Lorenzo Sonego nr. 1

In una giornata nella quale Martina Trevisan e Jannik Sinner firmano in coppia la grande e piacevolissima sorpresa (sperando con tutto il cuore che entrambi abbiano ancora frecce al proprio arco, nel tiepido -a tratti…- autunno parigino), ci piace viceversa celebrare un’ impresa mancata: di un altro atleta di casa nostra, che perde in tre sets, e che apparentemente finisce in secondo piano rispetto alla magnifica coppia. Vero, è inoppugnabile: però… di Renato BORRELLI

Avete presente un instant book? Ma sì, quel libello che, sull’emozione del momento di un avvenimento rilevante, un bravo scrittore dà alle stampe in un battibaleno, praticamente a… cadavere della notizia ancora caldo! Cavalca l’onda emotiva insomma, di modo che il suo lavoro riscuota un interesse immediato, e praticamente certo, presso la platea dei lettori -con relativo tornaconto economico-. Tenterò un’ operazione del genere, facendo peraltro presente che 1): non sono un bravo scrittore; 2): non devo comunque vendere nulla; 3): mi perito, ben più modestamente, nella pratica di un instant article (ammesso che l’espressione trovi un suo diritto di cittadinanza).

Il fatto è che, al termine di una domenica da ricordare per il tennis di casa nostra -Martina Trevisan e Jannik Sinner approdano trionfalmente ai quarti di finale di uno Slam: e cito i due in ordine non casuale, perché se il bimbo si sapeva che prima o poi l’impresa l’avrebbe compiuta, della ragazza non se l’aspettavano nemmeno i parenti di primo grado…-, ed al netto di quanto la magnifica coppia possa ancora combinare all’ombra della tour Eiffel, mi dichiaro pubblicamente ammirato dalla prestazione di uno che viceversa ha perduto, e lo ha fatto apparentemente in maniera netta ed indiscutibile, senza remissione insomma. Già, risponde proprio al nome di Lorenzo Sonego, anch’ egli avversato dal pronostico al pari dei colleghi tricolori, ma non in grado di rovesciare prepotentemente il tavolo come son riusciti a fare gli altri due. 

Lorenzo Sonego

Aveva di fronte una bestiaccia, una delle meno raccomandabili al momento (in assoluto, da fresco top ten; ma addirittura da top five sulla terra rossa, subito dopo i ‘boss’ indiscussi Djokovic, Nadal e Thiem: pure in questo caso, come sopra, ordine non casuale secondo chi verga queste righe), qual è Diego Schwartzmann. Una sorta di mastino che ti morde alle caviglie, e non allenta la presa fino a che non muori dissanguato -perdonate il macabro paragone, che però rende bene la situazione-.

Passo indietro, prima di continuare: il sottoscritto è un estimatore profondo del 25enne torinese, da quando ebbe la ventura di vederlo di persona al Foro italico nel 2019, soccombente ma al termine di una fiera lotta al cospetto di Karen Kachanov -in quel momento il più in vista della new wawe: poi altri l’avrebbero sopravanzato-. In quella circostanza il nostro lottò per tre set, di fronte ad uno che ne aveva di più indiscutibilmente, mostrando oltretutto un caratterino niente male: per dire, cercò platealmente un paio di volte l’ aiuto del pubblico incitandolo all’ovazione (a Roma, capirai: bolgia totale…), sino a che puntualmente qualcuno esagerò disturbando, fra una prima ed una seconda di servizio, il russo. Il quale lì per lì si indispettì, ed alla stretta di mano non mancò di esternare il proprio disappunto all’avversario, che si limitò a fare spallucce… “Beh, il ragazzo ha personalità” pensai, che a questo giochino può aiutare parecchio. Da allora lo seguo con simpatia, reputandolo peraltro -e lo sostengo da epoca non sospetta- non troppo indietro rispetto al divo Berrettini, forse maggiormente unto dagli dei del tennis quanto a potenza e tecnica. Di certo Matteo è arrivato prima al suo massimo, mentre Lorenzo ha patito qualche rallentamento che ha finito per porlo in posizione subalterna rispetto agli italici big. Tuttavia chi scrive ha continuato a credere che nei top 30, forse pure 20, l’allievo di Gipo Arbino può arrivare, e restarci per un bel pezzo…

Ma torniamo a bomba, dopo la lunga digressione: il cagnaccio argentino stava facendo strame di Sonego (6-1, e 4-0) che aveva affrontato il match fidando nelle proprie armi, ritmo e pressione da fondo. Ahimè, le stesse del sudamericano, che però o lo sfondi tirando più forte -difficile-, o lo chiudi sul rovescio con palle cariche che rimbalzano più della sua (modesta) altezza -e se non sei Nadal, l’operazione è altrettanto complessa-. Per farla breve: la palla del piemontese era una specie di invito a nozze per Dieghetto, il quale giganteggiava (buffa detta così, per uno che arriva sì e no a 1,70 cm.) vincendo tutti gli scambi. Insomma, si prospettava una sconfitta ignominiosa, di quelle per… manifesta inferiorità che tanto male fanno a chi ha la sventura di subirle. Ed invece, a buoi quasi scappati del tutto, il terzo italiano di giornata è riuscito a mettere in piedi l’operazione più complicata che esiste per chi gioca a tennis: quella, cioè di riuscire a capire che doveva cambiare qualcosa nel proprio gioco, per non perire fra atroci tormenti -agonistici, ca va sans dire…-.

Lorenzo Sonego

Pensateci un attimo: aver la freddezza di esaminare la situazione in maniera oggettiva, pur essendo direttamente coinvolto, per risolvere poi di uscire (costi quel che costi) dalla propria ‘comfort zone’, è un atteggiamento che pochi possono vantare. Ed invece Lorenzo ha preso ora a fare serve & volley, ora a cercare una soluzione dopo 4 scambi -andare oltre era diventato un suicidio, con l’altro che più si allungava il punto più aveva speranze di portarlo a casa-, ora a variare le velocità. Intendiamoci, alla fine non è servito, ma non potrà dire di non averci provato, ribellandosi ad un destino già ampiamente scritto usando le armi dell’intelligenza e della esatta valutazione di quanto sta accadendo: ammirevole, per dirla con un solo termine, per l’appunto quello con cui lo abbiamo introdotto. 

Ed è stato un peccato che l’altro non si sia distratto manco per un attimo, ben comprendendo che ad un certo punto c’era poco da scherzare: “voglio vedere come va a finire” per dirla con Vasco, se putacaso Schwartzmann non la chiudeva in tre (qualche tarlo s’insinua, alcune certezze vengono meno, se non sei forte ‘di testa’ come sta dimostrando quello di là della rete magari cominci ad innervosirti…). Vabbè, è andata così, ma da questa partita il numero 50 o giù di lì può trarre, secondo noi, utilissime indicazioni per il proprio futuro: come gli allenatori di calcio che hanno un modulo di gioco preferito, ma che non disdegnano (quelli bravi davvero) di cambiare in corsa, se le circostanze lo richiedono. Ed è una forma di elasticità mentale che non tutti posseggono, e che può invece trasformarsi in un’arma in più: Sonego ce l’ ha, contro tantissimi promette di diventar decisiva. 

Sì, è proprio questa la bella notizia ‘nascosta’ di questa magnifica giornata parigina: per chi sa coglierla, e non si ferma alle gemme scintillanti di Martina e Jannik …       

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