Panatta sul tennis italiano: “Talento dei giocatori e bravura del coach le chiavi del successo”

L'ex n. 4 del mondo, ultimo azzurro a vincere un torneo Slam, analizza il momento d'oro del tennis italiano, spendendo parole d'elogio per Berrettini e Sinner.

Quando si parla dei grandi successi del tennis italiano il primo nome che balza alla memoria è quello di Adriano Panatta, ex n. 4 del mondo, già vincitore nel 1976 del Roland Garros. Il 69enne romano, intervistato ai microfoni di Sportweek, settimanale de La Gazzetta dello Sport, ha analizzato il magic moment del movimento azzurro, indicando le chiavi degli ottimi risultati centrati nella stagione appena archiviata. Non sono mancate parole d’elogio per le nuove stelle Berrettini e Sinner, senza dimenticare la vecchia guardia rappresentata da Fognini e Seppi.

Se qualche anno fa l’Italia si distingueva per le incredibili vittorie a livello femminile, le ultime due stagioni hanno visto una rapida ascesa del plotone azzurro al maschile, con i prestigiosi traguardi raggiunti da Fognini, Berrettini, Sinner e Cecchinato. Panatta spiega così i motivi di tante soddisfazioni: “Si tratta di talento e di aver trovato delle persone che hanno fatto sì che sbocciasse. Ho conosciuto tanti giocatori che giocavano molto bene ma non sono arrivati. La tecnica da sola non basta“.

E su Sinner e Berrettini, l’ex campione italiano sentenzia: “Jannik è un caso particolare. Quando lo vedo giocare, ma anche parlare, penso che abbia 30 anni, non 18. Il prossimo anno potrà arrivare tra i primi 20. Matteo, invece, ha quella combinazione di servizio e dritto che ha fatto la fortuna di tanti giocatori. Può ancora migliorare tanto con il rovescio e nel gioco di volo. Per me lui è addirittura più forte sul veloce“.

Il vincitore della Coppa Davis nel 1976 non manca di riconoscere il grande contributo fornito da Fognini e Seppi: “La carriera di Fabio parla da sola, un campione straordinario. Penso che il tennis italiano gli debba essere grato. E poi è un bravissimo ragazzo. Diverso da come lo si dipinge. Fino a quando avrà forti motivazioni è la guida del movimento. Andreas è un esempio di dedizione, amore per il suo sport e voglia di sacrificarsi. Non è facile rimanere al vertice per tanti anni. Lui ci è riuscito perché è un ragazzo serio e capace di andare sempre oltre i propri limiti“.

 

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