contro Nadal nel Monte-Carlo Country Club. Un primato che sfugge anche Djokovic, l’unico a batterlo due volte, con un bilancio di 2-2. Allo spagnolo sono infatti andate le finali del 2009 e del 2012, tra le più significative della sua carriera. La prima è il segno tangibile di quanto sfidarlo sulla terra rappresenti la sfida più estrema del tennis moderno. È anche uno dei migliori match dello scorso decennio. La seconda è quella invece della maledizione spezzata. Il 6-3 6-1 con cui si interruppe la serie di sette finali perse consecutivamente di fronte al serbo. Per il resto, è riuscito a fermarlo solo David Ferrer nei quarti del 2014. Ma l’amico e connazionale è stata anche la preda più ricorrente, con quattro eliminazioni. Coria, invece, ha pagato la gioia del 2003 non solo nella finale del 2005, ma anche nei quarti del 2006.

Degli undici titoli tra il 2005 e il 2018, cinque di questi sono arrivati senza perdere alcun set (2007, ’08, ’10, ’12, ’18). Delle 71 vittorie, 59 sono arrivate perdendo zero set. Oltre a quelli sopra menzionati, sono riusciti a vincere almeno un set Richard Gasquet, Gaston Gaudio, Roger Federer, Andy Murray, Grigor Dimitrov, John Isner, Gael Monfils e Kyle Edmund. Federer si è visto soffiare tre finali consecutive tra il 2006 e il 2008. Murray si è arreso invece in tre semifinali (2009, ’11, ’16). Zero parziali raccolti su quattro giocati invece rispettivamente per Stanislas Wawrinka e Dominic Thiem. L’austriaco, raccogliendo solo due giochi nei quarti di finale del 2018, è stato l’undicesimo giocatore a subire un bagel da Nadal. Oltre alle sconfitte e alle finali, comprese quelle con un Federer sempre surclassato a Monte-Carlo, sono altre due le partite da ricordare. Nei quarti di finale del 2013, un giovanissimo Dimitrov arrivò vicino a quello che farà poi Djokovic alla domenica. Dopo il 6-2 2-6, però, il bulgaro venne colto dai crampi nel set decisivo. Battere Nadal sulla terra non è solo una sfida tecnica, ma è innanzitutto una prova psico-fisica. Nell’anno del ritorno al successo, il 2016, da sottolineare è soprattutto la finale. Avversario Gael Monfils, lo stesso del match d’esordio nel 2005. Nei libri di storia rimarrà il dritto sul match point, ma la partita fu di altissimo livello. Tra le migliori in carriera sui campi in terra per quanto riguarda il francese. Quella vittoria sembrava poter riconsegnare al mondo un Nadal al top, ma l’infortunio al polso lo costrinse al forfait durante il Roland Garros.

Il torneo perfetto di Rafael Nadal in terra monegasca è stato però quello del 2010. Sulla terra tornava dopo il grave infortunio dell’anno prima e la sconfitta al Roland Garros. In quell’edizione Nadal vinse tre match su cinque per 6-0 6-1, compresa la finale su Fernando Verdasco. Perdere solamente 13 game in un Masters 1000 rimane uno dei record più insuperabili del Nadal visto a Monte-Carlo. Per la prima volta dal 2004, dieci anni dopo tale impresa, nel 2020 non si potrà ammirare Rafael Nadal in campo nel Principato. Come ai tempi delle due guerre mondiali, il torneo non si svolgerà, per la salvaguardia della salute pubblica. La pandemia ci priva della terra rossa europea e del suo più grande imperatore. Ma gli imperi rimangono. Lasciano un segno indelebile e non finiscono.

Nadal Monte-Carlo
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